venerdì 22 febbraio 2013

L'ultimo comizio



Leggo oggi sulla prima pagina de "La Stampa" un articolo di Massimo Gramellini che non posso fare a meno di condividere.


«Imparare ad imparare, comprendere la lettura, pensare e rielaborare in modo critico», sono gli obiettivi che da sempre la scuola si prefigge, scontrandosi però con la concorrenza dei mass media, dei videogiochi, della eccessiva protezione delle famiglie, tanto che, spesso, tutto  entra da un orecchio ed esce dall'altro. 


Proprio stamattina una collega mi ha fatto vedere una "contro-nota", cioè uno scritto di un genitore che, in risposta ad una sua nota sul diario, le faceva rilevare come non avesse alcun diritto di scrivere quell'appunto,  invitandola altresì a telefonare ad un certo numero per "giustificarsi".

Altri genitori scrivono quasi quotidianamente sul diario che i compiti e le lezioni sono troppo "difficili" e che, pertanto, autorizzano il proprio figlio a non eseguirli. 

Gli stessi alunni, proprio ieri mattina, invitati a fare un piccolo schema sul quaderno per riportare i punti salienti di un argomento appena spiegato e sottolineato sul libro, mi rispondevano di non averlo capito,  pretendendo però di giocare a carte mentre tutti gli altri eseguivano l'esercizio.

A questo punto, non ci resta che sperare che qualcosa cambi e che veramente la Scuola torni ad avere quel rispetto che le compete in modo che gli alunni possano imparare, diventando persone adulte in grado di ragionare con la propria testa, cittadini pensanti e critici, e non più schiavi inconsapevoli di una classe politica che li manovra come marionette.



L’ultimo comizio


Massimo Gramellini


«Cari elettori, per un disguido tecnico nelle settimane scorse è andata in onda la campagna sbagliata: il cagnolino di Monti, il giaguaro di Bersani, la busta di Berlusconi travestita da rimborso delle tasse, il mago Zurlì che smentisce la partecipazione di Giannino allo Zecchino d’Oro. In realtà avremmo dovuto intrattenervi su una questione più pregnante e approfittiamo di quest’ultimo comizio per farlo tutti insieme. Noi politici di destra e di sinistra registriamo con preoccupazione l’allarme lanciato dal linguista Tullio De Mauro: «Più della metà degli italiani ha difficoltà a comprendere l’informazione scritta, con inevitabili conseguenze negative per la democrazia: molti sono spinti a votare più con la pancia che con la testa e non hanno gli strumenti culturali per controllare l’operato delle classi dirigenti».  


 Questa splendida situazione non è soltanto merito nostro - dall’Unità a oggi vi hanno contribuito generazioni di politici, impegnate a garantire attraverso i media e la scuola uno scrupoloso rispetto degli standard di ignoranza e rincoglionimento collettivo - ma tocca purtroppo a noi porvi termine. Fin qui eravamo sempre riusciti a conciliare il progresso economico con l’immobilismo culturale: quando i soldi girano nessuno si preoccupa se i cervelli rimangono in pausa, consentendo a chi li manipola di continuare a fare, indisturbato, i propri comodi. Ma per uscire dalla crisi attuale sembra non resti altra strada che investire nella ricerca, nella cultura e nella scuola. Riserveremo dunque a questi obiettivi quote più ingenti del Pil, finché non vi sarete trasformati da sudditi in cittadini. Ci scusiamo fin d’ora per i disagi».  

sabato 16 febbraio 2013

Problemi di relazione sociale



Durante una conversazione con un giovane, siamo venuti a parlare delle relazioni sociali di oggi. Secondo lui, attualmente, i rapporti interpersonali sono molto più difficili di un tempo: troppi competizione, stress, individualismo, difficoltà a capirsi veramente e vicendevolmente. Lui è convinto che, per la mia generazione, sia stato molto più facile rapportarsi con i propri coetanei, gli amici ed i colleghi.

Stranamente, io ho sempre pensato la stessa cosa nei confronti della generazione che mi ha preceduta. Perlomeno, per quel che ho visto nella mia famiglia, i miei genitori hanno vissuto sicuramente come persone felici. 


Mio padre mi ha raccontato spesso che mia madre arrivava dal lavoro cantando e che si dirigeva direttamente nell'orto, per mangiarsi, a mo' di stuzzichino, direttamente un pomodoro appena staccato dalla pianta. Tutte le domeniche, per molto tempo, erano andati a trovare i nonni, che gestivano un tiro a segno demaniale, dove si ritrovavano con parenti e amici a mangiare "merende sinoire" ( merende che sostituivano la cena) e a fare festa. Dopo la mia nascita, mia madre aveva cessato l'attività in fabbrica  per lavorare in casa come sarta, senza più rigidi orari. Poteva cucinare tranquillamente mentre cuciva, accudire me e, nel pomeriggio, ricevere i clienti, in maggior parte signore, che si attardavano anche a chiacchierare amabilmente e persino a confidarsi, facendole capire che, tutto sommato, stava molto meglio lei, nella tranquillità della casa e nell'amore della sua famiglia, rispetto a certe signore della ricca borghesia ignorate e cornificate da mariti libertini e  poco rispettate da figli viziati. Mio padre tornava dal lavoro sempre alla stessa ora e, durante i pasti, entrambi si raccontavano e commentavano vicendevolmente i fatti della giornata. Ridevano e scherzavano spesso. Li ho sempre visti come persone serene e soddisfatte.

Chissà, questi pensieri saranno determinati semplicemente dal fatto che "l'erba del vicino è sempre più verde?
Ci sembra più facile la vita degli altri, di chi ci ha preceduto, senza renderci conto che, ogni generazione, ha avuto le sue gioie ma anche, e soprattutto, le sue pene? Abbiamo sempre visto "solo quello che volevamo vedere?"


Devo però ammettere che oggi viviamo immersi nella società dell'immagine, dove poco conta l'essere e molto l'apparire. Le famiglie non riescono più a seguire i figli, troppo immerse nel lavoro, indispensabile per sopperire alle forti spese, ma si aspettano comunque molto da loro, per potersi vantare dei meriti con amici e parenti. I ragazzi fanno tante cose: suonano, praticano sport, viaggiano, studiano, ma sono già stressati fin da piccoli. Ho sentito dire che, qualche giorno fa, una madre ha fatto una scenata al figlio mentre riceveva la pagella, con tutti otto, nove e un sette. "Allora ho un figlio scemo!" Si è messa a piangere e gridare davanti a lui, che l'ha guardata attonito.

Nelle classi, oltre ai tanti Pierini che ne combinano di tutti i colori, (perchè pure questo è l'altro lato della medaglia)abbiamo anche parecchi ragazzi che vanno in "crisi di panico". Non riescono più a respirare, s'irrigidiscono e ci fanno chiamare il 118. Ormai sta diventando un fatto abbastanza consueto. Poi arrivano i genitori che vanno in panico pure loro e, alla fine, non si sa più se prestare prima soccorso al figlio o alla madre.

Ci sono donne che s'innamorano improvvisamente di uomini molto più giovani, vanno via di casa, formano nuove famiglie e si dimenticano dei primi figli, tanto che saranno poi le "tate" ad accompagnarli a scuola, a organizzare le loro feste di compleanno, ad assistere ai saggi scolastici, mentre quei ragazzi continueranno a chiedersi, tristemente, quale errore abbiano mai commesso per far allontanare in questo modo la mamma tanto amata.

C'è chi pratica sport a livello agonistico (oggi, tutte le società, appena intravedono un potenziale vincitore, spingono per farlo diventare un professionista) e deve allenarsi ogni giorno per ore, tornando a casa stanchissimo, ma con il dovere di svolgere i compiti e studiare le lezioni, finendo così a sera tarda e non riuscendo mai a smaltire lo stress acquisito.


Nei più grandi cchi non sopporta il proprio aspetto fisico e comincia a non mangiare più, o a mangiare troppo, senza riuscire a vedersi realmente nello specchio, fino ad autodistruggersi.

C'è chi non accetta il proprio carattere, magari un po' chiuso e timido, struggendosi per diventare quella persona brillante e competitiva che proprio non gli riesce di essere. Vive male, si giudica continuamente in negativo, non riesce a uscire dal labirinto che si è creato.


Chissà, forse la vita di relazione dei giovani d'oggi è veramente più difficile di un tempo. E' il caso di dire che "Si stava meglio quando si stava peggio?"


Oppure dobbiamo pensare che, in fondo, ogni generazione abbia avuto gli strumenti per mettersi in gioco nella società, ma non abbia saputo usarli?  Oggi, per esempio, rispetto al passato, abbiamo tutti una migliore istruzione e maggiori conoscenze per sopravvivere alle aumentate difficoltà della vita. Forse le nuove generazioni pensano troppo? E' diminuita la fatica fisica a favore di un'elucubrazione mentale che finisce per ritorcersi contro di loro?
E' davvero così indispensabile la continua competitività anche nei soli rapporti interpersonali?


 Quale rimedio?

sabato 9 febbraio 2013

Il passato ritorna...



Sempre più spesso, negli ultimi tempi, capita d'imbattermi nelle persone del mio passato. Al supermercato, in piazza, su Facebook, ho ritrovato, tanto per fare un esempio: A., la mia amica del cuore delle elementari, D., la mia compagna di banco delle medie, S., la mia amica dei tempi adolescenziali, dai quindici ai diciannove anni, P. e MR., le amiche e compagne del Conservatorio.


Ho incontrato nuovamente A. qualche giorno fa. Da bambine ci frequentavamo molto spesso, anche se avevamo caratteri diversi: io timida e un po' chiusa, lei esuberante ed estroversa; ci eravamo ritrovate a viaggiare insieme ai tempi delle superiori, ma poi lei si era sposata giovanissima, aveva avuto una figlia e non ne avevo saputo più nulla. Ritrovarla è stato come se tutti quegli anni non fossero passati. Abbiamo parlato dei nostri figli, di alcuni problemi comuni, e ne ho ricevuti consigli veramente utili. 

Prima elementare. A. alla destra della suora ed io alla sua sinistra.
 D. l'avevo ritrovata su facebook, ma poi era venuta a trovarmi a casa quando ancora c'era mio padre e, quando è mancato, le parole di consolazione più toccanti le ho sentite proprio da lei. Da allora abbiamo mantenuto i contatti e ci siamo anche riviste in occasione di una mostra fotografica di mio figlio.

S., che avevo perso di vista quando mi ero fidanzata con colui che diventò poi mio marito, ultimamente si è riavvicinata, soprattutto quando abbiamo condiviso il lutto per i nostri papà, a loro volta grandi amici in gioventù e ritrovatisi negli ultimi anni di vita. Spesso passa da casa mia per un saluto e due chiacchiere e, anche in questo caso, è proprio come se tutti gli anni passati senza incontrarci non siano mai esistiti. 


P. e MR. non abitano nella mia città e, almeno per ora, ci si scrive solo su facebook, ma le sento vicine più di quando ci s'incontrava realmente nelle aule del Conservatorio.  Allora, più che altro si parlava di studio, esami, concerti, adesso si discute di vita, dei problemi con i figli, delle emozioni, dei sacrifici, della quotidianità di tutti i giorni, del nostro amore per gli animali. Allora non sapevo nemmeno che tutte e tre avessimo un piccolo amico peloso in casa, figuriamoci un po'!
E' stato poi triste scoprire che la vita non sia stata generosa con loro, con un figlio disabile per una e gravi lutti per l'altra, e questo me le ha fatte sentire ancora più care.  


Che dire poi di R., un'altra mia amica d'infanzia, ora ricercatrice all'università, che da anni mi segue su questo blog, non vivendo più nella mia città? ( Ciao R., tutto bene ? Un abbraccio!)
 

Ieri sono andata all'ospedale per un'ecografia all'addome. Sto assumendo dei medicinali piuttosto "tosti" per la mia artrite ed è necessario assicurarsi che i miei organi siano in salute (così il medicinale potrà distruggermeli con calma quando lo crederà opportuno :( ). Dovevo bere un litro d'acqua un'ora prima dell'esame e ho pensato di assumerne metà a casa e bere il resto all'ospedale. Sono arrivata là tre quarti d'ora prima con la mia bottiglietta e ho cominciato a trangugiare acqua. Chi era l'infermiera? Ovviamente una mia compagna delle medie! Chi era il giovane dottore? Uno dei miei ex alunni più bravi, molto affezionato a me e ricambiato di cuore. Così, tra tutti e due, hanno pensato bene di farmi passare mezz'ora prima, dopo essersi ben informati sui motivi per cui ero lì ed essersi preoccupati per me. 

Seconda media. L'attuale infermiera ed io partendo da destra in alto e D. la quarta da sinistra, in alto.
Purtroppo, nella foga del volermi "coccolare ad ogni costo", non hanno tenuto conto che l'acqua bevuta "non aveva ancora fatto il suo corso", pertanto ho dovuto rifare l'esame due volte.  Mettersi in maglietta e mutandine di fronte ad un ex alunno non è proprio la cosa più semplice di questo mondo, anzi, è piuttosto imbarazzante, e mi è pure toccato rifarlo due volte! Però devo ammettere che sono stati entrambi molto carini ed affettuosi ed il medico è persino venuto personalmente a consegnarmi il referto in sala d'attesa, rassicurandomi sul suo esito.


Il passato ritorna, con il suo bagaglio di emozioni, affetti, scoperte e riscoperte e devo dire che ne sono felice. E' un po' come se una storia incompleta riprendesse ad essere scritta. 


Come recita "L'albero degli amici" del missionario Paul Montes: Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un poco di sè e prende un poco di noi. Ci saranno quelli che prendono molto, ma non ci sarà chi non lascia niente. Questa è la maggior responsabilità della nostra vita e la prova evidente che le anime non s' incontrano  per caso.

venerdì 1 febbraio 2013

Il capitombolo della prof.



Nell'aula di musica in cui porto gli alunni a suonare, c'è un banco vicino alla cattedra sulla quale è poggiata la tastiera e, poco più a fianco, appoggiato al muro, si trova l'impianto stereo con un cavo collegato alla tastiera. 



Ieri mattina, entrata nell'aula con una classe terza, ho visto un alunno spingere quel banco contro lo stereo, impedendomi così di passare per raggiungere la cattedra. Gli ho chiesto di tirare nuovamente indietro il banco, cosa che lui ha fatto con la solita grazia da bufalo che lo contraddistingue, portandosi dietro anche il cavo. Quest'ultimo si è impigliato nel mio piede e...patapum! Sono caduta come una pera ai piedi della cattedra.
Il collega di sostegno, presente anche lui in aula, è rimasto letteralmente basito e mi ha poi riferito, fatto che proprio non ricordo, come io abbia protetto, con vera cura da capitano di una nave, il registro e gli spartiti, che non ho mollato nemmeno per un secondo.  Sta di fatto che, saranno state la sorpresa o la sorprendente rapidità con la quale mi sono rialzata, non ho visto alcuna mano allungarsi verso di me per tirarmi su e, dopo un attimo di panico al rischio di poter rimanere vergognosamente a terra sotto la cattedra, sono riemersa.


L. uno dei miei "enfant terrible", un tipo che non fa mai nulla se non dire parolacce e molestare questo o quel compagno, è corso a chiedermi se fossi caduta. L'ha fatto più volte e non riuscivo a spiegarmi perché ne volesse conferma, visto che il mio capitombolo, così plateale, non era certo un segreto per nessuno.


Nel pomeriggio un'altra collega, informata dal docente di sostegno sul fatto, mi ha detto di aver visto L. veramente dispiaciuto.

Possibile? Proprio lui, che non ha mai rispetto per nessuno, si era preoccupato per me?


NOOOOOO!!!!  Le illusioni durano solo un attimo... Soprattutto a scuola.


 Il discolo, come fa sempre, era così impegnato e concentrato nel fare dispetti ad alcuni compagni, che si era proprio perso la scena e aveva dovuto farsela raccontare, con suo grandissimo rammarico, perché vedere la prof. che caracolla rovinosamente sotto la cattedra è un piacere molto diverso rispetto al solo sentirlo narrare!


Ben gli sta! Nonostante tutto, una piccola rivincita me la sono presa. Così impara ad ignorare gli insegnanti  come se fossero invisibili!


Io, nel frattempo, posso aggiungere al mio curriculum un livido al ginocchio e uno al gomito. 

E poi dicono che la professione d'insegnante non sia pericolosa!