Maggio, mese
ricco di avvenimenti, ricorrenze ed impegni.
Il 3 maggio ho festeggiato l’ennesimo anniversario di matrimonio. Il
figliolo si è prestato a fare da badante a mia madre e al cane, tanto da
permettere a noi “sposini non più novelli” di consumare una romantica cena…ehm,
volevo dire pizza, al ristorante (tempo di crisi, si sa, meglio non strafare
eheheheh!)
Venerdì 17, mai giorno è stato più nefasto. Tutta la scuola
ha partecipato, con tanto di bandiera listata a lutto e centinaia di ragazzi, nonché
adulti, piangenti ed affranti, al funerale di una nostra alunna, colpita da un
tremendo male incurabile a soli tredici anni.
La sera prima, una collega, ancora molto scossa dopo il S.
Rosario, mi aveva informata sul fatto che i ragazzi avrebbero voluto dedicare
alla compagna il canto “Il corvo”, un brano scout che lei aveva intonato spesso
con i suoi amici. Io non avevo mai sentito nominare un brano del genere, senza
contare che questo uccello, così nero e gracchiante, mi evocava scene assolutamente
inadatte ad un piccolo angelo di tredici anni. Alle
dieci di sera ero lì che cercavo forsennatamente su youtube una canzone
corrispondente all’indicazione, senza trovare nulla. Per fortuna si era parlato
anche di canto scout, cosa che ha ristretto il campo delle ricerche, altrimenti
avrei dovuto passare in rassegna tutti i pennuti di mia conoscenza prima di
trovare quello giusto! Alla fine, ho scoperto che il titolo giusto era “Il
falco”, ma mi sono resa anche conto che ne esistevano varie versioni. Quale
poteva essere quella esatta?
A mezzanotte ero lì, imbambolata e
frastornata, che cantavo davanti al pc “Un
falco volava nel cielo un mattino, ricordo quel tempo quando ero bambino, io lo
seguivo nel rosso tramonto, dall'alto del monte scoprivo il suo mondo. E allora
ea, ea, ea, ea, ea, ea ea ea ea e…”
Il giorno dopo ho provato con due classi ad intonarla, tra
discussioni varie perché ognuno dei ragazzi la conosceva con un testo diverso e
con un numero differente di “ea”. Alla messa, il chitarrista ha intonato un’ulteriore
versione nel ritmo dei famosi “ea” e
abbiamo cercato di andargli dietro, ma quello non era certamente il momento
propizio per imparare qualcosa di nuovo, tra la forte emozione e le lacrime copiose
intorno alla piccola bara bianca. In ogni caso, abbiamo fatto del nostro
meglio.
Il 19 maggio ricorreva il quarto anniversario dalla morte di
mio padre. Sembra impossibile che siano già passati tanti anni, perché a me pare
ancora solo ieri. Mio padre, due giorni prima di lasciarmi, aveva tirato fuori
tutta la sua autorevolezza e mi aveva dato una sonora lavata di capo, proprio
come quando capitava da ragazzina.
“Tu devi toglierti dalla testa che io possa
guarire! Tutti i miei amici con l’enfisema polmonare come me se ne sono già
andati, io sono l’ultimo rimasto e non potrò fermarmi qui ancora per molto. D’altra
parte, non ho paura di morire, ma solo di soffrire. Io non voglio vivere per patire
e neppure per vedere gli altri che soffrono per me!”
Con questo mi aveva
sistemata, facendomi capire che dovevo lasciarlo andare serenamente, senza
fargli pesare il mio tormento. Così ho fatto in questi anni, cercando di
pensare ai tanti momenti belli trascorsi insieme, ricacciando indietro a forza il
prepotente e doloroso ricordo degli ultimi tempi della malattia.
Maggio è anche tempo di pre-scrutini, ultime valutazioni
scolastiche, spettacoli musicali e teatrali, partecipazione a vari concorsi, revisione
dei registri e compilazione dei programmi d’esame. Sto anche ricevendo molto
materiale dai colleghi affinché venga pubblicato sul sito della scuola e tutto
questo mi impegna parecchio. A farne le spese, come sempre, è il mondo blog, perché
è un piacere e, come spesso accade, i piaceri vengono sempre dopo “i doveri”,
purtroppo.
Abbiate pazienza se non rispondo ai commenti e vengo poco a
trovarvi sui vostri blog. Sto facendo il
possibile, ma le ore non bastano mai e la sera sono sempre più stanca, tanto da
non riuscire a stare al pc fino a tardi come facevo prima.
In ogni caso, non sono sparita. Aspettatemi!