Oggi è il giorno del “pesce d’aprile”.
Oggi è il giorno del “pesce d’aprile”.
In questi giorni si parla molto del giornalista Franco di Mare, mancato per un mesotelioma da amianto contratto durante i suoi reportage nelle zone di guerra. Non solo mi dispiace per l’uomo che è stato ma, ogni volta, penso che a me avrebbe potuto succedere la stessa fine, e ancora mi vengono i brividi.
Già nel 2012, in occasione della
prima radiografia al torace, mi trovarono un piccolo ispessimento pleurico e il
medico gridò alla neoplasia. Mi fece effettuare due TAC con contrasto dalle
quali risultò trattarsi di qualcosa di vecchio e cronicizzato, probabile
strascico di una bronchite avuta in gioventù senza nemmeno essermene accorta.
Ovviamente, ogni anno la radiografia vedeva il problema e, ogni volta, il
referto diceva che la situazione era immodificata.
Nel 2016 il reumatologo riscontrò,
negli esami del sangue, un valore troppo alto rispetto a quella che lui
riteneva essere la mia situazione reumatica e gridò nuovamente alla neoplasia.
“Bisogna trovare la causa di questa
infiammazione!” sentenziò, e giù esami, radiografie ed ecografie. Nulla
sembrava dare una risposta al suo dubbio, finchè disse: “Tagliamo la testa al
toro e facciamo una PET TOTAL BODY!” Non sto a raccontare l’avventura della PET
in un ambiente che traboccava di malati oncologici e paura infinita…
Fatto sta che la PET, passandomi in
rassegna da capo a piedi, dove pensate che si fermasse? Sul solito
ispessimento, che venne interpretato come “malattia metabolicamente attiva” e
lì si scatenò il putiferio. Il reumatologo mi mandò da una dottoressa della
chirurgia toracica, che mi fece notare come le cellule di quel punto della
pleura fossero più vive delle altre e che, quasi sicuramente, indicassero il
terribile e incurabile mesotelioma maligno, quello tipico dell’amianto, tanto
per intenderci.
“Lei ha lavorato l’amianto?”
“No! Io insegno ai ragazzi e suono il
piano!”
“Non importa, l’avrà respirato senza accorgersene!
_
“Ma io sto benissimo!”
“Non vuole dire niente, potrà
sopportare subito una terapia più aggressiva! Un immediato intervento e una
chemio bella forte!
“Resta il fatto che dovrò comunque
morire!”
“Mi dispiace! Non è ancora stata
trovata la cura definitiva per questo problema. Però, per essere sicuri,
dovremo prima procedere con una biopsia”
Per biopsia si intendeva un vero e
proprio intervento in anestesia generale, con collasso di un polmone e prelievo
di un frammento di pleura. Alla faccia della biopsia!
Da quel giorno cominciò il mio
calvario fatto di ricerche sul mesotelioma (mai trovato uno che fosse guarito),
di statistiche, di consulti con vari medici, fino ad arrivare alla biopsia vera
e propria.
Mio marito mi portò pure da un famoso
primario di pneumologia che, per la modica spesa di duecento euro mi disse: “I casi
sono due! O il tumore ce l’ha, o non ce l’ha!”
Beh, questo lo sapevo anch’io!
Tutto questo iniziò il 19 dicembre e
mi rovinò Natale, Capodanno e i giorni seguenti per alcuni mesi.
A scuola i colleghi mi chiedevano se
volessi iscrivermi al tale corso di aggiornamento.
“Non mi iscrivo più, tanto devo
morire!”
Il dentista aveva iniziato la
preparazione per due impianti.
“Dottore, lasci stare, posso morire
anche senza quei denti!”
Insomma, vivevo in un incubo senza
fine chiedendomi continuamente come potessi essere in fin di vita pur sentendomi
benissimo. Mio marito sembrava impazzito e, quando si confidava con qualcuno,
piangeva tutte le sue lacrime.
Feci l’intervento dopo Capodanno e,
per circa due mesi, non ne seppi più nulla. Infine, stremata dall’ansia, con un
marito sull’orlo del collasso nervoso, telefonai in ospedale per chiedere come
mai nessuno mi chiamasse più per dirmi il risultato della biopsia.
Mi rispose un medico che andò a scartabellare
e mi rispose: “Tutto a posto, solo un po’ d’infiammazione!”
Ero così frastornata che non riuscivo
nemmeno a provare sollievo, né a prendermela con i medici che si erano
dimenticati di farmi sapere che non ero malata!
Però, nella situazione critica, tutte
le persone che sapevano, per non parlare dei miei colleghi, che divisero con me
ogni minuto di preoccupazione e tutti gli eventi, furono così affettuosi,
premurosi, preoccupati per me, che mi fecero sentire molto amata e circondata
da una totale aura di condivisione e preghiera. Ancora oggi non posso fare a
meno di sentirmi grata.
Ora capirete perché, ogni volta senta
nominare le parole “amianto, asbesto, mesotelioma” un brivido mi corra lungo la
schiena e mi senta particolarmente vicina a chi abbia contratto questa
terribile e silente malattia. Penso ai lavoratori dell’Eternit di Casale
Monferrato, qui in Piemonte e a Franco di Mare e alla sua famiglia. Anche lui è
morto a causa del suo lavoro e questo non dovrebbe succedere mai.
L’uomo ha compiuto grandi scoperte e
fatto grandi progressi, ma l’invenzione dell’amianto fu purtroppo un terribile
errore di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Anche i medici sbagliano, qualche
volta. Nel mio caso, per troppo zelo, ma è meglio così piuttosto che per
superficialità. Nonostante una paura terribile e momenti di angoscia che non
potrò mai più dimenticare, sono contenta di essere ancora qui a raccontarli.
Oggi vi racconterò un fatto che mi è accaduto la settimana scorsa.
Ero sola in casa, perché
mio marito era andato ad una settimana bianca sulle Dolomiti.
Insomma, a dire il vero
non ero completamente sola, perché avevo accanto il mio fido volpino Terry. Lui
è molto bravo a segnalare qualsiasi movimento o presenza sospetta. Abbaia a
tutto spiano, ma poi fa le feste a tutti. Non si stacca mai da noi e, fin da
piccolissimo, l’abbiamo fatto dormire in una cuccia accanto al nostro letto.
Ah! Avevamo pure provato a lasciarlo in cucina, ma lui, pur essendo
piccolissimo, si era messo ad abbaiare così forte da svegliare tutto il
vicinato. Mio marito era andato a prenderlo, l’aveva portato, cuccia compresa,
nella nostra camera, e lì era rimasto.
Quella notte stavo appunto dormendo e sognavo…
Supplicavo Terry: “No,
no! Lascialo stare!” Poi l'ho convinto, non so come, a seguirmi in camera di
mio figlio e l’ho chiuso dentro. Così ho aperto al gatto (un bel micio grigio)
e l'ho accompagnato sulle scale fino alla porta. Quando gli ho aperto, mi ha
guardato e lanciato un “miao!”, come se avesse voluto ringraziarmi, poi è
fuggito nella notte. Erano le due e mezza.
Adesso, quando vado a
dormire, faccio prima un giro di perlustrazione in tutte le stanze per
controllare che non si nasconda qualche ospite!
Come molti di voi sanno, io ho un cagnolino di razza volpina che si chiama Terry e che ha undici anni. Lo portammo a casa all’età di due mesi e, subito, seppe farsi valere, senza mai piangere, ma abbaiando a gran voce per farsi prendere in considerazione. La cosa bella è che, se tanto abbaia quando è a casa, per segnalare qualsiasi movimento nelle prossimità del cancello (soprattutto quando arriva il postino! Sembra diventare matto!), quando è fuori casa ammutolisce di colpo e nessuno gli sente più la voce. Si guarda intorno con grande interesse, si avvicina a tutti i cani che incontra per conoscerli, si fa coccolare da tutti, ma dalla sua bocca non esce nemmeno un bau. Persino ai gatti, che fa correre come matti ogni volta si presentino nel nostro cortile, quando siamo in giro non dice nulla. È persino arrivato a “baciarne” uno, muso contro muso!
Per i primi due anni di vita non
venne mai lasciato solo. C’era mia madre, malata di Alzheimer e da sorvegliare
ventiquattro ore al giorno, pertanto, chi si occupava di lei teneva anche
compagnia a Terry. Tutto cambiò con il decesso di mia madre. Non era più
necessaria una badante e non si poteva pensare di portarlo sempre con noi. La
prima volta fu proprio per la messa di trigesima di mamma. Come lasciarlo a
casa da solo? Non gli era mai successo prima e sapevo di cagnolini che
mettevano a soqquadro la casa se lasciati soli.
Mi venne in mente che lui era
molto interessato a guardare fuori, qualora avesse sentito un rumore, e avrebbe
tentato di aprirsi la porta, graffiandola. Si poteva però fare in modo di
fargli raggiungere la finestra, in modo che potesse avere il controllo a
piacimento sul cortile e sulla strada. Davanti alla finestra avevo giusto un
tavolino, che ricoprii con un panno, infine misi una sedia davanti al tavolino
e lo invitai a raggiungere il davanzale della finestra, cosa che fece
prontamente. Poi provammo ad uscire e lui rimase zitto e fermo al suo posto,
come una fiera sentinella. Così siamo andati avanti in questi ultimi nove anni.
Appena sistemiamo la sedia, lui capisce già che deve salire sul davanzale, si
accomoda e ci aspetta, senza combinare alcun tipo di guai.
Sabato scorso, però, mio marito ed io siamo usciti con alcuni amici e al ritorno, appena entrati in cortile con l’auto, è successo un fatto impensabile. La porta si è aperta e Terry, scodinzolando, ne è uscito venendoci incontro.
Mi si è gelato il sangue addosso.
Erano venuti i ladri e avevano, ovviamente, lasciato aperto!
Il mio secondo pensiero è stato
per il cane. Per fortuna non gli avevano fatto del male!
Il terzo pensiero è andato a cosa
fare. Entrare, con il rischio di incontrare i ladri? Chissà che disastro
avremmo trovato!
Veramente non sapevamo quali
pesci pigliare. Abbiamo aspettato un po’, fatto le feste a Terry, sperando che i
ladri se ne andassero… Poi siamo entrati alla chetichella, un passo alla volta,
guardinghi…Niente! Tutto era al suo posto, nulla era stato toccato. Non abbiamo
potuto pensare ad altro che, uscendo, ci fossimo dimenticati di chiudere la
porta di casa. Sarà stato il caldo a darci alla testa? Un principio di
Alzheimer?
In ogni caso, tutto è bene quel
che finisce bene, anche se ho sempre davanti l’immagine della porta che si apre
da sola con Terry che ne esce scodinzolando. E adesso, ogni volta, controlliamo
entrambi di aver chiuso la porta a chiave!
Ammetto di essermela presa un po’
comoda ultimamente, un po’ perché l’estate così calda non invitava a stare in
casa la sera davanti al pc (di giorno sono sempre indaffarata ed è difficile
che scriva, al massimo leggo!), un po’ perché ero a corto di ispirazioni. Dopo
la mia vacanza al mare mi è anche successo un piccolo guaio.
Dovete sapere che il mio cagnolino,
nonostante l’età non più verde, sia ancora un giocherellone. Capita che mi
tocchi il braccio con la sua zampetta per attirare la mia attenzione, oppure
che, mentre mi vede seduta, mi dia dei colpetti sui piedi cercando di togliermi
le scarpe. Fatto sta che un giorno, nell’intento di sfilarmi una ciabatta, mi
abbia dato un colpo sulla caviglia. Non mi aveva procurato alcuna ferita, né un
graffio, ma magari la sua unghietta non troppo igienizzata mi aveva punta più
in profondità del solito…fatto sta che, il mattino dopo, mi ero svegliata con
un piede gonfio e dolorante, da non riuscire assolutamente a camminare.
Mi ero trascinata dal medico,
zampettando su un piede solo, dove mi era stata diagnosticata una brutta infezione.
Dopo una cura con antibiotici il collo del piede era sgonfiato, ma la parte
posteriore no, ed io non potevo fare altro che zoppicare. Gli amici, quando erano
venuti a conoscenza della mia situazione, avevano cominciato ad invitarmi a
cena, sostenendo che, visto che non riuscivo a camminare, potevo almeno
mangiare. Ah! erano stati veramente gentili! Mi avevano offerto pure sgabelli e
cuscini per farmi stare più comoda e favorire la circolazione.
Intanto io proseguivo con svariate cure,
ma la situazione non cambiava. Ad un certo punto, non potendone più, avevo cominciato
ad uscire per piccole passeggiate ma, ad ogni passo incontravo qualche
conoscente che, vedendomi zoppicare, si informava sulla situazione e, ogni
volta, dovevo ricominciare a raccontare la storia dall’inizio. Tutti avevano da
dire la loro. C’era chi sosteneva che fosse impossibile che tutto dipendesse
dalla zampata del cane, chi supponeva potessi avere problemi cardiaci, chi prospettava
la puntura di un ragno velenoso, chi mi suggeriva un fisioterapista ( ma non
avevo subito alcun trauma da caduta o distorsione!), chi proponeva massaggi con
l’arnica che si usa per i cavalli, chi semplicemente esclamava: “Fai qualcosa!
Non puoi andare avanti così! “ Insomma, la
faccenda stava diventando anche imbarazzante, per non dire che anch’io non ne
potessi più di sentirmi “diversamente abile”. Ah! come invidiavo tutti coloro
che mi passavano accanto a passo svelto! Come avrei voluto riavere il mio passo
veloce e deciso!
Ero tornata per la terza volta dal
medico palesandogli tutta la mia preoccupazione. Erano ormai quaranta giorni che
zoppicavo e cominciavo veramente a disperare di poter tornare a camminare come
prima. Come se non bastasse, visto che non potevo più andare da nessuna parte, anche
mio marito si sentiva moralmente costretto
a stare a casa con me ( uniti nella
buona e nella cattiva sorte, come si suol dire!), ma cominciava a mordere il
freno, perché gli sarebbe piaciuto fare ancora qualche gita fuori porta. “Finirà
col chiedere il divorzio!” mi ero lamentata con il medico. Egli mi aveva
dimostrato tutto il suo interesse e la sua comprensione ed era passato all’ennesima
terapia.
Da due giorni non zoppico più, la
caviglia è meno gonfia e ho ricominciato ad uscire per qualche passeggiata. Se
cammino per troppo tempo sento ancora un po’ di dolore, ma riesco a
sopportarlo. Forse siamo sulla strada giusta, ma non voglio ancora dirlo troppo
forte. Mi rendo sempre più conto di quale bene prezioso sia la salute. Quando c’è
la salute, qualsiasi altro problema diventa più leggero e sopportabile.
Questo è quanto è successo dopo il
mio ultimo post. Spero che voi stiate bene ed abbiate trascorso una buona
estate.
A presto!
Oggi è il giorno del “pesce d’aprile”.
Mi fa venire in mente un ricordo
divertente del mio passato…
Un po’ di anni fa, appena affacciata
alla soglia del mondo informatico e con maggiore entusiasmo rispetto ad oggi,
avevo l’abitudine di mandare mail ai miei amici con tante gif simpatiche
e colorate, comprese quelle con il pesce d’aprile.
Successe che, una volta, una mia
collega riuscisse a precedermi mandandomi un pesciolone gif, di notevoli
dimensioni, che sguazzava felice ed ammiccante nella sua acqua virtuale.
“ Ma guarda!”_ Avevo pensato_“Quest’anno
non dovrò nemmeno fare la fatica di cercare un pesce per i miei amici, mi
basterà inoltrare questo!”
Di fatto, gli avevo appena dato una
distratta occhiata e non mi era nemmeno sembrato un bel pesce, ma “ A
caval donato non si guarda in bocca” e l’avevo rispedito velocemente a tutti i
miei amici e colleghi, sia maschi che femmine.
Dopo pochi minuti avevo ricevuto
una mail di risposta da un amico virtuale che mi scriveva così:
“Wow! Non avrei mai immaginato che
fossi capace di tanto! Sei proprio una sorpresa, ogni giorno che passa!”
“Capace di tanto? Una persona
sorprendente? E tutto per un pesce finto, nemmeno troppo bello?”
La cosa però cominciava a sembrarmi
strana e così ero tornata a rivedere il pesciolone. Ad un esame più attento,
quel che mi era sembrato una delle tante pinne era invece un “pisellone umano”
nel pieno del suo vigore, che si dimenava insieme al pesce.
“Oh santo cielo, cosa avevo fatto! Per
di più l’avevo pure mandato ad un sacco di uomini che, certamente, avrebbero di
gran lunga preferito una bella pesciolina femmina, altro che quel maschietto
voglioso! Cosa avrebbero pensato di una donna che mandava loro un pesce maschio
assatanato?
Che fare, ormai la frittata era fatta.
Avevo cercato di rimediare rispedendo a tutto il gruppo una nuova mail in cui
spiegavo di aver ricevuto il pesce senza averlo osservato bene e senza rendermi
conto che si trattasse di un pesce “riservato alle signore”.
I colleghi maschi si erano fatti un
sacco di risate e mi avevano presa in giro per tre mesi. Le colleghe donne,
invece, non erano riuscite a capire il motivo della mia seconda mail perché non
avevano notato nulla di strano nel pesce, tanto che avevo dovuto scrivere loro,
una terza volta, “indicando precisamente quello che non avevano visto”.
Insomma, quell’anno il pesce d’aprile fu proprio “ un autogoal". CHE FIGURAl!”
( però...anche le mie
colleghe...insomma, non ero l'unica distratta! )
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Aspettando Madonna |
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Il pubblico in attesa |
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Arrivo in gabbia di Madonna |
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Ingresso spettacolare in scena |
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Colline liguri, immagine presa dal web |