Correva
l'anno 1936 quando mia madre varcò, per la prima volta, la soglia della
fabbrica, dove venne seduta davanti ad una macchina da cucire. Crescendo,
frequentò anche corsi serali di cucito per diventare una vera sarta, perché si
sa che la fabbrica non insegna molto, ma pretende piuttosto un lavoro
ripetitivo. C'è chi, per anni, attacca le maniche, chi cuce il colletto, chi
mette insieme il davanti con il dietro...
Dopo vent'anni nacqui io e mia madre,
ormai sarta completa a tutti gli effetti, decise di licenziarsi per iniziare
un'attività domestica, in modo da poter anche accudire la figlia e la casa. A quel punto
non c'era nulla che non sapesse fare, sia per uomo, che per donna: giacche,
pantaloni, tute da lavoro, camicie, gonne, vestiti...cucì persino il mio abito
da sposa. Creava lei stessa i modelli, ritagliandoli nella carta velina, riponendoli
poi con cura in un armadio, con i nomi delle persone per cui li aveva creati. Per
non farsi mancare nulla lavorava anche a maglia e all'uncinetto.
Mio padre,
che non solo l'amava, ma l'ammirava incondizionatamente, le comprò subito la
più bella macchina da cucire che riuscì a trovare. Non era una macchina
qualsiasi, ma di tipo industriale, proprio come quelle che lei aveva sempre
usato in fabbrica.
Mamma
non volle mai che mi avvicinassi a quella macchina. Diceva che era troppo
pericolosa e del tutto inadatta ad una principiante, soprattutto una che
studiava pianoforte. " E' troppo veloce! Ti porterà via le mani e non potrai mai più suonare!"
Passarono
gli anni ed arrivò, purtroppo, quella terribile malattia chiamata Alzheimer.
Una delle prime cose che mia madre dimenticò fu proprio come far funzionare la sua amatissima Pfaff. Si arrabbiava, si disperava! "Non va, non funziona
più!"
Aveva
dimenticato persino come dosare la pressione del piede sul pedale. Provai io,
pur del tutto incapace, eppure riuscii a farla funzionare. Tentai di cucire un
orlo, ma mia madre, con i pochi sprazzi di lucidità che le restavano, si mise a
piangere e scappò via dalla stanza. "E' pericolosa per te! Ti porterà via le mani! Non devi
usarla!"
Una
delle ultime volte in cui riuscì a far passare il filo nei vari ingranaggi,
operazione che solitamente compiva in pochi secondi, fotografai la macchina per
poter capire tutti i suoi passaggi. Capivo che non sarebbe stata in grado
di farlo mai più ed io non sapevo nemmeno da dove cominciare.
Poco
alla volta mia madre si dimenticò della sua Pfaff industriale, ma la signora
che mi aiutava ad accudirla la sapeva usare e la rimise in moto per piccoli
lavori: qualche orlo, qualche rattoppo...Era emozionante per me sentire di nuovo in
casa quel rumore che aveva accompagnato quasi tutta la mia vita.
Il
29 aprile 2014 mia madre chiuse gli occhi per sempre e, incredibilmente, nello stesso momento,
anche la Pfaff si fermò.
Non ci fu più verso di rimetterla in moto. Chiamai un tecnico, che mi
disse che il motore si era spento irrimediabilmente e che avrebbe dovuto essere sostituito.
Alla fine, la riparazione mi sarebbe costata come una macchina nuova. Poteva
essere un segno? Mia madre non aveva mai voluto che provassi ad usarla e la
macchina si era fermata contemporaneamente alla vita della sua inseparabile
padrona. Era destino che non dovessi cucire nemmeno un orlo. Regalammo la vecchia Pfaff, dopo tanti anni di
onorato servizio, ma tenni per ricordo il suo cassettino.
Ogni
tanto ne uso il contenuto, come è successo questa sera, per attaccare
un bottone e fare piccoli rammendi. E'
come se in quel cassettino ci sia ancora l'anima di mia madre. Ci sono le
cose che lei toccava ogni giorno: il ditale, le forbici, l'uovo di legno per
rammendare i calzini, gli aghi, gli spilli, i fili, le spolette per la macchina, il centimetro
da sarta, qualche elastico...Mi sembra ancora di
vederla rovistare alla ricerca di quel che le serviva, di osservarla china
sulla sua macchina industriale mentre cuciva, fino a notte tarda e, mentre prendo le sue cose, mi sembra di avvertire la carezza della sua mano.
"Mamma,
sei contenta? Non ho più toccato la tua macchina che ritenevi pericolosa, sto
cucendo a mano, vedi? E le mie mani sono ancora in grado di suonare, proprio
come volevi tu! Ciao mamma, riposa in pace!"