Conobbi Gianni una decina di anni fa quando, dopo aver adottato il
nostro cagnolino, mio marito ed io iniziammo a frequentare un parco
cittadino per insegnargli a socializzare. Trovammo un gruppo di
persone già ben affiatato, ciascuno con il proprio pelosetto e,
mentre i nostri animali giocavano ed socializzavano, anche noi
imparammo a conoscere i vari proprietari e ad inserirci nel gruppo.
Ci si vedeva parecchie volte la settimana ed arrivammo anche ad
organizzare incontri al ristorante o in pizzeria. C’era gente di
ogni età, dalla studentessa universitaria al professionista, al
pensionato, alla segretaria...Gianni era disoccupato. Il suo sogno
era quello di diventare un OSS e di lavorare in un ospedale, o al
servizio delle persone. Aveva frequentato un corso e fatto il
tirocinio in una clinica e ci mostrava orgoglioso le sue fotografie
col camice bianco ma, al momento dell’esame, era stato bocciato.
Aveva riprovato una seconda volta ad iscriversi al corso, ma non era
nemmeno stato ammesso a frequentarlo. Si consolava facendo il
dog-sitter, attività che svolgeva in modo encomiabile. Amava molto i
cani, soprattutto la sua cagnolina Betty. La sua compagna lo ospitava
e lo manteneva, aspettando tempi migliori.
Negli
anni seguenti gli amici del parco si diedero da fare per
raccomandarlo e farlo assumere in diverse ditte, ma lui,
invariabilmente, combinava qualche guaio o, addirittura, si
dimenticava di presentarsi, e venne ogni volta licenziato. La sua
compagna, a quel punto, circa due anni fa, dovette rendersi conto che
Gianni non avrebbe mai lavorato e che avrebbe dovuto mantenerlo a
vita. Lei, che lavorava giorno e notte senza mai concedersi un attimo
di riposo, credo fosse arrivata ad un punto di saturazione tale da
non poter sopportare oltre. Non poteva andare avanti all’infinito a
sobbarcarsi le spese per il compagno, con i suoi vizi per Bacco e
Tabacco, e la cagnetta, così lo cacciò di casa insieme a Betty,
lasciandogli però la macchina, in modo che potesse muoversi e
cercarsi un lavoro.
A
quel punto l’uomo, disperato, si rivolse ai suoi familiari, madre e
fratelli, che non vollero nemmeno vederlo e, successivamente, agli
amici del parco, che invece lo ospitarono, gli diedero soldi e gli
trovarono altri lavori, che perdette regolarmente. A quel punto era
chiaro che, chiunque se ne fosse fatto carico, avrebbe dovuto
ospitarlo e mantenerlo a vita. Tutti noi avevamo le nostre famiglie:
figli, genitori a carico, compagni...Tutti avevamo i nostri problemi.
Non potevamo adottare un uomo di più di cinquant’anni.
Gianni
trovò casa presso lontani parenti, aiutò un conoscente a vendere
maglie al mercato, poi mio marito lo incontrò quest’anno, intorno
a Natale, e Gianni gli disse che ormai stava vivendo in macchina.
Nessuno lo contattava più, perché non aveva un recapito e nemmeno
un cellulare.
Da
allora non avemmo più notizie, fino a qualche sera fa, quando al
telegiornale sentimmo una notizia che ci sconvolse, avvalorata poi da
articoli su parecchi giornali, con tanto di nome, cognome e
fotografia. Un clochard, originario della provincia di Cuneo, era
stato ammazzato brutalmente a B. Dei conoscenti lo avevano
invitato a farsi una doccia a casa loro poi, per chissà quale
motivo, avevano iniziato a picchiarlo fino a spaccargli la cassa
toracica. Infine lo avevano denudato e messo ad agonizzare sotto la
doccia bollente, ustionandolo. Dopo due ore, avevano chiamato il 118
dicendo che l’uomo si era sentito male sotto la doccia. Poveri
illusi, non si rendevano conto che ci sarebbe stata un’autopsia e
che il delitto sarebbe stato scoperto!
Di
fatto, il povero Gianni è morto in questo modo atroce e la piccola
Betty, sporca e denutrita, è finita in gabbia in un canile, proprio
lei che è sempre vissuta libera e amata per tutti i suoi dieci anni
di vita.
Tutti
noi che l’abbiamo conosciuto siamo sconvolti. Era incapace di
mantenere un lavoro, forse per il suo vizio del bere, ma non era
cattivo. Amava le persone e gli animali. Era gentile. Chissà, forse,
se avesse realizzato il suo sogno di diventare OSS, la sua vita
sarebbe stata molto diversa e sarebbe ancora vivo. Lo ricordo ad un
pranzo, vestito come un damerino, con completo scuro, camicia bianca
e cravatta, oppure nel parco, dove era sempre attorniato da tanti
cagnolini, come in questa foto.
Mi
sono sempre chiesta come sia possibile che un uomo possa scendere
tanto in basso da diventare un senzatetto. Ora lo so.
Riposa
in pace Gianni. Se il Paradiso esiste, sicuramente ora sei là,
perché l’Inferno lo hai già vissuto sulla Terra. Noi ti
ricorderemo con affetto e l’olmo che tu hai piantato nel parco sarà
sempre lì a parlarci di te...