lunedì 30 giugno 2014

Latitanza...



Sono latitante, lo so. É da un po’ di tempo che non riesco più a scrivere sul blog e a visitare i vostri. Perdonatemi. Il fatto è che, dopo sette anni trascorsi, si può dire, agli arresti domiciliari, ora sto cercando di riprendere in mano la mia vita. Gli esami a scuola sono terminati, oggi è il mio primo giorno di vacanza ed è anche il mio compleanno. 

Rifletto sul fatto che, ormai, le tappe più importanti nella mia vita di donna siano già state raggiunte: l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza, il fidanzato, la fine degli studi, il posto fisso di lavoro, il matrimonio, la nascita di un figlio, la maturità. Ora, se andrà bene, potrò solo più aspirare a diventare suocera e nonna, ma su questo aspetto sembra che mio figlio non ci senta, pertanto, cosa posso aspettare ancora dal futuro? Un po’ di salute e serenità, cose non da poco, ma questi compleanni cominciano veramente a diventare sempre meno simpatici. Servirebbe una bacchetta magica per fermare il tempo, ma non esiste. Meglio rassegnarsi e lasciare che il tempo scorra, si spera benevolmente.
Il regalo di mio figlio per il mio compleanno
 Mio padre mi diceva sempre: “Vedrai, quando non ci saremo più noi, quanto lavoro avrai da fare!” In effetti, due appartamenti da tenere puliti e in ordine, tre bagni, due garage, cortile, giardino, sono parecchio impegnativi, senza contare il dover cucinare, lavare, stirare, esaminare tre classi all’esame di Stato … Insomma, non ho avuto un attimo di tregua ultimamente. Però ho anche ripreso ad uscire, soprattutto la sera: passeggiate con il cane, cene con gli amici, spettacoli teatrali e musicali … Prima della morte di mia madre solevo dire, a chi m’incontrava, che mio marito ed io eravamo “separati fuori”, nel senso che potevamo stare insieme solo in casa, mentre  dovevamo uscire uno alla volta, perché non si poteva lasciare sola mia madre. Ora possiamo riscoprire la reciproca compagnia, tornando indietro nel tempo e ritrovando gusti e complicità che sembravano ormai dimenticati.

Sto accettando il fatto che non sarò mai più figlia e che la mia vita prenderà un nuovo corso, ma non posso ancora dominare il mio inconscio e il suo riflesso sui miei sogni. Stanotte, tanto per farvi un esempio, ho sognato di essere in vacanza al mare. Come sempre mi succede ultimamente, che si tratti di mare, città o stazione, ho finito nuovamente per perdermi ed annaspare angosciosamente nell’acqua senza sapere quale direzione prendere per tornare sulla spiaggia. Alla fine, sono riuscita a tornare a casa, ma vi ho trovato un'altra brutta sorpresa. Tutte le prese elettriche erano staccate dal muro e ogni oggetto che, originariamente, si trovava su un ripiano, ora giaceva per terra, in mille pezzi: televisione, stereo, forno a microonde, ferro da stiro, soprammobili … persino i martelletti del pianoforte erano stati strappati e finiti inesorabilmente per terra. In camera da letto c’era mio padre, debolissimo, rannicchiato sotto le coperte, che sussurrava, addolorato: “Non ho potuto fare nulla per fermarla! Non ne avevo la forza!” Mia madre, seduta sul letto, con ai piedi un mucchio di macerie, brandiva trionfante una lampada in mano … Aveva distrutto tutto, spinta dalla sua mente malata e ormai incapace di comprendere qualsiasi cosa.
Io ero annichilita. Pensavo: “Non può essere vero! Mia madre non c’è più, questo deve essere un sogno per forza, devo svegliarmi!” Non mi svegliavo. Allora cercavo di calmare mia madre, di parlarle, ma lei non mi ascoltava. Non le importava nulla di me, non sapeva chi fossi, ne’ cosa volessi ed io non potevo sopportare di nuovo questo dolore, non un'altra volta, ma non mi svegliavo! 

Mi guardavo intorno: un vero disastro. Niente era più recuperabile! 
"Svegliati Kathe, svegliati!" Mi dicevo.

Finalmente ho aperto gli occhi. Ero nel mio letto e tutto era a posto. Che sollievo!

Insomma, in questo momento va così. Spero poter venire presto a trovarvi. Aspettatemi!

giovedì 12 giugno 2014

Gli studenti di oggi...



Le lezioni sono terminate e domani inizieranno gli esami di terza media con la prima prova di Italiano. 


Penso alle classi che se ne andranno, per passare alle superiori, e alle prime e seconde che ritroverò, cresciute, il prossimo anno.

A volte c’è chi mi chiede come siano i ragazzi di oggi, se siano cambiati rispetto ad un tempo, se siano migliori o peggiori. Io rispondo sempre che, in fondo, non ci sia una grande differenza rispetto alle generazioni di una volta: i ragazzi continuano ad essere adolescenti che imparano a crescere assorbendo come una spugna tutto quanto stia loro intorno, buono o cattivo che sia. Hanno sicuramente maggiori stimoli e possibilità comunicative rispetto ad un tempo ( pensiamo ai cellulari e ai social network), ma restano comunque fragili, in balia di problemi familiari spesso più grandi di loro e di una società che chiede continua competizione ed un aspetto esteriore accattivante.

Ogni classe ha qualche sua particolarità che la distingue dalle altre e l’insegnante deve adattare se stesso, le dinamiche relazionali e il suo sapere, di volta in volta, perché nessun ragazzo è uguale ad un altro.
Io alla tastiera con una classe. Foto di repertorio

La mia prima A, per esempio,  doveva essere imparentata con qualche tedesco, tanto era rigorosa. Quando io arrivavo, perennemente in ritardo, perché dovevo attraversare vari corridoi e percorrere diverse rampe di scale, dopo aver lasciato la classe precedente, i ragazzi erano tutti già in piedi e in fila, con i loro flauti e il libro degli spartiti in mano, pronti per andare nell’aula di musica. Mi indicavano l’orologio: “Professoressa, forza, è tardi, dobbiamo andare!” Ci spostavamo  velocemente nell’aula, suonavamo e cantavamo tutta l’ora senza perdere nemmeno un secondo ma, appena suonava il campanello a fine lezione, tutti troncavano il suono di netto, riprendevano il materiale in mano e via, pronti per la lezione successiva!  Una volta, mentre stavo interrogando, mi ero fermata per dare alcune comunicazioni. Ad un certo punto, una ragazzina aveva alzato la mano e mi aveva chiesto, molto preoccupata: “Professoressa, ce la farà ad interrogarci tutti se continua a parlare?” Avevo tagliato corto e ripreso subito le interrogazioni, non potevo mica farmi rimproverare un’altra volta! Poi, l’ultimo giorno di scuola, ero stata male e mi ero assentata. All’insegnante che mi aveva sostituita, una ragazzina aveva chiesto: “Possiamo fare lo stesso lezione di musica?” Lei aveva risposto che l’avrebbe fatto volentieri, ma non era la sua materia. “Non si preoccupi, ci pensiamo noi!” La fanciulla si era messa in cattedra a dirigere mentre i compagni suonavano e alla collega non era rimasto altro che godersi il concerto, più stupita che mai!


La prima D invece era molto maschile, quindici maschi e cinque femmine, e con molteplicità di etnie: marocchini, albanesi, sudamericani, congolesi, piacevolmente miscelati a ragazzi provenienti da varie regioni italiane. Poteva sembrare una difficile convivenza, invece tutti andavano d’accordo e si aiutavano, cercando di fare ciascuno del proprio meglio per ottenere buoni risultati.


La prima E, per contro, era a maggioranza femminile, ma c’era un giovanotto che era un vero Pierino e valeva almeno per dieci maschietti scalmanati. Che stress!


In terza D invece, due mesi fa, eravamo diventati tutti zii, in quanto una ragazzina aveva partorito una bella bambina, accudita, già per tutta la gravidanza, molto amorevolmente dai compagni. Immagino che, durante gli esami di terza media, dovrà uscire dalla classe per allattare e sicuramente questo sarà un avvenimento eccezionale rispetto alle nostre abitudini scolastiche. 


Altre classi avevano preparato uno spettacolo per gli anziani e la seconda A, in particolare, aveva aggiunto una nota di brio suonando una chitarra elettrica, un violino e vari flauti traversi. Grinta ed entusiasmo, durante le prove, si sentivano echeggiare per tutta la scuola.
Maggio 2014. Spettacolo al Cottolengo
 Ci sarebbero tante altre cose da raccontare, ma non voglio dilungarmi troppo. Vi parlerò soltanto di un ragazzino autistico che amava la musica e che riusciva a stare tranquillo e a socializzare soltanto ascoltando i suoni dei compagni. Il suo insegnante di sostegno, scoperta per caso questa  passione passando davanti alla porta dell’aula di musica, aveva cominciato ad inserirlo nelle mie classi, tutte, tanto che i ragazzi ormai lo ritenevano uno di loro e gli facevano persino provare i loro strumenti. Credo che il mio collega, dopo un anno passato in questo modo, abbia imparato a memoria tutti i repertori delle classi, dalla prima alla terza!


Insomma, anche quest’anno è passato e, tutto sommato, in modo piacevole e produttivo. Esami e poi…vacanze!

sabato 7 giugno 2014

RIECCOMI!



Anche stavolta le lezioni scolastiche sono giunte al termine. Dopo tanti anni, però, io non ero presente a raccogliere saluti, abbracci e preoccupazioni per l'esuberanza dei pargoletti vogliosi di fare festa. Purtroppo, infatti, mi è capitato di stare male proprio a scuola, mercoledì mattina, colpita da uno strano virus che mi ha colta all'improvviso, alla fine della lezione con la seconda D. Stavo quasi per svenire e, verde come l'incredibile Hulk, sono provvidenzialmente riuscita a raggiungere una sedia in sala insegnanti piombandoci sopra a peso morto, tra lo sgomento dei colleghi, evitando che succedesse il peggio.  C'era chi voleva farmi allungare sullo sdraio che si usa per gli alunni malati, chi proponeva di farmi distendere addirittura sul divano della presidenza, chi intendeva portarmi la limonata, chi mi offriva i biscotti e la bustina di zucchero per "tirarmi su", chi desiderava condurmi a casa in macchina. Io avevo lo stomaco sottosopra e non ero in grado d'ingurgitare nulla, ma sono riuscita almeno ad arrivare a casa guidando da sola, dove mi sono messa a letto e non mi sono più rialzata per 24 ore, emergendo dal letargo solo per rispondere alle numerosissime chiamate al cellulare delle colleghe (adorabili!) che continuavano a chiedere notizie sulla mia salute. 


E' incredibile questo nuovo virus che colpisce all'improvviso: oltre a tremendi dolori di stomaco e di testa, provoca una spossatezza infinita, tale da non reggersi in piedi. A forza di stare a letto poi, stanotte non avevo più sonno e non riuscivo a dormire. Incredibilmente, mi sono addormentata proprio verso le quattro, quando il cane ci ha chiamati perché voleva andare "in bagno" ( anche lui!) 
Nel tempo in cui mio marito lo ha accompagnato in cortile e riportato al piano di sopra io:

1) ho condotto due bambini a trovare "nonna oca", una donna anziana con  il corpo femminile, il viso da oca e il foulard in testa, scoprendo poi che si trattava di una nonna nient'affatto amorevole.

2) ho guidato una classe in gita scolastica sul lago.

3) ho sentito suonare il campanello di casa.

4) ho udito mio marito chiamarmi dicendo di fare attenzione perché erano entrati i ladri in casa.


Vi sembra possibile sognare tutto questo nel tempo in cui il proprio cane fa pipì? Evidentemente io posso! 


Nel trambusto degli ultimi avvenimenti, non sono ancora riuscita a parlarvi del primo volo dei miei piccoli codirorossi, avvenuto domenica scorsa. I piccini hanno, infatti, lasciato il nido, non senza un bel po' di paura, tanto che hanno faticato parecchio ad abbandonare il garage, svolazzando dalle travi alle macchine parcheggiate, agli attrezzi appesi al muro. Mamma codirosso li ha chiamati per tutto il giorno a gran voce ed io sono riuscita a filmare il suo richiamo, mentre si ode la risposta pigolante dei piccoli. Ne ho anche fotografato uno sulla trave. Terry osserva il tutto impassibile, come se sapesse che si tratta di un avvenimento importante che non va disturbato.

Ecco l'avvenimento immortalato. 



Alla prossima!