mercoledì 31 maggio 2023

Un tuffo nei ricordi...

 Oggi era un bel pomeriggio di sole, che mi ha invogliata ad inforcare la bicicletta per fare una bella pedalata in periferia. Come spesso succede, sono passata davanti al poligono di tiro, nel cui cortile si trova la casetta che mi ha vista nascere. In quel luogo ho trascorso gli anni più belli della mia infanzia, in cui tutto era amore, amicizia, bellezza, musica e felicità.

 Un uomo mi ha vista ferma davanti al cancello e mi ha aperto, così ho potuto ripercorrere il viale alberato che porta al poligono e rivedere da vicino quel luogo a me caro. Ho persino ritrovato un amico d’infanzia di mio cugino e, insieme, abbiamo ricordato i tanti momenti belli vissuti in quel posto. In sottofondo si sentivano gli spari dei tiratori, un suono a me noto fin da bambina. E’ proprio vero che, gira e rigira, le nostre radici ci attraggono sempre!

Avevo già raccontato, anni fa, la storia del tiro a segno e della mia infanzia ad esso collegata. Per chi non l’avesse mai letta, la riporto qui.


Ricordi d'infanzia al tiro a segno


I più bei ricordi della mia infanzia risalgono al primissimo periodo, da quando avevo iniziato a capire e a memorizzare ciò che mi circondava, fino ai cinque-sei anni circa.

E’ incredibile come si siano fissati nella mente quei ricordi così lontani nel tempo!
Essi sono legati ad un luogo particolare, che io amavo moltissimo: il tiro a segno.

Il poligono in fondo al viale alberato

Non si tratta del tiro a segno di un luna park, come qualcuno potrebbe pensare, ma di un poligono di tiro demaniale, in cui i militari di leva si recavano per le esercitazioni durante il periodo di addestramento.
I miei nonni erano stati, fin dai tempi antecedenti alla seconda guerra mondiale, i custodi di quel luogo e le loro quattro figlie e tutti noi nipoti eravamo nati là, nella grande, vecchia casa demaniale.
Mio nonno e le sue quattro figlie
 Il tiro a segno si ergeva solitario in aperta campagna, tra campi di grano e di trifoglio; l’ingresso era costituito da un lunghissimo viale alberato da secolari ippocastani e ricordo che la mamma usava spesso raccontarmi che la mia nascita era avvenuta all’ombra di un ippocastano (differentemente dal tradizionale cavolo!)
C’erano vasti spazi: un grande cortile, la vecchia casa piena di stanze, tra cui una grande cucina, una sala da pranzo stile "trattoria” e una cantina sotterranea buia, profonda e misteriosa. Poi c’era l’edificio del tiro a segno, con lo stemma della Repubblica e la bandiera svettante sulla cima, tante porte che nascondevano uffici, armadi pieni di fucili, luoghi che mi apparivano misteriosi…

Io, a tre anni, nel cortile del tiro a segno.
Ricordo che, aprendo una porta , si accedeva ad una stanza senza soffitto che, al posto del pavimento, aveva un prato verde ricoperto interamente da margherite…nei ripostigli poi, si scoprivano sempre nidiate di gattini e gli oggetti più strani…c’erano persino un monopattino ed una bicicletta-tandem!
Dietro l’edificio si trovava una serie di alti cumuli di terra ricoperti di arbusti, trifoglio, piantine di menta e fiori selvatici, che servivano a fermare le “pallottole vaganti”. Sotto a queste collinette si trovavano le trincee, dove gli uomini preposti a quella attività, alzavano e abbassavano, attraverso una specie di carrucola, i bersagli per i tiratori. Tutto intorno c’erano i campi di grano coltivati dal nonno.

Papà ed io nei campi del tiro a segno
Una volta all’anno scendevano dalle montagne i pastori per portare le greggi a pascolare nei prati circostanti. C’era un’apertura in una siepe ed io potei avvicinarmi a loro. Conobbi una bambina della mia età chiamata Graziella ed insieme trascorremmo giorni a giocare con gli agnellini. Chissà dove sarà adesso!
D’estate, i generi e le figlie venivano ad aiutare il nonno per la trebbiatura e poi si facevano delle grandi feste. Durante il lavoro, la nonna mi teneva compagnia all’ombra delle grandi e odorose colline sovrastanti le trincee e mi raccontava molte storie. 
Nonna Ghitina
 Tutte le domeniche parenti ed amici arrivavano dalla città per la classica merendina…nonna Margherita, detta “ Ghitina” era uno scricciolo di donna, ma abile ed attiva e nonno Toni era un uomo apparentemente burbero, ma dal cuore d’oro. Avevano tantissimi amici e non c’era domenica che non avesse la sua festa. Benché si fosse agli inizi degli anni ’60, la zona era così solitaria che ancora non era stata raggiunta dalla corrente elettrica, perciò la gente ballava alla luce di una grande lampada a gas, e la musica proveniva da un vecchio grammofono a 78 giri. 

Il nostro vecchio grammofono. Lo conservo ancora.
A turno si girava la manovella per dargli la carica (a volte qualcuno girava troppo in fretta e le voci maschili diventavano femminili….) e, ogni due facciate del disco, bisognava cambiare la puntina. C’era un’atmosfera così familiare, gioiosa e calda in quei momenti, mentre le lunghe ombre si proiettavano sui muri e le risate risuonavano nelle stanze!
Poi cominciavo a dare segni di stanchezza e zia Lucia mi accompagnava in un immenso letto, per farmi sprofondare in un morbido cuscino di piume d’oca e per cantarmi la ninna nanna. Ricordo ancora adesso il suono della sua voce e le mie sensazioni di allora: era una voce cantilenante, lamentosa, ma anche rassicurante e piena d’amore e presto mi addormentavo, sognando di danzare alla luce della grande lampada.

Per quel che ricordo, questa somiglia alla lampada dei nonni.
Riconosco, col senno di poi, che la vita non dovesse essere facile per i miei nonni in quel luogo così isolato e privo di comodità, ma per me, bambina piccolissima, era un luogo magico. I nonni si sentirono in seguito effettivamente troppo vecchi per continuare a fare i custodi e lasciarono il posto ad altre persone più giovani, così il mio breve sogno, ben presto naufragò.

Non ho mai dimenticato il tiro a segno: ci sono tornata qualche volta da adulta, con la scusa di far vedere al mio bambino il luogo della mia nascita. Il nuovo custode ci ha permesso di visitarlo e ci ha spiegato tutte le innovazioni apportate nel corso degli anni. Adesso è un circolo privato, un moderno poligono con attrezzature all’avanguardia, settori specializzati e armi sofisticate.


Non mi sembra più così grande e sconfinato, adesso sono cresciuta e i miei orizzonti si sono allargati. Intorno sono state costruite abitazioni, cascine, capannoni e la strada è stata allargata e asfaltata.
Sono rimasti però i campi di grano, il profumo di menta selvatica, le collinette ricoperte da arbusti e fiori di campo, dove un falco costruisce ancora, ogni anno, il suo nido, da cui spicca superbi voli planari.
E sono rimasti i ricordi della famiglia patriarcale, con le sue sensazioni di affetto, di solidarietà e di calore umano.

Non si possono dimenticare le proprie radici!

venerdì 19 maggio 2023

Il giro d'Italia nella mia città.

Ieri nella mia città è partita una nuova tappa del giro d’Italia. Non ricordo bene, ma mi pare di aver sentito dire che siano trascorsi ben ventiquattro anni dalla volta precedente, pertanto, per i braidesi si trattava di un’occasione da non perdere, considerate anche le scuole e la viabilità chiuse. Tutti a piedi o in bicicletta, quindi, per una full immersion nel mondo ciclistico! Per fortuna, anche il tempo si è comportato a dovere e non è piovuto, nonostante grossi nuvoloni neri incombessero in cielo. Pure noi non abbiamo perso l’occasione per uscire in bicicletta e poi gironzolare per la città, incontrare tanti amici e conoscenti e trascorrere una serena mattinata all’aria aperta. Un grosso “In bocca al lupo” ai corridori e…vinca il migliore!