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martedì 1 aprile 2025

Pesce d'aprile! Storia di una mia vecchia gaffe.

 


Oggi è il giorno del “pesce d’aprile”.

Mi fa venire in mente un ricordo divertente del mio passato…
Un po’ di anni fa, appena affacciata alla soglia del mondo informatico e con maggiore entusiasmo rispetto ad oggi, avevo l’abitudine di mandare mail ai miei amici con tante gif simpatiche e colorate, comprese quelle con il pesce d’aprile.
Successe che, una volta, una mia collega riuscisse a precedermi mandandomi un pesciolone gif, di notevoli dimensioni, che sguazzava felice ed ammiccante nella sua acqua virtuale.
“ Ma guarda!”_ Avevo pensato_ “Quest’anno non dovrò nemmeno fare la fatica di cercare un pesce per i miei amici, mi basterà inoltrare questo!”
Di fatto, gli avevo appena dato una distratta occhiata e non mi era nemmeno sembrato un bel pesce, ma “ A caval donato non si guarda in bocca” e l’avevo rispedito velocemente a tutti i miei amici e colleghi, sia maschi che femmine.
Dopo pochi minuti avevo ricevuto una mail di risposta da un amico virtuale che mi scriveva così:
“Wow! Non avrei mai immaginato che fossi capace di tanto! Sei proprio una sorpresa, ogni giorno che passa!”
“Capace di tanto? Una persona sorprendente? E tutto per un pesce finto, nemmeno troppo bello?”
La cosa però cominciava a sembrarmi strana e così ero tornata a rivedere il pesciolone. Ad un esame più attento, quel che mi era sembrato una delle tante pinne era invece un “pisellone umano” nel pieno del suo vigore, che si dimenava insieme al pesce.
“Oh santo cielo, cosa avevo fatto! Per di più l’avevo pure mandato ad un sacco di uomini che, certamente, avrebbero di gran lunga preferito una bella pesciolina femmina, altro che quel maschietto voglioso! Cosa avrebbero pensato di una donna che mandava loro un pesce maschio assatanato?
Che fare, ormai la frittata era fatta. Avevo cercato di rimediare rispedendo a tutto il gruppo una nuova mail in cui spiegavo di aver ricevuto il pesce senza averlo osservato bene e senza rendermi conto che si trattasse di un pesce “riservato alle signore”.
I colleghi maschi si erano fatti un sacco di risate e mi avevano presa in giro per tre mesi. Le colleghe donne, invece, non erano riuscite a capire il motivo della mia seconda mail perché non avevano notato nulla di strano nel pesce, tanto che avevo dovuto scrivere loro, una terza volta, “indicando precisamente quello che non avevano visto”.
Insomma, quell’anno il pesce d’aprile fu proprio “ un autogoal". CHE FIGURAl!”
( però...anche le mie colleghe...insomma, non ero l'unica distratta! )

martedì 21 maggio 2024

Amianto: una paura vissuta personalmente in modo indimenticabile

 In questi giorni si parla molto del giornalista Franco di Mare, mancato per un mesotelioma da amianto contratto durante i suoi reportage nelle zone di guerra. Non solo mi dispiace per l’uomo che è stato ma, ogni volta, penso che a me avrebbe potuto succedere la stessa fine, e ancora mi vengono i brividi.


A farla breve, io sono in cura da dodici anni da un reumatologo per una malattia autoimmune chiamata artrite reumatoide e questo vuol dire essere tenuta costantemente sotto controllo a causa di un farmaco che potrebbe dare effetti collaterali poco piacevoli.

Già nel 2012, in occasione della prima radiografia al torace, mi trovarono un piccolo ispessimento pleurico e il medico gridò alla neoplasia. Mi fece effettuare due TAC con contrasto dalle quali risultò trattarsi di qualcosa di vecchio e cronicizzato, probabile strascico di una bronchite avuta in gioventù senza nemmeno essermene accorta. Ovviamente, ogni anno la radiografia vedeva il problema e, ogni volta, il referto diceva che la situazione era immodificata.

Nel 2016 il reumatologo riscontrò, negli esami del sangue, un valore troppo alto rispetto a quella che lui riteneva essere la mia situazione reumatica e gridò nuovamente alla neoplasia.

“Bisogna trovare la causa di questa infiammazione!” sentenziò, e giù esami, radiografie ed ecografie. Nulla sembrava dare una risposta al suo dubbio, finchè disse: “Tagliamo la testa al toro e facciamo una PET TOTAL BODY!” Non sto a raccontare l’avventura della PET in un ambiente che traboccava di malati oncologici e paura infinita…

Fatto sta che la PET, passandomi in rassegna da capo a piedi, dove pensate che si fermasse? Sul solito ispessimento, che venne interpretato come “malattia metabolicamente attiva” e lì si scatenò il putiferio. Il reumatologo mi mandò da una dottoressa della chirurgia toracica, che mi fece notare come le cellule di quel punto della pleura fossero più vive delle altre e che, quasi sicuramente, indicassero il terribile e incurabile mesotelioma maligno, quello tipico dell’amianto, tanto per intenderci.

“Lei ha lavorato l’amianto?”

“No! Io insegno ai ragazzi e suono il piano!”

“Non importa, l’avrà respirato senza accorgersene! _

 “Ma io sto benissimo!”

“Non vuole dire niente, potrà sopportare subito una terapia più aggressiva! Un immediato intervento e una chemio bella forte!

“Resta il fatto che dovrò comunque morire!”

“Mi dispiace! Non è ancora stata trovata la cura definitiva per questo problema. Però, per essere sicuri, dovremo prima procedere con una biopsia”

Per biopsia si intendeva un vero e proprio intervento in anestesia generale, con collasso di un polmone e prelievo di un frammento di pleura. Alla faccia della biopsia!

Da quel giorno cominciò il mio calvario fatto di ricerche sul mesotelioma (mai trovato uno che fosse guarito), di statistiche, di consulti con vari medici, fino ad arrivare alla biopsia vera e propria.

Mio marito mi portò pure da un famoso primario di pneumologia che, per la modica spesa di duecento euro mi disse: “I casi sono due! O il tumore ce l’ha, o non ce l’ha!”

Beh, questo lo sapevo anch’io!

Tutto questo iniziò il 19 dicembre e mi rovinò Natale, Capodanno e i giorni seguenti per alcuni mesi.

A scuola i colleghi mi chiedevano se volessi iscrivermi al tale corso di aggiornamento.

“Non mi iscrivo più, tanto devo morire!”

Il dentista aveva iniziato la preparazione per due impianti.

“Dottore, lasci stare, posso morire anche senza quei denti!”

Insomma, vivevo in un incubo senza fine chiedendomi continuamente come potessi essere in fin di vita pur sentendomi benissimo. Mio marito sembrava impazzito e, quando si confidava con qualcuno, piangeva tutte le sue lacrime.

Feci l’intervento dopo Capodanno e, per circa due mesi, non ne seppi più nulla. Infine, stremata dall’ansia, con un marito sull’orlo del collasso nervoso, telefonai in ospedale per chiedere come mai nessuno mi chiamasse più per dirmi il risultato della biopsia.

Mi rispose un medico che andò a scartabellare e mi rispose: “Tutto a posto, solo un po’ d’infiammazione!”

Ero così frastornata che non riuscivo nemmeno a provare sollievo, né a prendermela con i medici che si erano dimenticati di farmi sapere che non ero malata!

Però, nella situazione critica, tutte le persone che sapevano, per non parlare dei miei colleghi, che divisero con me ogni minuto di preoccupazione e tutti gli eventi, furono così affettuosi, premurosi, preoccupati per me, che mi fecero sentire molto amata e circondata da una totale aura di condivisione e preghiera. Ancora oggi non posso fare a meno di sentirmi grata.

Ora capirete perché, ogni volta senta nominare le parole “amianto, asbesto, mesotelioma” un brivido mi corra lungo la schiena e mi senta particolarmente vicina a chi abbia contratto questa terribile e silente malattia. Penso ai lavoratori dell’Eternit di Casale Monferrato, qui in Piemonte e a Franco di Mare e alla sua famiglia. Anche lui è morto a causa del suo lavoro e questo non dovrebbe succedere mai.

L’uomo ha compiuto grandi scoperte e fatto grandi progressi, ma l’invenzione dell’amianto fu purtroppo un terribile errore di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Anche i medici sbagliano, qualche volta. Nel mio caso, per troppo zelo, ma è meglio così piuttosto che per superficialità. Nonostante una paura terribile e momenti di angoscia che non potrò mai più dimenticare, sono contenta di essere ancora qui a raccontarli.

venerdì 23 febbraio 2024

Un inaspettato visitatore notturno

 Oggi vi racconterò un fatto che mi è accaduto la settimana scorsa.

Ero sola in casa, perché mio marito era andato ad una settimana bianca sulle Dolomiti.  

Insomma, a dire il vero non ero completamente sola, perché avevo accanto il mio fido volpino Terry. Lui è molto bravo a segnalare qualsiasi movimento o presenza sospetta. Abbaia a tutto spiano, ma poi fa le feste a tutti. Non si stacca mai da noi e, fin da piccolissimo, l’abbiamo fatto dormire in una cuccia accanto al nostro letto. Ah! Avevamo pure provato a lasciarlo in cucina, ma lui, pur essendo piccolissimo, si era messo ad abbaiare così forte da svegliare tutto il vicinato. Mio marito era andato a prenderlo, l’aveva portato, cuccia compresa, nella nostra camera, e lì era rimasto.

 


Quella  notte stavo appunto dormendo e sognavo…

 Sognavo mia madre che andava in bicicletta a trovare una cugina (morta pure lei, ovviamente!). Nel sogno avevo la consapevolezza che mia madre avesse avuto l’Alzheimer, ma ne fosse guarita, tornando in grado di ragionare. Dopo un po' però cominciavo a preoccuparmi: se le fosse tornata quella terribile malattia e non avesse più potuto ritrovare la strada di casa? Esprimevo questa mia preoccupazione a mio padre e alla mia vicina di casa (quattro morti in un botto! Sogno molto spesso persone che non ci sono più, ma stavolta erano tanti!) quando il cane mi ha svegliata abbaiando furiosamente, come se ci fosse stato qualcuno nella stanza. Mamma mia, che paura! Accendevo così la luce, ma non vedevo nessuno. Lui continuava ad abbaiare. Sono scesa dal letto e cosa ho visto? Un gatto! Era imprigionato tra l'armadio e la porta chiusa. Ha provato anche ad arrampicarsi sull' armadio, ma era troppo liscio e alto per lui, ed è caduto. Se ne stava lì, immobile, come ipnotizzato. Sul momento mi sono sentita sollevata. In fondo, era meglio un gatto che un ladro! Ma la situazione era comunque difficile. Già vedevo davanti a me una scena cruenta, con il cane che cercava di azzannare il micio al collo (lui detesta i gatti) e quello che tentava di accecarlo con gli artigli, con spargimento di sangue a gogò. Cosa avrei fatto, nel bel mezzo della notte, se si fossero feriti, magari gravemente?

Supplicavo Terry: “No, no! Lascialo stare!” Poi l'ho convinto, non so come, a seguirmi in camera di mio figlio e l’ho chiuso dentro. Così ho aperto al gatto (un bel micio grigio) e l'ho accompagnato sulle scale fino alla porta. Quando gli ho aperto, mi ha guardato e lanciato un “miao!”, come se avesse voluto ringraziarmi, poi è fuggito nella notte. Erano le due e mezza.

 Alle quattro Terry chiamava di nuovo e ho dovuto accompagnarlo al piano di sotto per uscire a fare la pipì.  Insomma, una notte agitatissima!

 In ogni caso, tutto è bene quel che finisce bene e qualche Angelo Custode, mio o degli animali, deve averci dato una mano.

Adesso, quando vado a dormire, faccio prima un giro di perlustrazione in tutte le stanze per controllare che non si nasconda qualche ospite!

mercoledì 12 luglio 2023

Sono arrivati i ladri?

Come molti di voi sanno, io ho un cagnolino di razza volpina che si chiama Terry e che ha undici anni. Lo portammo a casa all’età di due mesi e, subito, seppe farsi valere, senza mai piangere, ma abbaiando a gran voce per farsi prendere in considerazione. La cosa bella è che, se tanto abbaia quando è a casa, per segnalare qualsiasi movimento nelle prossimità del cancello (soprattutto quando arriva il postino! Sembra diventare matto!), quando è fuori casa ammutolisce di colpo e nessuno gli sente più la voce. Si guarda intorno con grande interesse, si avvicina a tutti i cani che incontra per conoscerli, si fa coccolare da tutti, ma dalla sua bocca non esce nemmeno un bau. Persino ai gatti, che fa correre come matti ogni volta si presentino nel nostro cortile, quando siamo in giro non dice nulla. È persino arrivato a “baciarne” uno, muso contro muso!

Per i primi due anni di vita non venne mai lasciato solo. C’era mia madre, malata di Alzheimer e da sorvegliare ventiquattro ore al giorno, pertanto, chi si occupava di lei teneva anche compagnia a Terry. Tutto cambiò con il decesso di mia madre. Non era più necessaria una badante e non si poteva pensare di portarlo sempre con noi. La prima volta fu proprio per la messa di trigesima di mamma. Come lasciarlo a casa da solo? Non gli era mai successo prima e sapevo di cagnolini che mettevano a soqquadro la casa se lasciati soli.

Mi venne in mente che lui era molto interessato a guardare fuori, qualora avesse sentito un rumore, e avrebbe tentato di aprirsi la porta, graffiandola. Si poteva però fare in modo di fargli raggiungere la finestra, in modo che potesse avere il controllo a piacimento sul cortile e sulla strada. Davanti alla finestra avevo giusto un tavolino, che ricoprii con un panno, infine misi una sedia davanti al tavolino e lo invitai a raggiungere il davanzale della finestra, cosa che fece prontamente. Poi provammo ad uscire e lui rimase zitto e fermo al suo posto, come una fiera sentinella. Così siamo andati avanti in questi ultimi nove anni. Appena sistemiamo la sedia, lui capisce già che deve salire sul davanzale, si accomoda e ci aspetta, senza combinare alcun tipo di guai.

Sabato scorso, però, mio marito ed io siamo usciti con alcuni amici e al ritorno, appena entrati in cortile con l’auto, è successo un fatto impensabile. La porta si è aperta e Terry, scodinzolando, ne è uscito venendoci incontro.

Mi si è gelato il sangue addosso. Erano venuti i ladri e avevano, ovviamente, lasciato aperto!

Il mio secondo pensiero è stato per il cane. Per fortuna non gli avevano fatto del male!

Il terzo pensiero è andato a cosa fare. Entrare, con il rischio di incontrare i ladri? Chissà che disastro avremmo trovato!

Veramente non sapevamo quali pesci pigliare. Abbiamo aspettato un po’, fatto le feste a Terry, sperando che i ladri se ne andassero… Poi siamo entrati alla chetichella, un passo alla volta, guardinghi…Niente! Tutto era al suo posto, nulla era stato toccato. Non abbiamo potuto pensare ad altro che, uscendo, ci fossimo dimenticati di chiudere la porta di casa. Sarà stato il caldo a darci alla testa? Un principio di Alzheimer?

In ogni caso, tutto è bene quel che finisce bene, anche se ho sempre davanti l’immagine della porta che si apre da sola con Terry che ne esce scodinzolando. E adesso, ogni volta, controlliamo entrambi di aver chiuso la porta a chiave!

lunedì 19 settembre 2022

Tutta colpa di una zampetta birichina!

 

Leggo stasera il commento del gent.mo Mr. Loto, che mi chiede se vada tutto bene, e mi rendo conto che, effettivamente, sia da un bel po’ di tempo che non scrivo.

Ammetto di essermela presa un po’ comoda ultimamente, un po’ perché l’estate così calda non invitava a stare in casa la sera davanti al pc (di giorno sono sempre indaffarata ed è difficile che scriva, al massimo leggo!), un po’ perché ero a corto di ispirazioni. Dopo la mia vacanza al mare mi è anche successo un piccolo guaio.

Dovete sapere che il mio cagnolino, nonostante l’età non più verde, sia ancora un giocherellone. Capita che mi tocchi il braccio con la sua zampetta per attirare la mia attenzione, oppure che, mentre mi vede seduta, mi dia dei colpetti sui piedi cercando di togliermi le scarpe. Fatto sta che un giorno, nell’intento di sfilarmi una ciabatta, mi abbia dato un colpo sulla caviglia. Non mi aveva procurato alcuna ferita, né un graffio, ma magari la sua unghietta non troppo igienizzata mi aveva punta più in profondità del solito…fatto sta che, il mattino dopo, mi ero svegliata con un piede gonfio e dolorante, da non riuscire assolutamente a camminare.

Mi ero trascinata dal medico, zampettando su un piede solo, dove mi era stata diagnosticata una brutta infezione. Dopo una cura con antibiotici il collo del piede era sgonfiato, ma la parte posteriore no, ed io non potevo fare altro che zoppicare. Gli amici, quando erano venuti a conoscenza della mia situazione, avevano cominciato ad invitarmi a cena, sostenendo che, visto che non riuscivo a camminare, potevo almeno mangiare. Ah! erano stati veramente gentili! Mi avevano offerto pure sgabelli e cuscini per farmi stare più comoda e favorire la circolazione.

Intanto io proseguivo con svariate cure, ma la situazione non cambiava. Ad un certo punto, non potendone più, avevo cominciato ad uscire per piccole passeggiate ma, ad ogni passo incontravo qualche conoscente che, vedendomi zoppicare, si informava sulla situazione e, ogni volta, dovevo ricominciare a raccontare la storia dall’inizio. Tutti avevano da dire la loro. C’era chi sosteneva che fosse impossibile che tutto dipendesse dalla zampata del cane, chi supponeva potessi avere problemi cardiaci, chi prospettava la puntura di un ragno velenoso, chi mi suggeriva un fisioterapista ( ma non avevo subito alcun trauma da caduta o distorsione!), chi proponeva massaggi con l’arnica che si usa per i cavalli, chi semplicemente esclamava: “Fai qualcosa! Non puoi andare avanti così! “  Insomma, la faccenda stava diventando anche imbarazzante, per non dire che anch’io non ne potessi più di sentirmi “diversamente abile”. Ah! come invidiavo tutti coloro che mi passavano accanto a passo svelto! Come avrei voluto riavere il mio passo veloce e deciso!

Ero tornata per la terza volta dal medico palesandogli tutta la mia preoccupazione. Erano ormai quaranta giorni che zoppicavo e cominciavo veramente a disperare di poter tornare a camminare come prima. Come se non bastasse, visto che non potevo più andare da nessuna parte, anche mio marito si sentiva  moralmente costretto a stare a casa  con me ( uniti nella buona e nella cattiva sorte, come si suol dire!), ma cominciava a mordere il freno, perché gli sarebbe piaciuto fare ancora qualche gita fuori porta. “Finirà col chiedere il divorzio!” mi ero lamentata con il medico. Egli mi aveva dimostrato tutto il suo interesse e la sua comprensione ed era passato all’ennesima terapia.

Da due giorni non zoppico più, la caviglia è meno gonfia e ho ricominciato ad uscire per qualche passeggiata. Se cammino per troppo tempo sento ancora un po’ di dolore, ma riesco a sopportarlo. Forse siamo sulla strada giusta, ma non voglio ancora dirlo troppo forte. Mi rendo sempre più conto di quale bene prezioso sia la salute. Quando c’è la salute, qualsiasi altro problema diventa più leggero e sopportabile.

Questo è quanto è successo dopo il mio ultimo post. Spero che voi stiate bene ed abbiate trascorso una buona estate.

A presto!

venerdì 1 aprile 2022

Buon primo aprile!

 Oggi è il giorno  del “pesce d’aprile”.

Mi fa venire in mente un ricordo divertente del mio passato…

Un po’ di anni fa, appena affacciata alla soglia del mondo informatico e con maggiore entusiasmo rispetto ad oggi,  avevo l’abitudine di mandare mail ai miei amici con tante gif simpatiche e colorate, comprese quelle con il pesce d’aprile.

Successe che, una volta,  una mia collega riuscisse a precedermi mandandomi un pesciolone gif, di notevoli dimensioni, che sguazzava felice ed ammiccante nella sua acqua virtuale.

“ Ma guarda!”_ Avevo pensato_“Quest’anno non dovrò nemmeno fare la fatica di cercare un pesce per i miei amici, mi basterà inoltrare questo!”

Di fatto, gli avevo appena dato una distratta occhiata e non  mi era nemmeno sembrato un bel pesce, ma “ A caval donato non si guarda in bocca” e l’avevo rispedito velocemente a tutti i miei amici e colleghi, sia maschi che femmine.

 Dopo pochi minuti avevo ricevuto una mail di risposta da un amico virtuale che mi scriveva così:

 “Wow! Non avrei mai immaginato che fossi capace di tanto! Sei proprio una sorpresa, ogni giorno che passa!”

“Capace di tanto? Una persona sorprendente? E tutto per un pesce finto, nemmeno troppo bello?”

La cosa però cominciava a sembrarmi strana e così ero tornata a rivedere il pesciolone. Ad un esame più attento, quel che mi era sembrato una delle tante pinne era invece un “pisellone umano” nel pieno del suo vigore, che si dimenava insieme al pesce.

“Oh santo cielo, cosa avevo fatto! Per di più l’avevo pure mandato ad un sacco di uomini che, certamente, avrebbero di gran lunga preferito una bella pesciolina femmina, altro che quel maschietto voglioso! Cosa avrebbero pensato di una donna che mandava loro un pesce maschio assatanato?

Che fare, ormai la frittata era fatta. Avevo cercato di rimediare rispedendo a tutto il gruppo una nuova mail in cui spiegavo di aver ricevuto il pesce senza averlo osservato bene e senza rendermi conto che si trattasse di un pesce “riservato alle signore”.

I colleghi maschi si erano fatti un sacco di risate e mi avevano presa in giro per tre mesi. Le colleghe donne, invece, non erano riuscite a capire il motivo della mia seconda mail perché non avevano notato nulla di strano nel pesce, tanto che avevo dovuto scrivere loro, una terza volta, “indicando precisamente quello che non avevano visto”.

 Insomma, quell’anno il pesce d’aprile fu proprio “ un autogoal". CHE FIGURAl!”

( però...anche le mie colleghe...insomma, non ero l'unica distratta! )

 


 

martedì 14 luglio 2020

Gazze crudeli

Vi avevo raccontato, tempo fa, la storia dei merli che vivevano nel nostro giardino.
Avevano nidificato nel pino e passeggiavano tutto il giorno nel prato, senza dimenticarsi di fare un bagno quotidiano nelle ciotole del nostro cane. Avevano un figliolo, che ancora volava poco e che stava nascosto nel pino, uscendo ogni tanto a curiosare. Poi aveva cominciato a volare sempre più in alto ed infine se n’era andato. I merli avrebbero voluto nidificare di nuovo, ma erano arrivate le gazze. Una si era intrufolata nel pino e loro avevano capito che, ormai, quello non era più un posto sicuro. Si erano spostati in una siepe poco lontano e, per molto tempo, ho continuato a vedere il maschietto sui tetti delle case circostanti intento a gorgheggiare le sue splendide melodie. Qualche giorno fa, a sorpresa, sono riapparsi entrambi e sono tornati a farsi un bel bagno. Li riconoscerei tra mille, perché la femmina ha una piuma bianca sulla coda e un’altra su un’ala e non credo esista un’altra merla così. Si direbbe proprio che volessero salutarci, perché, da quel giorno, sono letteralmente scomparsi e non ho più sentito il loro canto.
A noi sono rimaste le gazze, che hanno nidificato sulla magnolia. Uccelli antipatici, prepotenti, con una voce gracchiante e sgradevole, ma non si può comandare alle libere creature dell’aria e impedire loro di costruire il nido dove vogliono. Tutto è andato bene finché, circa quindici giorni fa, un piccolo è caduto dal nido. Apriva il becco per chiedere il cibo, non stava in piedi. Ho pensato di metterlo in un sottovaso, in modo che potesse appoggiarsi senza cadere, e di sistemarlo sull'albero, sperando che la madre lo nutrisse lo stesso. Invece no. L’ho ritrovato morto, con il capino ciondoloni dal sottovaso e le mosche che gli giravano intorno. Un’immagine tristissima, che mi ha molto addolorata. Ieri eccone un altro. Molto più grande del primo, con tutte le sue penne bianche e nere, saltellava. La madre lo chiamava dall'alto, come se lui, che appena camminava, fosse in grado di raggiungerla. Questa volta non l’ho toccato, avendo letto che la madre potrebbe ripudiarlo sentendogli addosso odore umano. Ho sperato che stavolta la madre lo nutrisse, invece no, di nuovo, stamattina l’ho trovato morto nel prato.
Ma poco dopo eccone un altro, ancora più grosso, che saltellava e svolazzava nel prato. Questo riusciva a volare fino ad un’altezza di cinquanta centimetri e correva dappertutto, chiamando i genitori. La madre gracchiava sulla cima dell’albero più alto invitandolo a raggiungerla e lui, poverino, correva, saltellava, compiva piccoli voli. Ce la metteva veramente tutta! Ora dico: perché la gazza è salita sull'albero più alto e più lontano per chiamare il suo piccolo? Non poteva stargli più vicino e chiamarlo da un’altezza ragionevole? Perché fargli fare tutta quella fatica e poi lasciarlo digiuno? Immagino la sua disperazione nel vedere la madre così irraggiungibile. Alla fine è andato a nascondersi nel pino e non lo abbiamo più visto. Domani mattina dovrò seppellire anche lui?
Mi si dice che questa è la selezione naturale della specie, che solo i più forti sopravvivono e che le madri si liberano dei figli più deboli. Io però ho sempre visto quei poveri pulcini ben pasciuti e in forze. Ovviamente, senza mangiare e bere, si sono poi indeboliti fino alla morte.
Mi si dice che le gazze siano degli uccelli antipatici, prepotenti, cattivi. Il comportamento crudele di quella madre lo conferma. Però i cuccioli sono sempre cuccioli. Sono indifesi e fanno tenerezza. Io, come essere umano, mi comporterei esattamente al contrario, cercando di difendere e proteggere proprio chi è più debole e bisognoso di cure. E poi, la morte di un cucciolo mi stringe sempre il cuore, perché alla morte non c’è rimedio ed è la fine di tutto ancora prima che la vera vita, fatta di esperienze, gioie e dolori, sia iniziata. Tutti abbiamo il diritto di vivere, anche le piccole e antipatiche gazze.

domenica 1 marzo 2020

Facce da Coronavirus!





(Premetto che questo post è stato scritto il primo marzo, quando la situazione in Piemonte era ancora molto tranquilla. Oggi, mantenere le distanze è un obbligo civile e ci sarebbe da stupirsi se avvenisse il contrario. Quante cose possono cambiare in una settimana!)

Di questi tempi non si parla d’altro che del Coronavirus. Anche qui, in provincia di Cuneo,  questa settimana sono stati presi i provvedimenti necessari, così come previsto per tutto il Piemonte, con scuole, chiese e teatri chiusi, ma nessuno risulta contagiato.

Nella mia famiglia seguiamo i consigli del caso lavandoci spesso le mani ( ma lo facevamo anche prima) e frequentando maggiormente i luoghi all'aperto rispetto a quelli affollati, ma, nel complesso, continuiamo a vivere come prima, senza affannarci a fare scorte alimentari, senza indossare mascherine o essere terrorizzati quando vediamo qualcuno. Ieri, ad esempio, siamo andati al mercato, incontrando parecchie persone con le quali abbiamo conversato e siamo stati anche al bar a bere un caffè.

Stasera è successo che, passeggiando per le vie di una città vicina alla nostra, abbiamo incontrato una coppia di conoscenti. Ho subito notato che, alla nostra vista, marito e moglie si tiravano su la sciarpa e la mettevano davanti alla bocca, così non mi sono avvicinata più di tanto, mantenendo una ragguardevole distanza di sicurezza. Mio marito invece ( gli uomini arrivano sempre dopo, non c’è niente da fare!) continuava ad avvicinarsi per conversare e loro arretravano. Lui avanzava e loro indietreggiavano. Siamo andati avanti per qualche minuto in questo modo. Io avrei voluto dargli un bel calcione negli stinchi, ma temevo si vedesse. Ad un certo momento deve aver realizzato che c’era qualcosa di strano e ha chiesto loro se non stessero bene. A quel punto sono sbottata io: “Non vedi che vogliono mantenere la distanza di sicurezza e tu continui ad appiccicarti come un pisello ad un baccello?”
La coppia è apparsa sollevata. Finalmente poteva rivelare le sue paure ed essere sicura che non ci saremmo più avvicinati. Mio marito cadeva dal pero. “Ma qui non c’è il Coronavirus! E noi stiamo bene!”
La signora era letteralmente terrorizzata, per cui abbiamo ancora scambiato qualche veloce convenevole e ci siamo allontanati.

Insomma, non l'avremmo mai immaginato ma … abbiamo facce da Coronavirus!

mercoledì 10 febbraio 2016

E' proprio così facile pagare il canone TV?

In questi giorni, in tv, non si parla d'altro che del canone RAI e della sua nuova forma di pagamento sulla bolletta della luce. Si dà il caso che, per quanto riguarda la mia famiglia, i nominativi dell'abbonamento RAI e quello della bolletta elettrica non siano gli stessi. Non vorrei mai che, tra qualche anno, mi arrivassero richieste di arretrati non pagati, visto che il titolare del canone non avrà più adempiuto al dovere con il suo nome.
Guardo le FAQ, sperando di trovare una soluzione, ma nessuna sembra rispondere al mio quesito.

Scrivo quindi una mail alla RAI spiegando l'inghippo e chiedendo una soluzione. Mi arriva subito una ricevuta automatica, ma di risposte neanche a parlarne.

Visto che, ogni giorno, si parla di un numero verde al quale rivolgersi per qualsiasi problema, telefono.

Una voce mi risponde chiedendomi se voglia parlare in italiano o in tedesco,invitandomi poi a cliccare sul tasto uno per la prima soluzione e sul tasto due per la seconda.
Clicco sul tasto uno e inizia la solfa: “ Quest'anno sarà molto più facile pagare il canone RAI perché verrà addebitato sulla bolletta ecc…”. In un secondo tempo mi viene detto che, se vorrò parlare con un operatore, dovrò attendere in linea.

Attendo. Inizia qui a suonare una musichetta: “Stay By My Side” cantata da Stephane Huguenin. Dove sia stata scovata questa canzone degli anni cinquanta non è dato saperlo. Sul web non sono nemmeno riuscita a trovarne il testo, tantomeno informazioni sulla cantante.  E' risaputo che un normale telefono cordless non sia sicuramente un mezzo adeguato per ascoltare musica. Non vi dico l'effetto di quelle che appaiono grida della cantante nelle mie povere orecchie. Mi sembra di sentire un gatto miagolante quando ha il mal di pancia. Urla strazianti e parole sempre uguali, perché la canzone è stata tagliata e ripete continuamente lo stesso ritornello.




Torna la voce dell'operatrice, che mi rispiega tutte le modalità per pagare il canone attraverso la bolletta, infine: “Gli operatori sono tutti occupati, attendere in linea o richiamare più tardi”.

Immediatamente riparte la musichetta slow anni cinquanta, e vai con le urla del gatto col mal di pancia. Resisto stoicamente, allontanando la cornetta quando arrivano gli acuti.

Tutta la trafila ricomincia, una, due, tre, quattro volte...Alla quinta, le urla del gatto miagolante mi hanno quasi perforato un timpano. Cedo e riattacco. Riprovo altre volte, in giornata e nei giorni successivi. Niente da fare, gli operatori sono sempre terribilmente impegnati.



La terza soluzione parrebbe quella di lasciare un messaggio e farsi richiamare dagli operatori, ma sono sicura che la chiamata avverrebbe proprio quando non siamo in casa. Già succede così con amici e parenti. Riescono sempre a chiamarci quando non ci siamo.

Beh, prima di luglio avrò tempo a riprovare. Magari non otterrò risposta, ma avrò imparato a memoria “Stay by my side”...

sabato 28 novembre 2015

Concerti e ospedali...



Tendenzialmente io sarei una persona tranquilla, che ama la sicurezza della casa, la pace familiare...A casa mia, però, la tranquillità è sempre stata poca, senza contare che mi ritrovo in compagnia di un marito, un figlio ed un cane super-agitati, che devono sempre andare da qualche parte e fare qualche cosa, altrimenti non stanno bene.
E' successo così che mio marito abbia preso i biglietti per il concerto di Madonna a Torino e, nello stesso tempo, abbia continuato a giocare a tennis anche se un tendine d'Achille gli faceva male. Stava fermo un po', poi ricominciava, poi andava a camminare, finché si è risolto a farsi vedere da un ortopedico che, appena l'ha visitato, ha subito preparato i documenti per la sala operatoria. 
Aspettando Madonna

Il pubblico in attesa

Arrivo in gabbia di Madonna

Ingresso spettacolare in scena

Ci siamo ritrovati così, domenica sera, al concerto di Madonna e lunedì mattina all'ospedale. Siamo tornati a casa verso le due e, alle sette e trenta, mio marito veniva già portato via insieme al suo letto verso la camera operatoria.
Pare che, per tutto l'intervento, praticato in anestesia epidurale, abbia descritto dettagliatamente, a medici ed infermiere, il concerto di Madonna.

A me il concerto è piaciuto, ma non sono più abituata alla potenza dei decibel di questi avvenimenti.  Soprattutto nell'ora precedente , una dj ha strillato in continuazione: "Siete caldi? Siete pronti a vedere Madonna?" e, nel frattempo, ci ha propinato una musica ripetitiva fatta di violenti colpi di batteria che sentivo risuonare nel petto, come se avessero dovuto portarmi via qualche organo vitale.  Fatto sta che, poco alla volta, mi è venuta un'emicrania tremenda e sono arrivata a casa che ero uno straccio. La mia preoccupazione era quella che non mi passasse in tempo per accompagnare mio marito all'ospedale. A quel punto, vedendo la mia faccia, credo che avrebbero sicuramente scambiato me per la paziente e mi avrebbero ricoverata con urgenza!

Bene o male sono riuscita a rimettermi in sesto e ho trascorso la giornata socializzando con altri pazienti ed accompagnatori. Mio marito, tutto sommato, non aveva bisogno di nulla, perché non poteva alzarsi, né bere, né mangiare.
Il compagno di stanza di mio marito russava fragorosamente, tanto che, per riposare le orecchie, già provate dalla serata precedente, andavo ogni tanto a trovare la signora della stanza attigua, con la quale avevo fatto conoscenza. Nel corso della conversazione, parlando di ospedali , operazioni ed incidenti motociclistici, si è poi scoperto che la signora in questione e il marito sono i genitori di un nostro amico paraplegico, conosciuto per via dei rispettivi cagnolini, che portiamo a giocare nello stesso parco. E' proprio piccolo il mondo! Attraverso le loro parole abbiamo imparato a conoscere un po' di più il nostro amico ed il suo difficile passato, che a soli 22 anni, per via di un incidente in moto, ha visto rivoluzionare  completamente e coraggiosamente la sua vita.

Ora mio marito è casa. Io sto facendo l'infermiera e il nostro piccolo Terry il valletto inseparabile. Abbiamo tirato fuori la sedia a rotelle pieghevole che avevamo acquistato per gli ultimi mesi di mia madre. Lui, spingendosi con le stampelle, viaggia per il cortile come Spedy Gonzales e non riesco a tenergli dietro. In casa passa da una stanza all'altra zampettando sull'unica gamba sana , tanto da farmi venire il capogiro solo al vederlo, e poi si lamenta di essere stanco.
 

Tranquillità e pace familiare, dove siete?
  

martedì 8 settembre 2015

Un weekend dal finale movimentato



La settimana scorsa mio marito ed io abbiamo trascorso un ultimo weekend al mare, in Liguria.

Il secondo giorno si trattava di lasciare la camera d'albergo con relativo posto macchina, rimanendo poi sulla spiaggia per tutta la giornata e tornare a casa la sera.
La mattina presto mio marito, mentre ancora io riposavo, ha pensato di andare a cercare un parcheggio per la macchina, sperando di trovarne uno non troppo lontano, vista l'ora  mattutina. Purtroppo, nonostante si parli tanto di crisi, evidentemente questa non abita in Liguria, perché non si trovava un parcheggio nemmeno a pagarlo a peso d'oro e mio marito ha dovuto avventurarsi verso la collina, girando ripetutamente tra stradine tortuose in salita, fino a trovare un posto in un'anonima via, tra case tutte uguali e senza riferimenti.  
" Vedrai quanto dovremo camminare questa sera! Sono andato in collina, su, sempre più su, parecchio lontano dal lungomare!"
Colline liguri, immagine presa dal web
 Ah! Si può ben dire che le sue previsioni avessero un buon fondamento! La sera, con il nostro zaino sulle spalle pieno di asciugamani e costumi bagnati, abbiamo camminato, camminato...Ma la macchina non si trovava! Mio marito ha cominciato ad ammettere che, effettivamente, i suoi ricordi erano un po' confusi: "Forse sono passato qui, no, era di là, forse sono andato troppo avanti..." Continuavamo a girare in tondo, si stava facendo notte, spesso ci ritrovavamo nello stesso punto di partenza, sembrava di essere in un labirinto.
Un ragazzo, che ci aveva visti passare più volte, ci ha chiesto se ci fossimo persi.
" Non ci siamo persi, non troviamo la macchina!" Altri hanno cercato di aiutarci dandoci alcune indicazioni, ma mio marito ricordava sempre meno dove fosse passato, e intanto si stava facendo sempre più buio.
Ad un certo punto abbiamo incontrato un uomo che portava a spasso il cane.
"Datemi tempo dieci minuti, faccio fare la pipì a Poldo, lo riporto a casa, prendo la macchina e vi accompagno nella ricerca. Pensavamo dicesse così per dire, per essere gentile, invece, dopo poco tempo, eccolo lì, insieme alla moglie. Ha fatto salire mio marito davanti, in modo che vedesse bene il percorso, e poi ci ha detto: "State tranquilli, non preoccupatevi, la città è piccola e non vi lasceremo finché  non avrete ritrovato la macchina." Si sono preoccupati anche sul fatto che avessimo o meno cenato.
"Avevamo prenotato un'ora fa, ma ormai abbiamo perso il turno!"
"Volete che torniamo a prendervi dopo, in modo da poter cenare?"
"Ci mancherebbe! Siete già fin troppo disponibili, la cena può aspettare!"
Anche la moglie partecipava ponendo domande a mio marito e suggerendo al suo le strade da percorrere finché..."Eccola! E' lì la macchina!" L'avevamo trovata!
Insomma, due persone totalmente sconosciute, di cui non conosciamo nemmeno il nome, che non rivedremo mai più, ci hanno dedicato del tempo prezioso accompagnandoci  in giro per la collina per aiutarci a ritrovare la macchina e noi non abbiamo potuto ricambiare la loro gentilezza in alcun modo ( non c'era nemmeno un bar nelle vicinanze per poter loro offrire un caffè!), se non ringraziandoli di cuore.

E poi ci si lamenta dei tempi moderni sostenendo che la gentilezza e la solidarietà siano scomparse! Ci sono ancora, invece, e continuano a chiamarsi "Provvidenza"...