venerdì 26 gennaio 2018

Paure e sogni...

Io sono una persona che ha una fervida fantasia notturna. Ogni notte sogno, anche se non sempre ricordo tutto, ma sono sicura che il mio cervello abbia un’intensa attività mentre dormo.
In genere si tratta di sogni positivi: a volte mi sveglio ridendo, altre volte ripenso ai bellissimi posti che ho visto o alle avventure vissute.
Ultimamente però c’è una sorta di tema ricorrente: mi smarrisco e non riesco più a trovare la strada per raggiungere la meta.

Mi è capitato di trovarmi nel centro di NewYork in compagnia di mio marito. Ad un certo punto lui si è allontanato e ci siamo persi. In quel momento ho realizzato di aver dimenticato il cellulare, di non ricordare a memoria il suo numero di telefono e nemmeno il nome dell’albergo in cui ci eravamo appena stabiliti. Che fare? Non restava che non muovermi da quel luogo e sperare che mio marito mi ritrovasse! Intanto scendeva la notte, la gente per strada diminuiva e mi sentivo veramente sola e sperduta...

Immagine prelevata dal web

Un’altra volta stavo nuotando in compagnia di amici dirigendomi verso la riva. Gli amici però erano più veloci e mi sono ritrovata sola, senza alcun senso di orientamento. Sono salita allora su una roccia che sporgeva dall’acqua per riuscire ad individuare la direzione verso la spiaggia. Ecco che intorno alla roccia cominciavano a nuotare degli squali! Mi sono ritrovata così in mezzo al mare, in costume da bagno e infreddolita, senza riuscire ad individuare una direzione e con gli squali che mi giravano intorno!

Eccomi poi in una stazione deserta, sotto una pensilina in mezzo ai binari, in una notte piena di nebbia. Ero in compagnia di mia madre ed avevamo sbagliato treno, che aveva finito la sua corsa in quella stazione buia. Mia madre piagnucolava e non voleva essere lasciata sola, io non avevo la più pallida idea sulla possibilità di salire su un altro treno e la biglietteria era ormai chiusa. La nebbia ci avvolgeva e un terribile senso di desolazione mi assaliva, unitamente alla preoccupazione di riuscire a proteggere mia madre, che già soffriva di Alzheimer e si comportava come una bambina.

Immagine tratta dal web

E’ inutile dire che, in tutte le occasioni, mi sono svegliata di colpo, impiegando un bel po’ di tempo per capire che si trattava solo di un sogno e che mi trovavo al sicuro nel mio letto!

L’altra notte stavo pedalando sulla mia bicicletta in direzione di Torino. Per un ciclista allenato cinquanta chilometri non sono nemmeno troppi, ma per me, ciclista occasionale della domenica, si tratta di un viaggio veramente lungo al quale non penserei mai. Nel sogno, invece, sembrava un fatto del tutto naturale. Davanti al manubrio della bicicletta si trovava una cesta dalla quale sporgeva la testa del mio cane. Eh sì, stavolta non si trattava di mio marito, dei miei amici o di mia madre, ma della compagnia del mio fido cagnolino. Ogni tanto mi fermavo per farlo scendere e sgranchire le gambe, ma l’ultima volta, manco a dirlo, dovevo aver sbagliato strada, perché non mi sembrava affatto di essere nella direzione giusta per Torino. A quel punto mi sono trovata al centro di una città e, sul marciapiede accanto, c’era un artista di strada che svolgeva il suo spettacolo. Ho chiesto quindi a lui, a performance terminata, se il mio percorso fosse corretto. Lui ha risposto di no e mi ha accompagnata verso un’altra strada. Nel frattempo, il mio cane ha visto una bella cagnolina, è balzato giù dalla bicicletta e si è messo a corteggiarla. Volevo approfittare della pausa per chiedere all’artista in quale città ci trovassimo, ma in quel momento mio marito mi ha chiamata e non saprò mai dove fossi finita.

Immagine tratta dal web. Ovviamente non posso fotografare i miei sogni!

Insomma, questa mia continua difficoltà nel raggiungere una meta, questo senso di smarrimento e di abbandono provato nei sogni, sta cominciando a preoccuparmi.


Dovrei forse farmi vedere da uno psicologo?

sabato 20 gennaio 2018

Ricordi d’infanzia, ricordi di altre feste…



Nei giorni delle feste mi è capitato spesso di pensare a quand’ero bambina e vivevo il periodo del Natale come un vero momento magico.


Non eravamo ricchi, ma non ci mancava il necessario. Il superfluo però era poco di moda a casa nostra.  Ad esempio, noi non avevamo la macchina. Mio padre diceva sempre che me l’avrebbe comprata per i miei diciott’anni, ( e mantenne la parola!) ma, al momento, non era affatto necessaria, perché bastavano le nostre biciclette. Ricordo che una volta, mentre ci recavamo a piedi dai nonni, ne avevo vista una parcheggiata ai bordi della strada e avevo fatto un gran capriccio: “Prendila, prendila papà!” Ma lui era rimasto irremovibile e avevo dovuto adattarmi a camminare.  In ogni caso, quando bisognava andare da qualche parte, c’erano quasi sempre cugini o amici disponibili a venirci a prendere con la loro automobile, e non potevo proprio lamentarmi più di tanto.


Non avevamo nemmeno i termosifoni. In compenso avevamo delle stufe che scaldavano tantissimo, ma che era necessario accendere ogni mattina e rifornire continuamente di legna o carbone. Mio padre si alzava presto per accenderne almeno una ma, quando uscivamo per andare a trovare qualche parente, tornavamo a casa e trovavamo tutto freddo.  

In ogni caso, ero felice lo stesso. Proprio ieri, in televisione, ho sentito parlare di un detto di don Bosco che recitava così: “I bambini hanno bisogno soprattutto di sentirsi amati”. Io amata lo ero davvero, e tanto! 


A Natale non si parlava mai di Babbo Natale, ma piuttosto di Gesù Bambino. Era lui che portava i doni a casa nostra.

Ricordo che, una volta, avevo chiesto una carrozzina per la bambola uguale a quella di una mia amichetta. Era bellissima e sembrava proprio una carrozzina per bambini. Quella che invece era arrivata a me era molto più piccola e misera e si vedeva proprio che era un giocattolo. Ero rimasta veramente delusa! I miei genitori mi avevano spiegato che, quell’anno, Gesù Bambino era particolarmente povero e non aveva potuto accontentare tutti i bambini. Alla fine, me ne ero fatta una ragione.



La Befana a casa nostra portava invece solo dolci e frutta. Se andava bene, arrivava pure il carbone dolce che, al contrario del suo aspetto, era molto buono e atteso!

Quell’anno, la sera precedente al suo arrivo mi aveva vista alle prese con un nuovo gioco. Avevo messo le sedie della cucina in fila, le avevo coperte con una tenda e le avevo trasformate in un treno, di cui io ero la macchinista. Ah mi bastava poco per divertirmi! Poche cose e tanta fantasia.

Ero andata a letto lasciando il treno montato al fine di poterci giocare ancora il giorno dopo. Avevo teso l’orecchio, in ascolto di eventuali rumori che avesse potuto produrre la Befana ma, alla fine, il sonno mi aveva vinta.

La mattina non avevo trovato nulla! Un’altra delusione! Gesù Bambino non mi aveva portato la carrozzina che avevo chiesto e la Befana non era nemmeno venuta. Si era data alla fuga!

Poi i miei genitori mi avevano suggerito di giocare con il treno e … sorpresa! Proprio lì, sotto la tenda, c’erano cioccolatini, mandarini, frutta secca e carbone dolce!Alla befana era piaciuto il mio trenino. Che gioia!


E’ passato tanto tempo da quei giorni. Sembra successo in un’altra vita, una vita fatta d’innocenza, scoperte, giochi, sogni e amore puro. Per fortuna ci sono i ricordi!


Questo post fa parte di un gioco di scrittura tra blogger, su parole scelte a turno dai partecipanti ( evidenziate in grassetto), organizzato su VerbaLudica.