martedì 26 novembre 2024

La ricerca della felicità...


Recentemente ho sentito una notizia al telegiornale in merito alla felicità. Pare che un recente studio di ricercatori italiani abbia rilevato che, in linea generale, ad essere più felici siano le persone intelligenti, soprattutto le donne e, particolarmente, al sud. Era spiegato che le persone intelligenti hanno maggiore facilità a trovare stimoli per arricchirsi la vita ed hanno la capacità di apprezzare le piccole cose, trovandone il lato positivo più nascosto. Le donne poi, fornite di maggiore sensibilità e spirito di adattamento, sono ulteriormente predisposte "al vivere felice", tanto più se dotate dello spirito "sanguigno" del sud.

Ho letto poi  un articolo che tratta degli anziani, della loro saggezza e del fatto che dovremmo ascoltarli di più al fine di attingere al loro enorme bagaglio di esperienze. Dalle interviste effettuate risulterebbe che, a tenere l'uomo a galla nel cammino della vita, non siano l'intelligenza o la fortuna, bensì il carattere.
C'è poi un discorso che avvisa i giovani sull'enorme monotonia che può derivare da un lavoro fisso, mentre uno in continuo cambiamento può essere veramente molto stimolante ed arricchente. La precarietà  sinonimo di felicità.

A questo punto, analizzando e mettendo insieme le tre informazioni, la mia mente comincia ad elucubrare e a riflettere sulla questione della felicità.
Mi chiedo: forse Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse, Witney Houston,  Ernest Hemingway e tanti altri non erano persone intelligenti? Uomini e donne che avevano, o potevano avere,  molto: successo, denaro, una vita sicuramente non monotona, eppure erano tutti infelici tanto da non sopportare più di vivere. L'intelligenza non basta, evidentemente, e neppure una vita entusiasmante, con continue scosse di adrenalina. Forse proprio questa vita senza stabilità e certezze, continuamente in giro per il mondo, tra contratti che scadono e si rinnovano, tra amici che vanno e vengono secondo il periodo, fortunato o meno, con il successo che sale e scende, crea un costante stato di ansia che, alla lunga, diventa impossibile sostenere.

Il carattere sicuramente aiuta a trovare la felicità. C'è chi combatte come un leone contro le avversità senza lasciarsi demoralizzare dalle sconfitte,  chi è sicuro di sé  e non si sente mai in difficoltà rispetto agli altri, chi riesce a raggiungere posizioni di rilievo che lo fanno sentire vincente e realizzato, chi sa assumere ovunque atteggiamenti da leader ed è sempre "un passo avanti" rispetto al resto della società.

Eppure, quando viene a mancare il lavoro, quando non si sa se si potrà pagare il mutuo o il dentista, quando si teme di perdere la propria casa e si ha vergogna di confrontarsi con gli amici, è difficile sentirsi felici.
Ricordo una collega di alcuni anni fa. Era separata da un marito che non le passava gli alimenti e aveva due figli piccoli da crescere. Insegnava tecnologia ed era precaria da anni. Ogni volta, a giugno, era licenziata e doveva aspettare settembre per ottenere una nuova nomina. L'estate era un periodo drammatico. Senza stipendio, con la paura del futuro. Non poteva nemmeno permettersi la macchina ed era terrorizzata all'idea di trovare un lavoro in una località non raggiungibile dai mezzi pubblici ( non  dimentichiamo tutti i paesini delle Langhe che si trovano dalle mie parti), che sarebbe stata costretta a rifiutare. Centellinava il denaro per la spesa e non poteva mai fare un regalo che non fosse più che utile ai suoi figli.  Lo stress le faceva cadere i capelli a manciate ed il viso era pieno di eruzioni cutanee.
 Quando finalmente entrò in ruolo, ottenendo così il famoso e, per alcuni, deprecabile "posto fisso", ricordo che la vidi piangere come una bambina perché, finalmente, quell'estate avrebbe potuto vivere senza la paura del futuro.

Certo, un posto fisso può essere monotono, ma la certezza di poter saldare i debiti, pagare l'affitto ed il dentista e, magari, anche permettersi una piccola vacanza, penso possa compensare la noia di un lavoro sempre uguale.
A quel punto, con qualche certezza alle spalle ed un po' di tranquillità, si può cominciare a gioire per le piccole cose: il sorriso di un bambino, il volo di una farfalla, un pranzo in buona compagnia, un amore ricco di tenerezza, un'amicizia sincera, un regalo inaspettato...

Vuoi vedere che, alla fine, la ricetta della felicità sia proprio la... MONOTONIA?

lunedì 18 novembre 2024

Amore immenso



Ricordo i tempi del Conservatorio, dai quattordici ai ventuno anni e la mia inseparabile compagna di banco Patrizia, (nome di fantasia) prima ai corsi di teoria e solfeggio, poi a quelli di Storia della musica e Armonia.  Ripassavamo insieme il solfeggio e le regole musicali, controllavamo gli accordi di armonia, scherzavamo, facevamo “le vasche”, cioè le passeggiate sotto ai portici di Cuneo in attesa che arrivasse il mio treno per tornare a casa. Erano anni spensierati, pur con i problemi dell’adolescenza, e avevamo tanti sogni.

Come spesso succede, terminati gli studi finimmo con non incontrarci più. Io iniziai a lavorare nella mia città, lontana circa cinquanta chilometri, lei continuò il suo percorso di studi e di vita a Cuneo. Sono pochi cinquanta chilometri ma, a volte, bastano per perdersi di vista, anche se nel cuore il ricordo è rimasto.

Si parla spesso male dei social network ma, in fondo, se usati nel modo giusto, possono essere utili e, qualche anno fa, dopo un periodo lunghissimo, proprio attraverso Facebook ho ritrovato Patrizia. Sono stata io a cercarla, perché in questi anni l’avevo pensata spesso, non avendo mai dimenticato la mia compagna di banco!

La ragazzina spensierata, la promettente pianista vincitrice di tanti concorsi nazionali e internazionali, si era trasformata in una donna segnata da tante sofferenze: la malattia e la morte dei genitori, per esempio e, soprattutto, la presenza nella sua vita di un figlio cerebroleso. Per quel figlio Patrizia ha fatto il possibile e l’impossibile, lottando come una leonessa  e forse di più per rendergli la vita meno difficile e più simile a quella di ogni ragazzo della sua età. Il giovane, che ora ha più di trent'anni, non parla e vive sulla sedia a rotelle ma, attraverso marchingegni vari che lo sostengono e sorreggono, o tramite l’aiuto di volontari, riesce a camminare, a pedalare su un apposito triciclo- bicicletta, a scivolare sulla neve con il bob, a nuotare in piscina nel ciambellone, a cavalcare,  ad esprimersi attraverso un particolare programma informatico e, con le mani e i colori, ha pure dipinto un sacco di bellissimi e coloratissimi quadri che ha esposto in una mostra!
Ogni anno vola a Philadelphia per seguire un programma sperimentale ed è un  ragazzo che esprime felicità da tutti i pori. Come ride di gusto, attorniato da tante belle ragazze, o mentre pratica sport, o quando è vicino alla sua mamma! Oltretutto, ha un viso bellissimo.

Quanta fatica, quanto dolore, quanto impegno, quanto coraggio ha però impiegato questa meravigliosa, stupenda mamma, per ottenere così tanti, sudatissimi progressi!

Una volta aveva scritto un post che mi aveva veramente toccata nel profondo:



"F. dorme in camera sua da quando aveva 2 mesi, ed è abituato a dormire sul pavimento. Ma, quando siamo in giro, dorme nel lettone tra me ed il muro, per non rischiare di cadere. Io ho l'abitudine di leggere fino a tardi, ma quando mi addormento, gli prendo la mano. Mi piace come lui, nel sonno, la apre ed afferra la mia con molta delicatezza, contrariamente alla spasticita' che lo attanaglia da sveglio. A volte ci svegliamo ancora così, e questa immagine null'altro rappresenta se non..la nostra vita. .."

Mi aveva fatto venire in mente mia madre, negli ultimi tempi della malattia. Anche lei aveva movimenti spastici, che sparivano nel sonno, e anche lei mi prendeva la mano, soprattutto quando la imboccavo per mangiare. In quei momenti, vedendola così tranquilla e affettuosa, anche se non se ne rendeva conto, cercavo di illudermi che tutto fosse a posto e lei fosse la stessa di sempre. Quel tocco mi trasmetteva pace e calore, ed era una sensazione dolcissima.

Ecco, le mani di Patrizia e suo figlio, teneramente allacciate, sono l’immagine di tutti i sentimenti più profondi dell’animo umano: Tenerezza, Orgoglio, Coraggio, Speranza, Determinazione ma, soprattutto, AMORE.  


Se volete conoscere il vero emblema dell’Amore, non avete che da guardare le loro mani. Parlano da sole!

domenica 27 ottobre 2024

Concerto della Special Orchestra, con inclusione di disabili.

 


Ieri, mio marito ed io abbiamo trascorso un interessante, piacevole e commovente pomeriggio, ascoltando, presso il teatro Politeama della mia città, un concerto della Rotary Special Orchestra, con il patrocinio di due Rotary club e la sponsorizzazione di una nota azienda locale, la Rolfo S.P.A.

Si tratta di un’orchestra nata due anni fa per iniziativa del maestro Sergio Pochettino, Presidente del Rotary club di Ciriè ed ex musicista del Teatro Regio di Torino, con l’intento di un pregevole progetto di inclusione e crescita psicofisica, per integrare musicisti professionisti con giovani persone diversamente abili, opportunamente formate e seguite passo passo nel loro percorso di avvicinamento e apprendimento musicale.
Abbiamo visto pertanto un’orchestra formata da otto professionisti ( chitarra, basso, due tastiere, batteria e tre maestre di canto) e circa dodici ragazzi, con disabilità fisiche e psichiche, impegnati a cantare, suonare piccole percussioni e una chitarra.

Dire che abbiamo assistito a veri e propri miracoli è dire poco, perché tutto si è svolto senza intoppi e stonature e devo proprio ammettere che i cantanti, molto più intonati di certi personaggi che vediamo in tv, riuscivano a trasmettere gioia e a commuovere il pubblico, cui sfuggivano spesso i lacrimoni. La mia vicina di poltrona ha addirittura pianto ad ogni esibizione e chissà quanti altri lo avranno fatto.
Le canzoni poi erano anche molto difficili, tratte dal repertorio di Celentano, Giorgia, Fiorella Mannoia, Gianni Togni, Lucio Battisti e molti altri, mica canzoncine elementari! Le tre maestre di canto, bravissime, elegantissime e bellissime, Jessica, Sara e Valentina, si facevano veramente in quattro per guidare i loro allievi. Gesti, movimenti labiali per ricordare le parole, canto nell’ orecchio di una ragazza audiolesa…

Quella che mi ha commosso di più è stata Jessica, che si inginocchiava ogni volta sul palco, ai piedi del suo cantante in sedia a rotelle, per stare al suo livello. Inutile dire che il ragazzo in questione, avesse uno sguardo adorante per lei. Dedico a voi il filmato relativo a “La prima cosa bella” in cui, esplicitamente, si è detto che la prima cosa bella per lui sia proprio la sua maestra di canto! Le immagini, meglio di qualsiasi parola, potranno farvi capire la perfetta simbiosi tra allievo ed insegnante. (peccato che mio marito, filmando, abbia tagliato il finale!)
Un’altra cantante che mi ha commossa particolarmente è una ragazza diciottenne che arrivava sul palco abbracciata a due peluche, che consegnava poi al direttore, Sergio Pochettino, affinché li tenesse in braccio e bene in vista durante tutta la sua esibizione, eseguita con voce limpida e senza stonature. Prima di iniziare comunicava alla platea la sua gioia: “Sono pronta e spacco tutto!” Al termine ci regalava un grosso inchino e poi correva gioiosa a riprendersi i peluche.
Splendide sono state inoltre le esibizioni delle tre coriste docenti, che ci hanno regalato due momenti magici di vera professionalità e arte.

Ah! Quante cose avrei ancora da raccontarvi! E quali emozioni ci hanno regalato anche le altre cantanti! Senza contare il pensiero dell’enorme impegno, fisico, professionale ed emotivo, utilizzato dai docenti per arrivare a questi risultati! Io, che sono stata insegnante per più di quarant’anni con i ragazzi ve lo posso garantire. Ma voi sicuramente avrete già capito e mi fermo qui. Ho visto che si possono trovare video ed interviste relativi alla Special Orchestra, se volete potrete approfondire l’argomento.
Ora vi lascio al video. Buon ascolto!