sabato 27 aprile 2013

L'orto di Laura



C'è la crisi, si sa. Anche le nostre gite scolastiche ne risentono. Niente viaggi lunghi, nottate in albergo, giornate bianche, ma piccole uscite di mezza giornata, al massimo un giorno, in località vicine.

A me è toccato accompagnare una  prima media "all'Orto di Laura". Si tratta di una signora, madre di quattro figli, laureata in Scienze agrarie che, alla morte del papà, ortolano, ha mollato tutto ed è tornata a vivere nella sua casa di ragazza e si è messa a continuare il lavoro del padre. Un frutteto e lunghe serre piene di verdure di tutti i tipi che Laura pianta, trapianta, coltiva, innaffia, raccoglie e vende. Alleva anche alcuni animali: un coniglietto bellissimo con gli occhi azzurri, delle oche starnazzanti che sembrano quasi parlare, alcune caprette e due pappagallini. Dall'anno scorso ha pensato anche di accogliere gli alunni delle scuole elementari e medie, offrendo vari percorsi didattici: riconoscimento dei semi, stagionalità delle colture, caratteristiche del suolo, percorso dell'acqua, classificazione delle piante e fotosintesi clorofilliana.

 
Colpisce vedere una donna così sottile, fine, dolce, alle prese con un lavoro piuttosto faticoso come quello richiesto da un'azienda orticola-frutticola, svolto quasi completamente da sola, con poco aiuto del marito, che svolge un'altra attività e che non condivide l'entusiasmo della moglie.

Quando le abbiamo chiesto cosa l'abbia spinta ad intraprendere questa attività ci ha risposto che, mancato il padre, le è parso del tutto naturale tornare a casa per portare avanti il suo lavoro.
 "Quando sono qui, in mezzo alla natura, mi sento libera e rilassata e poi questa è sempre stata la mia vita, ho trascorso tutti gli anni della mia giovinezza ad osservare mio padre, ad aiutarlo quando potevo, e sento che è proprio questo ciò che voglio fare".

La capisco perfettamente. Quando si è molto attaccati alla propria famiglia, ai valori che ci ha trasmesso, poter fare qualcosa per essa, fa sentire ancora vicine le persone tanto amate che non ci sono più e il dolore per la loro mancanza è meno greve. 

Brava Laura e grazie per la splendida mattinata che ci ha permesso di trascorrere!   

domenica 14 aprile 2013

Non si vive di solo pane...



Oggi, a sorpresa, è venuto a trovarmi un mio ex alunno, accompagnato dalla sua fidanzata. M. oggi ha quasi trentaquattro anni e sono quindi passati circa vent'anni dai tempi della scuola media. 


Era un ragazzino molto solo, soprattutto l'ultimo anno, quando i genitori si erano trasferiti in un'altra regione e lo avevano lasciato in compagnia dell'anziana nonna a terminare gli studi. A conoscerlo a fondo, si scopriva che era una persona molto dolce, sensibile, estremamente intelligente e molto portato per la musica, ma ai più appariva come il classico ragazzino di strada, che frequentava brutte compagnie, non studiava, non dava confidenza agli adulti e sembrava destinato ad una pessima fine.

Anch'io, all'inizio, avevo pensato quelle brutte cose, tanto che ero andata a lamentarmi dal dirigente per il fatto che era stato selezionato, dopo la bocciatura in prima, nel corso ad indirizzo musicale.

"E' un teppista, che non ha voglia di fare nulla e che darà solo problemi in orchestra!"

Il dirigente mi aveva però risposto: "L'ho fatto per toglierlo dalla strada e voglio provare a dargli una chance."


Avevo perciò cominciato a guardare con occhi nuovi il ragazzo e, scoperto che suonava la batteria, l'avevo inserito nel saggio di fine anno anche con quello strumento, anche se lui, ufficialmente, studiava la chitarra.


Pian piano avevo imparato a conoscerlo e mi ero completamente ricreduta sul suo conto. Alla batteria poi, era un vero professionista ( in effetti suonava già nelle discoteche con il fratello) tanto che persino il dirigente, che pur aveva nutrito speranza di redimerlo, forse senza crederci troppo, aveva ammesso: "Ho visto i salici produrre uva con questo ragazzo! Chi l'avrebbe mai detto che fosse dotato di tale professionalità?"


In terza, come ho già detto, i suoi si erano trasferiti e l'avevano lasciato nella nostra città per terminare gli studi. Quell'anno ne aveva veramente combinate di tutti i colori: usciva tutte le sere fino a tardi, tornando, una volta, persino alle quattro del mattino. Stava in giro tutto il giorno, frequentava ragazzi più grandi, sovente stava addormentato invece di venire a scuola e, comunque, aveva spesso un'aria assente, quasi in trance. Qualcuno cominciava a parlare di spinelli, di brutte compagnie. La nonna sembrava non accorgersi di nulla. 

E così erano cominciate le prediche, le ramanzine, gli incitamenti a non buttare via tanto talento per colpa di brutte esperienze, unite alle mie dichiarazioni d'affetto. 
"Ti parlo come se lo facessi a mio figlio, perché tengo a te e non posso sopportare che ti butti via in questo modo!"


Lui si lamentava con gli amici, diceva di non potermi sopportare perché mi occupavo troppo dei fatti suoi, ma credo che, sotto sotto, fosse contento di avere quella scusa per rifiutare certe richieste del suo gruppo. " Non posso fare questo, perché, se la prof. se ne accorge, sono guai!" 


Finita la scuola era partito per raggiungere la sua famiglia ma, in questi anni, è tornato diverse volte a trovarmi. Oggi mi ha portato il suo nuovo disco ( lui continua a suonare reggae nella band con il fratello) e presentato la fidanzata. Sono passati vent'anni, ma lui è ancora uno dei miei "figli" prediletti e sono molto contenta della sua crescita, che lo ha fatto diventare un bravo lavoratore, un ottimo musicista e una splendida persona.


Sicuramente M. ha dato tanto di più a me di quanto io abbia fatto con lui. Dalle nostre battaglie ho imparato molto e, ogni volta che ritorna, provo una grande gioia, perché so che l'affetto e la stima che mi porta sono doni preziosissimi e ineguagliabili.

venerdì 5 aprile 2013

A proposito di tecnologia...



Sembra ieri che fossimo intenti a scambiarci gli auguri di Pasqua, ma è già quasi passata una settimana. Quest'anno la mia sorpresa nell'uovo è stata piuttosto ricca, poiché si è trattato di un tablet. ( Ovviamente è una metafora, perché l'ho trovato tra le offerte in promozione e l'ho comprato...)

 A scuola si sta parlando tanto dell'esperimento "classe 2.0" cioè di una classe in cui gli alunni non avranno più zaini e libri, ma soltanto un tablet ciascuno, che conterrà tutto quanto è necessario all'apprendimento, consentendo inoltre la navigazione sul web.  La lavagna sarà multimediale e interattiva ( ne abbiamo già alcune, chiamate LIM) e, probabilmente, anche il registro sarà elettronico, con i voti consultabili online dai genitori.



Nel caso in cui il progetto andasse in porto, l'esperimento coinvolgerebbe, però, soltanto una classe o due, visti i costi, e chissà quando succederà che tutti gli alunni della scuola possano essere coinvolti ( noi abbiamo più di trenta classi...)


Ho provato a "smanettare" un po', ad installare qualche applicazione, a navigare, ma la mia vista si è piuttosto stancata, con tutto quel movimento veloce di pagine che scorrono sotto al dito, per non parlare degli errori di digitazione sulla tastiera, sensibilissima al tatto.  Ho provato a visualizzare uno spartito musicale: tenendo il tablet in posizione orizzontale, non si riesce a vederlo tutto, e non so come farebbero i ragazzi a mandare avanti la pagina, poiché usano entrambe le mani per suonare. La posizione verticale consente di vedere lo spartito completo, ma il pentagramma e le note sono piccolissimi, e gli alunni dovrebbero strapparsi letteralmente gli occhi per visualizzarli. Pensiamo poi che i ragazzi trascorrerebbero la mattinata a guardare il tablet o la lavagna interattiva, e altre ore al pomeriggio per studiare i testi sullo schermo. Se poi vorranno anche giocare con i classici videogiochi e chattare sui social-network, aggiungeranno altre ore. Quante saranno, alla fine, quelle trascorse davanti al pc? Se è pur vero che ne guadagnerà la schiena, non dovendo più sopportare il peso degli zaini, ne perderanno sicuramente gli occhi, con tutto quel tempo trascorso davanti al monitor.  Insomma, francamente non sono sicura che tutta questa tecnologia sia veramente così utile, perlomeno nella scuola dell'obbligo.


D'altra parte, una mia collega ed io siamo le "figure strumentali" relative all'informatica. I colleghi ci hanno già detto: "Meno male che ci siete voi, così vi chiameremo quando si presenteranno dei problemi!"

Peccato che noi siamo "anche e soprattutto insegnanti della nostra materia" e non so proprio come potremmo abbandonare la classe in cui stiamo lavorando e di cui siamo pienamente responsabili per correre in un'altra a "risolvere i guai informatici". Già ora stiamo faticando con le cinque lavagne interattive attualmente presenti nella scuola e il pc della sala insegnanti, non oso pensare a come faremmo se i pc diventassero trenta, e poi sessanta ecc...Insomma, ci vorrebbe un tecnico, come succede nelle superiori, che stia a disposizione delle classi e non abbia altri obblighi, ma nella scuola media non è previsto.

Come sempre, dovrà prevalere l'arte dell'arrangiarsi, sperando nella buona sorte. 


In ogni caso, aspettando di sapere se il Ministero sceglierà la nostra scuola per l'esperimento della classe 2.0, io ho deciso di fare qualcosa soltanto per me (almeno una volta ogni tanto ci vuole!) e mi sono iscritta ad un corso serale di Photoshop.



E' piacevole ritrovarsi a fare la studentessa e avere l'opportunità d'imparare qualcosa di nuovo. Tra i miei compagni di corso, anche un mio ex alunno. «Chi l'avrebbe mai pensato che un giorno saremmo diventati compagni di scuola?» Ci siamo detti.

 Io, tra tutti, sono la più vecchia. Stavolta faccio la parte della pluri-ripetente ehehehehe! Però devo dire che me la cavo e non sfiguro poi troppo. In fondo sono anni che uso quel programma, ma l'ho sempre fatto a mio modo ed era ora che cominciassi ad utilizzarlo come si deve.


Insomma, ho avuto parecchio da fare e ultimamente sono stata un po' latitante sui blog, ma presto verrò nuovamente a trovarvi tutti, state tranquilli!