lunedì 24 febbraio 2014

Non è mai troppo tardi

Sto guardando lo sceneggiato sulla vita del maestro Manzi, un idealista che aveva il coraggio e la tenacia per difendere ciò in cui credeva: l'istruzione che rende liberi.



Non conoscevo il suo passato d'insegnante in riformatorio, ma ricordo le sue lezioni alla televisione, il famoso programma: "Non è mai troppo tardi"

Io ero molto piccola, sui quattro anni, e non conoscevo l'italiano. Parlavo solo il dialetto piemontese.  Avevamo da poco acquistato la tv ed eravamo i primi nella via, tanto che i bimbi del vicinato venivano spesso da noi a vedere quella grande novità in bianco e nero e con un canale solo. Venivano anche i loro genitori, qualche volta la sera.
All'inizio non capivo quel che veniva detto e i miei genitori facevano da interpreti, poi avevo iniziato ad imparare. Era l'italiano della tv, un italiano corretto, senza inflessioni dialettali, con tutti i congiuntivi e i condizionali al posto giusto (non come quello di oggi!)
 
La sera, proprio all'ora di cena, c'era la trasmissione del maestro Manzi. Anch'io ero analfabeta, desiderosa d'imparare, conoscere cose nuove, così tutte le sere la seguivo.   Lui, oltre alle lettere dell'alfabeto, faceva dei bellissimi disegni su una sorta di lavagna piena di fogli bianchi. Era velocissimo e, con pochi tratti, rappresentava l'immagine concernente la parola che aveva scritto.

Anche mio padre, in un periodo di malattia, aveva contribuito ad insegnarmi a leggere e a scrivere e così, a cinque anni, io leggevo speditamente qualsiasi cosa, persino  La Stampa.


Mi fa un certo effetto rivedere la storia del maestro Manzi. Sono passati tanti anni e quasi non ricordavo più il mio passato da "analfabeta". Sembra quasi che io sia vissuta fuori dal tempo, in un mondo che si può solo raccontare come la favola di un'epoca lontana, eppure non mi sento così vecchia.  E' il progresso che ha fatto passi da gigante.


E' bello ed emozionante, però, ripercorrere la storia di una persona che ha creduto nel suo lavoro, ha avuto fiducia nei suoi studenti, anche se ragazzi del riformatorio, e ha combattuto per dare a questi giovani gli strumenti per riscattarsi e vivere un futuro migliore. Ce ne fossero tante, ancora oggi, di persone così!

mercoledì 19 febbraio 2014

Cammina, cammina...




Il percorso del tempo a ritroso sta quasi arrivando al termine per mia madre. Ora ha dimenticato la capacità di camminare. Sembra quei bimbetti di sei mesi che, messi per terra, piegano le gambette mandandole di qua e di là in modo disordinato e senza forza. Peccato che lei, al contrario dei leggeri e vivaci bimbetti, pesi più di settanta chili e si faccia fatica a sorreggerla persino in tre. 

Stasera, nonostante marito, figlio ed io avessimo fatto il possibile, ci è nuovamente scivolata in ginocchio ai piedi del letto ed è stata una vera impresa rimetterla a dormire.
Fino ad una settimana fa camminava autonomamente e ora non sa più farlo. Sembra impossibile, eppure dovrò farmene una ragione.
Un altro capitolo si chiude. Bisognerà studiare una nuova organizzazione, ma stasera no, non voglio pensare. 

In tv Claudio Baglioni sta cantando "Strada facendo". Anche mia madre, nel corso della vita,  ha percorso una lunga strada, con un cammino ricco di emozioni, lavoro, sacrifici e tanto amore.

Ora è tempo di passare il testimone. Sarò io a continuare quel cammino e posso solo sperare che non sia troppo in salita.

giovedì 13 febbraio 2014

Elucubrazioni mentali



Ho molto apprezzato gli interessanti interventi al post precedente. Non avrei mai immaginato che le mie avventure/disavventure scolastiche potessero scatenare una così piacevole discussione e di questo vi ringrazio ancora.

Per terminare il discorso posso dirvi che la canzone "Aisha" è stata inoltre presa in esame dagli insegnanti di Francese, che l'hanno fatta studiare a memoria e tradurre. Tutti l'hanno imparata benissimo, significato compreso.

Anche il ragazzino autistico che, spesso, accompagnato dal suo insegnante di sostegno, viene nell'aula di musica attratto dai suoni, ha interiorizzato la canzone roteando le braccia, segno indicativo del suo gradimento e, uscendo in corridoio nell'intervallo, incontrata a caso la prima ragazzina, le si è parato davanti guardandola fissa negli occhi e gridando: "AISHA!" non senza provocare nell'ignara malcapitata una certa dose di spavento.


Rifletto sul fatto che l'essere umano sia portato a sviscerare, analizzare, esaminare, trovare spiegazioni ai fatti della vita riuscendo, almeno qualche volta, a renderli molto più complicati di quanto lo siano realmente.


Vi racconterò quindi un altro episodio delle mie mattinate a scuola.


Dovete sapere che ho l'abitudine di creare dei cd con brani che possano corredare musicalmente le mie lezioni teoriche, impiegando anche parecchie ore per cercare proprio quelle melodie che mi servono e che possono essere accattivanti per i ragazzi. Nelle terze, in questo periodo sto parlando della musica americana  facendo ascoltare brani che vanno dallo spiritual al blues, jazz, country, rock, rap, scendendo verso il centro America con il reggae e le danze caraibiche e ancora più a sud fino al tango argentino , al samba brasiliano e ai canti degli Inti-Illimani.



Venerdì ero appunto in una terza dove avevo inserito il cd nel computer della LIM. Il lunedì seguente, trattando lo stesso argomento in un'altra terza, sono andata a prendere il cd scoprendo di possederne solo la custodia. Ricordando di averlo usato nell'altra classe, ho mandato una ragazzina a chiedere la restituzione del cd.


La ragazzina è tornata dicendo che nel lettore CD il disco non c'era.

"Benedetta ragazza, quando mai ho parlato di lettore CD?  Ho usato il disco nel computer della LIM! Per favore, qualcun altro può andare a riprenderlo nell'altra classe?"


Una nuova ragazzina, molto fidata e giudiziosa, si è offerta. E' tornata dicendo: "Il cd non c'è"

Allora ho pensato di essere stata io ad averlo messo chissà dove e, sicura di non poterlo ritrovare, maledicendo la mia sbadataggine, ho trascorso il pomeriggio alla ricerca di tutti i brani per ricreare un cd simile al precedente.


Il giorno dopo, avendo nuovamente lezione nella classe del venerdì precedente, ho domandato:

"Ragazzi, ieri avete aperto il lettore del computer per vedere se vi fosse rimasto il mio disco?

"Noooooo!"

"Ma, allora, come avete potuto asserire che non ci fosse?"

"Beh, la ragazza ha detto che l'aveva lasciato quella mattina, invece lei da noi non era venuta, pertanto non aveva potuto dimenticarlo nel computer!"

"Santo Cielo, quando mai ho detto di essere venuta da voi ieri mattina?"

Abbiamo acceso il pc, aperto il lettore ed eccolo lì, l'oggetto tanto cercato! Riprenderlo era stata questione di pochi minuti.


Insomma, la mia richiesta era semplicemente e banalmente quella di recuperare un disco dimenticato in un computer ma: 


1)Non avevo tenuto conto che, trattandosi di cd, i ragazzi potessero collegarlo al lettore cd e non al computer, cercandolo quindi nel posto sbagliato.

2)Non avevo pensato che gli alunni potessero non ricordare di avermi vista inserire un cd nel computer quando, di solito, utilizzo una chiavetta

3) Non avevo previsto che la ragazzina mandata a prendere il cd immaginasse che l'avessi dimenticato quella mattina e non il venerdì precedente.

4) Infine, la  classe aveva dato per scontato che il cd non potesse esserci visto che quella mattina non ero stata da loro, senza preoccuparsi di controllare.


Mi viene in mente un commento in un mio post di qualche tempo fa: " I ragazzi sono talmente abituati a leggere le frasi su Facebook e similari che non riescono più a capire ciò che sentono."


La prossima volta scriverò un bigliettino, direttamente alla collega presente in classe: 
"Si prega di accendere il computer e controllare se nel lettore vi sia un disco dell'insegnante di musica"


Ce la farò a farmi capire?

sabato 8 febbraio 2014

Differenze generazionali

Ultimamente ho insegnato alle mie classi terze una canzone portata al successo dal cantante algerino Kaled. Si tratta di "Aisha", il cui testo parla di un uomo che offre ad una bellissima donna, Aisha, oro, gioielli, pietre preziose ecc.... La donna gli risponde dicendo che, nonostante i doni, come uomo arabo la terrà prigioniera e le sbarre, pur essendo d'oro, sono pur sempre sbarre. Aisha non vuole regali materiali, bensì gli stessi diritti degli uomini, il rispetto e l'amore vero.
Questa canzone suscitò, a suo tempo, l'ira degli integralisti islamici in quanto il cantante, con quel testo, suggeriva alle donne di ribellarsi al sistema creato per loro dagli uomini.
La canzone è piaciuta, i ragazzi l'hanno suonata volentieri, hanno colto l'occasione per esercitarsi in francese ed hanno riflettuto sulla situazione delle donne che vivono in altri Paesi. Perlomeno, questa è stata la mia prima impressione.


Qualche giorno dopo, su facebook, un ragazzo ha riportato il testo del ritornello:
 "Aisha ascoltami, Aisha guardami, Aisha rispondimi...." 
Una compagna ha risposto, aggiungendo una nuova frase:
 "Aisha scopami!" 
Seguivano vari commenti sul tema, così ho ne ho scritto uno anch'io dicendo:
 "Attenti ragazzi che il Grande Fratello vi tiene d'occhio!" :)
 E' giunto quindi il commento di un altro compagno: " Ah! Prof. ci stiamo proprio divertendo tanto con la sua canzone! E' tutto il giorno che ne parliamo!"

 Ecco... io a sgolarmi parlando di temi sociali, di donne che lottano per ottenere diritti e rispetto e gli alunni a divertirsi! Non che me la sia presa particolarmente, in fondo si è sempre saputo che i ragazzi sono goliardi e che, in fondo, nel bene o nel male, l'importante è che di un argomento si parli.

 In classe, un po' sul serio, un po' scherzando, ho comunque accennato al fatto: " Bravi! Vedo che avete molto apprezzato la canzone. Spero almeno che, al di là di tutto quel divertimento, abbiate comunque compreso il significato del testo!"
 "Sì, tranquilla, noi abbiamo sentito le sue spiegazioni, ma, sa com'è, ci siamo proprio divertiti a cambiare le parole!"
Benedetta gioventù! 

Ieri alcune colleghe, in sala insegnanti, si lamentavano degli alunni. Sono intervenuta anch'io, tra il serio e il faceto, dicendo: 
"Pensate un po' a me, che ho insegnato una canzone facendo rilevare il contenuto sociale del testo e i ragazzi l'hanno riportato su Facebook sostituendo il verbo "ascoltami" con " scopami!" 

"Zitta!Attenta a come ti esprimi! Non vedi che è presente un collega uomo?"

 Le colleghe erano scandalizzate, sgranavano tanto d'occhi e cercavano di avvisarmi in merito alla figuraccia appena fatta. 
"Oh santo cielo, sto solo riportando una frase scritta pubblicamente su facebook, mica è un'espressione mia!"
Il povero collega "uomo", genere piuttosto raro in quel gineceo che è la nostra scuola, così chiamato in causa ha continuato imperterrito a scrivere sul registro, muto come una tomba. 

Veramente l'avrò scandalizzato? Ma! Rifletto sul fatto che la mia generazione non osa ancora pronunciare una certa parola, quando le ragazzine di tredici anni la scrivono tranquillamente e pubblicamente su facebook, nelle bacheche dei compagni maschi.

 Evoluzione generazionale ma...sarà poi proprio una conquista? 

sabato 1 febbraio 2014

Per non dimenticare chi dimentica...




Leggo negli articoli medici specializzati che "Nell’Alzheimer l’omeostasi cerebrale dei metalli di transizione è gravemente perturbata con accumulo extracellulare di zinco e rame nell’amiloide e di ferro intraneuronale"...

È difficile per me comprendere appieno il significato di questa frase. Chissà, forse in futuro gli studiosi troveranno una cura efficace a questo problema, ma per mia madre sarà comunque troppo tardi.

La patina del tempo non ha ancora offuscato i miei ricordi, ne'reso più semplice pensare al passato accettando il presente.

Ho visto mia madre cancellare, giorno per giorno, per sette lunghi anni, ogni immagine della sua mente. In un primo tempo si era trattato del nome degli oggetti, del loro posto in casa. Pian piano tutto diventava "coso e cosa" e tutto finiva nei posti più disparati: le pentole sotto il letto, l'olio e l'aceto nel frigorifero, le tazze nel forno... Mio padre faticava a reggersi in piedi, l'enfisema polmonare gli smorzava il respiro, le mani tremavano per un inizio di Parkinson, ma l'amava tanto  e non voleva contraddirla. Lei non ammetteva mai di aver nascosto quegli oggetti, si arrabbiava moltissimo al nostro minimo accenno e lui, tremando e ansimando, cercava, cercava... Ogni giorno era una caccia al tesoro, ma l'amore era più forte della stanchezza, del respiro affannoso.

 Cercava, cercava, e non le diceva mai niente.

Poi cominciò l'oblio per le persone, mio figlio per primo, poi io, accusata e maledetta per essere una "rovinafamiglie" che voleva soppiantarla nella cura del marito e della sua casa, che ormai trascurava completamente senza rendersene conto, infine anche mio padre, che l'amava più della luce dei suoi occhi, ma nonostante ciò non riusciva a trattenerla a sé. Rimaneva il ricordo dei suoi genitori, che la facevano piangere moltissimo, poiché non venivano mai a trovarla.

Iniziarono allora gli anni delle peregrinazioni sulla strada alla ricerca vana dei genitori e della sua casa di ragazza. Dieci, venti, trenta passeggiate al giorno, nel sole, sotto la pioggia, nella neve, al freddo dell'inverno,  al caldo rovente dell'estate, su e giù sulla strada per lasciarle credere che stava tornando a casa. Diventava matta se non la lasciavamo uscire, si arrampicava sul cancello, infilava ogni oggetto nella serratura, chiamava i vicini per farsi aprire. Allora camminavamo, su e giù, avanti e indietro, con la disperazione nel cuore perché mio padre, nel frattempo, era solo e stava morendo.

Poi anche le figure di papà e mamma si cancellarono e l'oblio calò completamente nella sua mente, scomparvero tutti i vocaboli e i concetti. Le ultime parole pronunciate, sorridendo, nel mese di maggio del 2013, sono state: "Grazie" e "Sono contenta". Poi il silenzio. Non un pianto, non un sorriso, non uno sguardo. Il nulla.

Mia madre vive ogni giorno accanto a me e non lo sa. Non mi risponde, ne'ascolta le mie parole. Il corpo è vicino, ma la sua anima è lontanissima, persa chissà dove, in un mondo in cui mi è impossibile entrare.

Penso a quando mi accompagnava a scuola in bicicletta, da bambina, alle sue mani fresche che mi accarezzavano la fronte durante le mie emicranie, ai tanti vestiti confezionati con le sue mani d'oro, all'abito da sposa, al giardino curato con tanti fiori e a tutte quelle abilità che possedeva e che sono andate perdute. A volte, confesso, sono colta da una grande rabbia, vorrei scuoterla, gridarle contro: "Riconoscimi! Parlami! Sorridimi! Sono io, tua figlia!"  Mi trattengo, perché tutto è inutile.

Guardo i bei vestiti della festa nell'armadio pensando che non l'indosserà mai più se non uno, quando lascerà la sua vita terrena. Sento ancora nelle orecchie il rumore della sua macchina da cucire che, da anni, è ormai silenziosa.  Mi si stringe il cuore.

C'è ancora tra noi, però,  una piccola forma di comunicazione, un lieve consolazione.

Mi siedo ogni giorno accanto a lei, in sordina, sul divano. Mi prende subito la mano e la stringe, l'accarezza, la solletica, sembra non volerla mai lasciare. E' un contatto piacevole, che mi ricorda le sue carezze per la bimba che ero, tanti, tanti anni fa, quando l'amore e la gioia mi facevano sentire la bambina più felice del mondo e il dolore non aveva ancora bussato alla nostra porta. 


Questo post, del tutto aderente alla realtà e non frutto di fantasia, fa parte di un gioco di scrittura tra blogger su parole scelte a turno dai partecipanti. Parole e partecipanti li potete trovare sul blog "Verba Ludica", al link: http://carbonaridellaparola.blogspot.it/