giovedì 30 luglio 2020

Vacanze a Chianale

Recentemente, mio marito, il cagnolino ed io, abbiamo effettuato una bella gita fuori porta, aiutati da una giornata splendida di sole. 

Il Comune di Pontechianale è il più alto della Val Varaita, in provincia di Cuneo, e il suo territorio confina con quello francese.

Dal 1942, nel suo territorio sorge una diga con la formazione di un lago che indirizza l’acqua accumulata a valle verso le centrali idroelettriche di Casteldelfino, Sampeyre e Frassino, per produrre energia elettrica.

L’ultimo villaggio della valle è Chianale, che è uno degli undici comuni piemontesi a vantare la prestigiosa menzione di borgo fra i più belli d’Italia.

Più in alto, a 2744 m. si raggiunge il Collo dell’Agnello, un valico alpino che collega l'Italia alla Francia. Inaugurato nel 1973, è il secondo valico automobilistico più alto d'Italia e il terzo d'Europa (preceduto solo dal colle dell'Iseran e dal Passo dello Stelvio), meta di transito di svariate tappe del Giro d'Italia e del Tour de France e appuntamento consueto di astrofili, dato il suo cielo buio, incontaminato e accessibile con vetture normali. 

Eravamo già stati a Pontechianale, ma mai a Chianale, e non immaginavamo che fosse così bello come ci è apparso. C’erano degli angolini veramente stupendi e siamo stati a pranzo in quella che era un’antica stalla del 1600, piena di oggetti antichi. 

Successivamente, vista la giornata stupenda, siamo saliti fino al Colle dell’Agnello, che si trova proprio al confine con la Francia. Fino ad uno spiazzo si è in Italia, scendendo dalla strada opposta si è in Francia. 

Il nostro cagnolino è stato bravissimo e non ha neanche sofferto le curve!

A volte non è necessario andare lontano per scoprire posti meravigliosi!





martedì 14 luglio 2020

Gazze crudeli

Vi avevo raccontato, tempo fa, la storia dei merli che vivevano nel nostro giardino.
Avevano nidificato nel pino e passeggiavano tutto il giorno nel prato, senza dimenticarsi di fare un bagno quotidiano nelle ciotole del nostro cane. Avevano un figliolo, che ancora volava poco e che stava nascosto nel pino, uscendo ogni tanto a curiosare. Poi aveva cominciato a volare sempre più in alto ed infine se n’era andato. I merli avrebbero voluto nidificare di nuovo, ma erano arrivate le gazze. Una si era intrufolata nel pino e loro avevano capito che, ormai, quello non era più un posto sicuro. Si erano spostati in una siepe poco lontano e, per molto tempo, ho continuato a vedere il maschietto sui tetti delle case circostanti intento a gorgheggiare le sue splendide melodie. Qualche giorno fa, a sorpresa, sono riapparsi entrambi e sono tornati a farsi un bel bagno. Li riconoscerei tra mille, perché la femmina ha una piuma bianca sulla coda e un’altra su un’ala e non credo esista un’altra merla così. Si direbbe proprio che volessero salutarci, perché, da quel giorno, sono letteralmente scomparsi e non ho più sentito il loro canto.
A noi sono rimaste le gazze, che hanno nidificato sulla magnolia. Uccelli antipatici, prepotenti, con una voce gracchiante e sgradevole, ma non si può comandare alle libere creature dell’aria e impedire loro di costruire il nido dove vogliono. Tutto è andato bene finché, circa quindici giorni fa, un piccolo è caduto dal nido. Apriva il becco per chiedere il cibo, non stava in piedi. Ho pensato di metterlo in un sottovaso, in modo che potesse appoggiarsi senza cadere, e di sistemarlo sull'albero, sperando che la madre lo nutrisse lo stesso. Invece no. L’ho ritrovato morto, con il capino ciondoloni dal sottovaso e le mosche che gli giravano intorno. Un’immagine tristissima, che mi ha molto addolorata. Ieri eccone un altro. Molto più grande del primo, con tutte le sue penne bianche e nere, saltellava. La madre lo chiamava dall'alto, come se lui, che appena camminava, fosse in grado di raggiungerla. Questa volta non l’ho toccato, avendo letto che la madre potrebbe ripudiarlo sentendogli addosso odore umano. Ho sperato che stavolta la madre lo nutrisse, invece no, di nuovo, stamattina l’ho trovato morto nel prato.
Ma poco dopo eccone un altro, ancora più grosso, che saltellava e svolazzava nel prato. Questo riusciva a volare fino ad un’altezza di cinquanta centimetri e correva dappertutto, chiamando i genitori. La madre gracchiava sulla cima dell’albero più alto invitandolo a raggiungerla e lui, poverino, correva, saltellava, compiva piccoli voli. Ce la metteva veramente tutta! Ora dico: perché la gazza è salita sull'albero più alto e più lontano per chiamare il suo piccolo? Non poteva stargli più vicino e chiamarlo da un’altezza ragionevole? Perché fargli fare tutta quella fatica e poi lasciarlo digiuno? Immagino la sua disperazione nel vedere la madre così irraggiungibile. Alla fine è andato a nascondersi nel pino e non lo abbiamo più visto. Domani mattina dovrò seppellire anche lui?
Mi si dice che questa è la selezione naturale della specie, che solo i più forti sopravvivono e che le madri si liberano dei figli più deboli. Io però ho sempre visto quei poveri pulcini ben pasciuti e in forze. Ovviamente, senza mangiare e bere, si sono poi indeboliti fino alla morte.
Mi si dice che le gazze siano degli uccelli antipatici, prepotenti, cattivi. Il comportamento crudele di quella madre lo conferma. Però i cuccioli sono sempre cuccioli. Sono indifesi e fanno tenerezza. Io, come essere umano, mi comporterei esattamente al contrario, cercando di difendere e proteggere proprio chi è più debole e bisognoso di cure. E poi, la morte di un cucciolo mi stringe sempre il cuore, perché alla morte non c’è rimedio ed è la fine di tutto ancora prima che la vera vita, fatta di esperienze, gioie e dolori, sia iniziata. Tutti abbiamo il diritto di vivere, anche le piccole e antipatiche gazze.

venerdì 3 luglio 2020

Visita al lago d'Orta

Attracco all'Isola di San Giulio.
Giovedì di mio marito, il cagnolino ed io abbiamo fatto una gita che ci ha portati al Lago d’Orta.
Esso è quello più ad occidente fra i laghi prealpini del Nord-Italia ed è situato interamente in Piemonte.
Da Omegna abbiamo seguito le sponde del lago fino a quando sono apparse ville neoclassiche con giardini pieni di camelie e azalee, la cui vista ci ha accompagnati fino ad Orta San Giulio.
Dalla piazza centrale, chiamata Piazza Motta, ogni quarto d’ora, partono pittoreschi motoscafi pubblici che, in cinque minuti, conducono all’Isola di San Giulio.
Quest’ultima, detta anche “l’isola del silenzio” è un luogo pieno di pace, con piccole vie strette e molto ombreggiate, dove non si sente affatto il caldo.
Giovedì, forse perché era un giorno feriale, non c’era molta gente e si stava proprio bene.
Come sempre, possiamo dire che il mondo sia veramente piccolo perché le prime persone incontrate sull’isola sono state una coppia di nostri concittadini ( lei pure insegnante!). Il nostro Terry, poi, ha conquistato una signora che gli si è prodigata in complimenti e carezze mentre noi scattavamo le foto. Abbiamo quindi fatto conoscenza e conversato un bel po’ scoprendo che è un’insegnante palermitana in pensione innamorata del Piemonte. ( ovunque andiamo, manco a farlo apposta, le nuove conoscenze finiscono sempre per riguardare insegnanti. Deve esserci una sorta di empatia che ci fa avvicinare istintivamente a questa categoria di persone, come se, tra insegnanti, ci si riconoscesse “a pelle”).
Abbiamo anche gustato un ottimo pranzetto in un ristorante in riva al lago e il nostro Terry è stato veramente bravissimo. Non un “bau” è mai uscito dalla sua bocca e sempre ci ha aspettati immobile, anche senza tenerlo al guinzaglio, schiacciando un pisolino tra una foto e l’altra.
Ora non ci restano che un meritato riposo e tante belle fotografie.
Scorcio all'isola di San Giulio

Piazza Motta - Orta

Giardini di villa Bossi, ora sede del Municipio.

Scorcio -Orta San Giulio
Palazzo Bossi

Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta - Orta san Giulio
Vicoletto all'isola di San Giulio
Marito e cagnolino