sabato 24 ottobre 2015

La vecchia Pfaff e il suo cassettino...



Correva l'anno 1936 quando mia madre varcò, per la prima volta, la soglia della fabbrica, dove venne seduta davanti ad una macchina da cucire. Crescendo, frequentò anche corsi serali di cucito per diventare una vera sarta, perché si sa che la fabbrica non insegna molto, ma pretende piuttosto un lavoro ripetitivo. C'è chi, per anni, attacca le maniche, chi cuce il colletto, chi mette insieme il davanti con il dietro...

Dopo vent'anni nacqui io e mia madre, ormai sarta completa a tutti gli effetti, decise di licenziarsi per iniziare un'attività domestica, in modo da poter anche accudire la figlia e la casa. A quel punto non c'era nulla che non sapesse fare, sia per uomo, che per donna: giacche, pantaloni, tute da lavoro, camicie, gonne, vestiti...cucì persino il mio abito da sposa. Creava lei stessa i modelli, ritagliandoli nella carta velina, riponendoli poi con cura in un armadio, con i nomi delle persone per cui li aveva creati. Per non farsi mancare nulla lavorava anche a maglia e all'uncinetto.

Mio padre, che non solo l'amava, ma l'ammirava incondizionatamente, le comprò subito la più bella macchina da cucire che riuscì a trovare. Non era una macchina qualsiasi, ma di tipo industriale, proprio come quelle che lei aveva sempre usato in fabbrica.

Mamma non volle mai che mi avvicinassi a quella macchina. Diceva che era troppo pericolosa e del tutto inadatta ad una principiante, soprattutto una che studiava pianoforte. " E' troppo veloce! Ti porterà via le mani e non  potrai mai più suonare!"


Passarono gli anni ed arrivò, purtroppo, quella terribile malattia chiamata Alzheimer. Una delle prime cose che mia madre dimenticò fu proprio come far funzionare la sua amatissima Pfaff. Si arrabbiava, si disperava! "Non va, non funziona più!"

Aveva dimenticato persino come dosare la pressione del piede sul pedale. Provai io, pur del tutto incapace, eppure riuscii a farla funzionare. Tentai di cucire un orlo, ma mia madre, con i pochi sprazzi di lucidità che le restavano, si mise a piangere e scappò via dalla stanza. "E' pericolosa per te! Ti porterà via le mani! Non devi usarla!"

Una delle ultime volte in cui riuscì a far passare il filo nei vari ingranaggi, operazione che solitamente compiva in pochi secondi, fotografai la macchina per poter capire tutti i suoi passaggi. Capivo che non sarebbe stata in grado di farlo mai più ed io non sapevo nemmeno da dove cominciare.



Poco alla volta mia madre si dimenticò della sua Pfaff industriale, ma la signora che mi aiutava ad accudirla la sapeva usare e la rimise in moto per piccoli lavori: qualche orlo, qualche rattoppo...Era emozionante per me sentire di nuovo in casa quel rumore che aveva accompagnato quasi tutta la mia vita.


Il 29 aprile 2014 mia madre chiuse gli occhi per sempre e, incredibilmente, nello stesso momento, anche la Pfaff si fermò.  Non ci fu più verso di rimetterla in moto. Chiamai un tecnico, che mi disse che il motore si era spento irrimediabilmente e che avrebbe dovuto essere sostituito. Alla fine, la riparazione mi sarebbe costata come una macchina nuova. Poteva essere un segno? Mia madre non aveva mai voluto che provassi ad usarla e la macchina si era fermata contemporaneamente alla vita della sua inseparabile padrona. Era destino che non dovessi cucire nemmeno un orlo.  Regalammo la vecchia Pfaff, dopo tanti anni di onorato servizio, ma tenni per ricordo il suo cassettino.

Ogni tanto ne uso il contenuto, come è successo questa sera, per attaccare un bottone e fare piccoli rammendi.  E' come se in quel cassettino ci sia ancora l'anima di mia madre. Ci sono le cose che lei toccava ogni giorno: il ditale, le forbici, l'uovo di legno per rammendare i calzini, gli aghi, gli spilli,  i fili, le spolette per la macchina, il centimetro da sarta, qualche elastico...Mi sembra ancora di vederla rovistare alla ricerca di quel che le serviva, di osservarla china sulla sua macchina industriale mentre cuciva, fino a notte tarda e, mentre prendo le sue cose, mi sembra di avvertire la carezza della sua mano.


"Mamma, sei contenta? Non ho più toccato la tua macchina che ritenevi pericolosa, sto cucendo a mano, vedi? E le mie mani sono ancora in grado di suonare, proprio come volevi tu! Ciao mamma, riposa in pace!"

lunedì 12 ottobre 2015

Un compleanno quasi centenario



Ieri abbiamo festeggiato il compleanno di zia Teresa, l'ultima sorella di mia madre rimasta in vita. Vispa come un fringuello e cinguettante come un cardellino, ha rivelato pubblicamente e  candidamente di aver compiuto 95 anni ma di non sentirli affatto, ed io le credo al 100%.
 
Notare lo sguardo birichino!
Da notare che, mentre tutte noi, nipoti e parenti, usavamo scarpe basse e comode, lei aveva delle vezzosissime scarpette con il tacco e, con il suo piedino misura 35 e le gambe ancora belle e affusolate, avrebbe potuto benissimo competere con la prova della scarpetta di Cenerentola.
La zia con noi

Che fisico, che forza e che spirito!
Pare che alle nove del mattino fosse già vestita di tutto punto e con il rossetto sulle labbra. Non vedeva l'ora di arrivare al ristorante per incontrarsi con gli invitati!

Ci siamo prenotati tutti per festeggiare i suoi prossimi cento anni, ovviamente! Sempre che non trovi, nel frattempo, un fidanzato, e combini un matrimonio ancora prima, eheheheeh!
La zia da signorina