Ho parlato spesso dei miei genitori
in questa mia pagina di racconti, ma non ho mai scritto nulla su mio nonno.
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Nonno Pietro |
Ah!
A dire la verità, il nonno paterno non l'ho mai conosciuto, visto che lasciò
questa Terra prima che io nascessi, ma mio padre mi aveva parlato spesso di
lui, tanto che mi sembra davvero una figura familiare.
Papà, francamente, non aveva
affatto una buona opinione del suo genitore. Lo descriveva come una persona
fredda, insensibile e, soprattutto, molto avara.
Come aveva odiato quei pantaloni
al ginocchio, gli zoccoli duri e la giacchetta troppo leggera in pieno inverno!
Quanto aveva desiderato un paio di guanti per coprire le mani intorpidite dal
gelo! Mio nonno era irremovibile: quegli indumenti costavano troppo e se ne
poteva fare a meno. In casa poi, faceva in modo di versare della cenere sulla
legna in modo che la stufa facesse solo fumo, senza mandare calore. Mio padre,
ancora bambino, pur di stare in una cucina riscaldata, era persino andato da
una signora a filare la lana.
Purtroppo mia nonna era morta quando papà
aveva solo otto anni e, tre anni dopo, l'aveva seguita il figlio maggiore, cosicché
lui e suo padre erano rimasti soli per anni, senza quasi parlarsi, ne'
mostrarsi reciproco affetto. Nessuno frequentava la loro casa: ne' amici, ne'
parenti.
Cosa poteva essere successo a mio
nonno per renderlo così insensibile? Era figlio unico e questo era un fatto
piuttosto strano per una persona nata sul finire dell'ottocento, quando le famiglie erano
molto numerose. Forse era stato anch'egli orfano di madre e non aveva ricevuto affetto? Oppure
erano stati i lutti della sua famiglia ad avergli inaridito il cuore, che aveva
chiuso al mondo per non soffrire di nuovo?
Eppure un giorno successe un fatto
che rivelò un lato completamente nuovo di mio nonno.
Mio padre, tornando da una visita a
quella che era ancora la sua fidanzata, cioè mia madre, si trovò a passare da
una scorciatoia in mezzo ai campi. Ad un certo punto sentì un miagolio e scoprì
che un gattino grigio lo stava seguendo. Provò a mandarlo via, ma il micetto
continuò imperterrito, con la coda dritta, a venirgli dietro, giungendo con lui
fino a casa.
Mio nonno, appena lo vide, si
arrabbiò: " Hai portato a casa un'altra bocca da sfamare?" Redarguì
aspramente il figlio. Il gattino però, quasi capendo che si stava decidendo il
suo destino, con un balzo saltò sulle ginocchia del vecchio burbero,
strofinandoglisi contro e ronfando allegramente.
Il nonno cominciò ad accarezzarlo,
ricevendo a sua volta un sacco di coccole. Qualcosa si sciolse nel suo cuore di
ghiaccio. C'era un piccolo essere che gli dimostrava affetto senza giudicarlo e
che chiedeva solo di essere amato.
"Lo chiamerò Ciccio e lo terremo!"
Sentenziò.
Iniziò così un periodo in cui
l'anziano e il gatto vissero in simbiosi. Dormivano persino insieme e
dividevano il cibo.
Quando Ciccio morì, il nonno, che non
aveva versato una lacrima ai funerali dei suoi familiari, si disperò e pianse. Mio padre non lo aveva mai visto così. Chissà,
forse mio nonno non aveva mai saputo dare amore perchè non l'aveva mai
ricevuto, forse, se fosse stato amato, o educato in un altro modo, sarebbe
stato un uomo diverso. Mi sono chiesta tante volte come potesse essere
veramente, come avesse vissuto da ragazzo, ma non lo saprò mai.
In ogni caso, Ciccio aveva saputo
toccare delle corde che non vibravano da tantissimo tempo e aveva compiuto un
piccolo miracolo. Mio padre era così riuscito, finalmente, a provare tenerezza
per quell'uomo burbero che l'aveva generato, che forse l'amava, ma era incapace di
dimostrarglielo.