Si
parla tanto di crisi, di lavoro, d'immigrazione...
Ogni
giorno, in tv, si vedono dibattiti sull'argomento, ogni giorno si leggono
questioni simili sui giornali.
Gli
Italiani sostengono che gli immigrati portino loro via il lavoro. Gli
imprenditori ribattono che si tratti, per lo più, di lavori che gli Italiani
rifiutano, meno male che ci siano persone disposte a farli. Si scopre poi, che
molti di questi lavori sono in nero e decisamente sottopagati. Si parla
addirittura di un euro l'ora. Un mese di lavoro, a dieci ore al giorno, pagato
con uno stipendio di trecento euro.
Stipendi da fame, pagati da persone che approfittano della fame dei loro simili. Pare che l'indennità di disoccupazione ammonti a circa ottocento euro al mese. C'è da stupirsi se gli Italiani rinunciano ad uno stipendio di trecento euro mensili, al costo di un duro lavoro per dieci ore al giorno, per approfittare di ottocento euro, pagati per stare a casa a far niente?
C'è
anche da dire che, molti di questi immigrati, vivono in baracche fatiscenti, condivise
con dieci o più connazionali, senza pagare tasse,mutui e similari. Trecento
euro possono sembrare tanti, ma come può un padre di famiglia italiano, con
l'affitto o il mutuo da pagare,pensare di sopravvivere con questa cifra ogni
mese?
Insomma,
qui c'è qualcosa che non va e non si tratta di Italiani o di immigrati,
l'eterna guerra tra poveri, ma il problema sta a monte. Se tutti i lavori
venissero pagati in modo equo, permettendo alle persone di vivere dignitosamente,
non ci sarebbe più chi fa "lo schizzinoso" , ma tanti lavoratori, di
ogni razza, che collaborano insieme per mandare avanti questo Paese.
Poi
ci sono i giovani. Vedo i miei ragazzini di prima media. Molti di loro sono
impauriti dalla severità di certi professori, faticano ad organizzarsi con
tante materie nuove, studiano tutto il giorno e sono afflitti da strani mal di
pancia. Diciamo loro che tutti questi sforzi siano necessari, che devono
imparare ad adattarsi alla fatica, che la severità degli insegnanti è utile per
non abbandonarsi alla pigrizia, che tanti anni di studio permetteranno loro di
avere un futuro migliore. I professori
spingono, le mamme, da casa, non danno loro tregua, ed essi studiano, studiano,
con il miraggio di una brillante carriera... Le medie, il liceo, l'università,
le nottate sui libri, lo stress da esami... finalmente arriva l'agognata laurea.
A questo punto, si dice loro che lo studio è stato importante per la cultura
personale, ma il mondo del lavoro è un'altra cosa. Non dovranno fare "i
bamboccioni", ma sapersi adattare a qualsiasi lavoro, piegare la schiena, chinare
la testa e accettare quei famosi lavori manuali che non vuole nessuno, "a trecento euro al mese".
Ma allora... perché mentire, perché promettere loro un futuro migliore, perché obbligarli a proseguire gli studi e non permettere che a sedici anni, coloro che lo vogliono, vadano a lavorare? Almeno, rispetto ai ventidue anni in cui, se andrà bene, conseguiranno la prima laurea, saranno già stati occupati sei anni e avranno messo da parte un gruzzoletto. Vivendo con mamma e papà, senza il problema di mutui, affitti e mantenimento, quei trecento euro saranno stati un guadagno netto.
Poi
ci sono i famosi negozi dei cinesi, come i parrucchieri e i sarti, e i capi
"taroccati" dei venditori abusivi. Costano poco e tanti ne approfittano,
mentre i negozi dei nostri connazionali, costretti a tenere i prezzi più alti a
causa delle tasse ( che pagano regolarmente) continuano a chiudere. Anche in questo caso, se ci fosse una
regolamentazione dei prezzi, perlomeno per i negozi regolari, forse
lavorerebbero tutti in eguale misura.
Insomma,
qualcosa dovrà cambiare, o andremo veramente a rotoli e, magari, a questo
cambiamento, almeno un po', potremmo contribuire anche noi...