sabato 27 febbraio 2016

KAT E LA MACCHINA DEL TEMPO

Ieri è stata una giornata un po’ particolare, un po’ triste e un po’ emozionante. Sono stata, infatti, a due cerimonie funebri, una dietro l’altra, nella stessa chiesa.

Non è tanto di questo che vi voglio parlare, non desidero sicuramente trattare con voi argomenti dolorosi,  ma piuttosto di come mi sia sentita, nell’arco di due ore, catapultata dal presente al passato, quasi come avessi vissuto in uno di quei film che raccontano storie sulla macchina del tempo.

Immagine presa dal web

Dovete sapere che io insegno nella stessa scuola da più di trent’anni. Vi ero tornata poco più che ventenne, come insegnante, pochi anni dopo avervi frequentato le medie e, in questo momento, sono quella che, pur non essendo la più vecchia come età, ho la più lunga anzianità di servizio. Molti allievi sono diventati docenti a loro volta e, tre di loro, insegnano pure nella mia scuola, così come era successo a me, agli inizi della carriera,  trovandomi collega con i miei stessi insegnanti.  

A quei tempi ero stata accolta molto bene dai colleghi anziani. Mi avevano raccontato che, quando era successo a loro, erano stati trattati in modo molto freddo dai loro ex docenti, che non si erano abbassati a dar loro amicizia, pretendendo il lei e non rivolgendo loro quasi la parola. Avevano sofferto di questa situazione e si erano ripromessi di non comportarsi allo stesso modo con i loro ex allievi. Così avevano fatto, facendomi sentire a mio agio e persino protetta, aiutata dai loro saggi consigli.
Avevamo condiviso momenti difficili per risolvere casi particolari, ma anche cene, pranzi, scampagnate. Poi, essendo già anziani, erano andati tutti in pensione e per me era iniziata una nuova vita, con colleghi della mia età, poi sempre più giovani.

Ieri ci siamo appunto stretti tutti intorno a due colleghe, una di loro mia ex alunna, che avevano perso il padre. Eravamo tutti lì, le solite facce che vedo ogni giorno, una squadra affiatata unita dall’amicizia, dallo spirito di condivisione, dalla tenerezza che sempre ci accomunano in questi momenti.

Partito il carro funebre, nel giro di pochi minuti è arrivato il secondo, che accompagnava uno di quei colleghi del mio passato, Tomaso, il prof. di tecnica che mi trattava come un padre, che amava scherzare, che portava sempre il suo famoso vino “Brachetto” alle nostre cene e che cercava in ogni modo di aiutare gli alunni in difficoltà.  In un attimo mi sono trovata catapultata negli anni ottanta, con gli stessi colleghi di allora, come se la macchina del tempo mi avesse riportata ai vent’anni e il tempo si fosse fermato.

C’era Anna, la neo vedova di Tomaso, mia ex collega ed insegnante.  Novantenne, molto dimagrita, con i capelli completamente bianchi, era sulla sedia a rotelle. Io ero con Renata, la prof di matematica da poco nonna e Luciana, novantuno anni perfettamente portati, che cammina ancora dritta sulle sue gambe e  ragiona con la mente lucida come allora. Poco distante c’era anche Giuliana, la più giovane del gruppo, con i suoi settant’anni. ;)

Eravamo intimidite, non sapevamo se avvicinarci o no, ma la tentazione era forte e siamo arrivate davanti ad Anna. Appena ha iniziato a parlare, con la stessa voce, la stessa vivacità, lo stesso sguardo birichino, la memoria di ferro, ho ritrovato la mia insegnante e collega;  era proprio lei, non era cambiata affatto, persino nel suo solito gesto di prendermi le guance tra due dita e tirarle più volte! Non vedevo più il viso scavato, la sedia a rotelle, i capelli bianchi, ma la Anna di allora, proprio lì davanti a me, perché ciò che fa di noi una persona rispettata e amata non è l’aspetto fisico, ma lo spirito, la vivacità intellettuale, la memoria, il modo di porsi e di comunicare.


Ciao Anna,  mia dolce insegnante di “applicazioni tecniche” ed ex collega e amica, sono stata proprio felice di rivederti e spero che tu possa vivere ancora a lungo e in serenità. 

Ciao Tomaso, collega del tempo che fu. Non ti ho più visto da tanti anni e ti immagino com’eri un tempo, sempre di buon umore, a fare scherzetti e a bere il Brachetto con gli angeli

lunedì 22 febbraio 2016

Gli strani sogni della Kat

Sempre mi stupisco per la fervente fantasia che si manifesta quando dormo.


Questa notte sono riuscita a tornare in una casa che non esiste più, in quanto è stata demolita e ricostruita in tutt’altro modo, e a rivedere alcuni dei suoi abitanti, che sono scomparsi rispettivamente trenta, quindici e tre anni fa. Una bella botta di ricordi!

Si tratta dei miei ex vicini di casa, una donna e i suoi due fratelli, di cui uno cieco. Nel sogno la donna chiedeva il mio aiuto per verniciare la ringhiera del balcone ed io desideravo accontentarla. Uno dei fratelli non era d’accordo con gli altri e si era messo a letto a guardare la televisione. Mi aveva salutata a malapena. La camera era piena di mazzi di fiori e, addirittura, c’erano alcuni vasi di rose. Ero veramente stupita nel vedere la sua stanza così addobbata. Non  avrei mai immaginato che quell’uomo tutto d’un pezzo, piuttosto rude,  amasse circondarsi di fiori!

 Nel frattempo, gli altri due avevano cominciato 
a dipingere ed io mi chiedevo come potesse riuscire nell’intento il fratello cieco. D’altra parte, era sempre stato così abituato ad aggirarsi per casa con sicurezza, senza far capire a nessuno che non ci vedeva, che avrei dovuto aspettarmelo!

Intanto io ero stata mandata al pianterreno a cercare dei guanti per non sporcarmi le mani.  Tutti quelli che  trovavo erano però già usati e non riuscivo nemmeno ad infilarli. Mi sentivo colpevole … Ero lì a gingillarmi e a misurare un guanto dopo l’altro senza produrre nulla, mentre gli altri due erano già all’opera da un po’. Il senso di colpa deve avermi riportata alla realtà, o forse è stata la sveglia…

Casa rimessa in piedi e tre morti che parlano! Non so proprio come sia riuscita a mettere insieme questa storia. Di sicuro i miei pensieri da tempo non si rivolgevano a queste persone, né alla loro casa e tantomeno alle piante di rose in camera da letto!
 Eppure non sono una che alla sera mangia pesante….


mercoledì 10 febbraio 2016

E' proprio così facile pagare il canone TV?

In questi giorni, in tv, non si parla d'altro che del canone RAI e della sua nuova forma di pagamento sulla bolletta della luce. Si dà il caso che, per quanto riguarda la mia famiglia, i nominativi dell'abbonamento RAI e quello della bolletta elettrica non siano gli stessi. Non vorrei mai che, tra qualche anno, mi arrivassero richieste di arretrati non pagati, visto che il titolare del canone non avrà più adempiuto al dovere con il suo nome.
Guardo le FAQ, sperando di trovare una soluzione, ma nessuna sembra rispondere al mio quesito.

Scrivo quindi una mail alla RAI spiegando l'inghippo e chiedendo una soluzione. Mi arriva subito una ricevuta automatica, ma di risposte neanche a parlarne.

Visto che, ogni giorno, si parla di un numero verde al quale rivolgersi per qualsiasi problema, telefono.

Una voce mi risponde chiedendomi se voglia parlare in italiano o in tedesco,invitandomi poi a cliccare sul tasto uno per la prima soluzione e sul tasto due per la seconda.
Clicco sul tasto uno e inizia la solfa: “ Quest'anno sarà molto più facile pagare il canone RAI perché verrà addebitato sulla bolletta ecc…”. In un secondo tempo mi viene detto che, se vorrò parlare con un operatore, dovrò attendere in linea.

Attendo. Inizia qui a suonare una musichetta: “Stay By My Side” cantata da Stephane Huguenin. Dove sia stata scovata questa canzone degli anni cinquanta non è dato saperlo. Sul web non sono nemmeno riuscita a trovarne il testo, tantomeno informazioni sulla cantante.  E' risaputo che un normale telefono cordless non sia sicuramente un mezzo adeguato per ascoltare musica. Non vi dico l'effetto di quelle che appaiono grida della cantante nelle mie povere orecchie. Mi sembra di sentire un gatto miagolante quando ha il mal di pancia. Urla strazianti e parole sempre uguali, perché la canzone è stata tagliata e ripete continuamente lo stesso ritornello.




Torna la voce dell'operatrice, che mi rispiega tutte le modalità per pagare il canone attraverso la bolletta, infine: “Gli operatori sono tutti occupati, attendere in linea o richiamare più tardi”.

Immediatamente riparte la musichetta slow anni cinquanta, e vai con le urla del gatto col mal di pancia. Resisto stoicamente, allontanando la cornetta quando arrivano gli acuti.

Tutta la trafila ricomincia, una, due, tre, quattro volte...Alla quinta, le urla del gatto miagolante mi hanno quasi perforato un timpano. Cedo e riattacco. Riprovo altre volte, in giornata e nei giorni successivi. Niente da fare, gli operatori sono sempre terribilmente impegnati.



La terza soluzione parrebbe quella di lasciare un messaggio e farsi richiamare dagli operatori, ma sono sicura che la chiamata avverrebbe proprio quando non siamo in casa. Già succede così con amici e parenti. Riescono sempre a chiamarci quando non ci siamo.

Beh, prima di luglio avrò tempo a riprovare. Magari non otterrò risposta, ma avrò imparato a memoria “Stay by my side”...