Leggo negli articoli medici
specializzati che "Nell’Alzheimer l’omeostasi
cerebrale dei metalli di transizione è gravemente perturbata con accumulo
extracellulare di zinco e rame nell’amiloide e di ferro intraneuronale"...
È difficile per me comprendere
appieno il significato di questa frase. Chissà, forse in futuro gli studiosi
troveranno una cura efficace a questo problema, ma per mia madre sarà comunque
troppo tardi.
La patina del tempo non ha
ancora offuscato i miei ricordi, ne'reso più semplice pensare al passato
accettando il presente.
Ho visto mia madre cancellare, giorno
per giorno, per sette lunghi anni, ogni immagine della sua mente. In un primo
tempo si era trattato del nome degli oggetti, del loro posto in casa. Pian
piano tutto diventava "coso e cosa" e tutto finiva nei posti più
disparati: le pentole sotto il letto, l'olio e l'aceto nel frigorifero, le
tazze nel forno... Mio padre faticava a reggersi in piedi, l'enfisema polmonare
gli smorzava il respiro, le mani tremavano per un inizio di Parkinson, ma l'amava
tanto e non voleva contraddirla. Lei non
ammetteva mai di aver nascosto quegli oggetti, si arrabbiava moltissimo al
nostro minimo accenno e lui, tremando e ansimando, cercava, cercava... Ogni
giorno era una caccia al tesoro, ma l'amore era più forte della stanchezza, del
respiro affannoso.
Cercava, cercava, e non le diceva mai niente.
Poi cominciò l'oblio per le persone,
mio figlio per primo, poi io, accusata e maledetta per essere una
"rovinafamiglie" che voleva soppiantarla nella cura del marito e
della sua casa, che ormai trascurava completamente senza rendersene conto,
infine anche mio padre, che l'amava più della luce dei suoi occhi, ma
nonostante ciò non riusciva a trattenerla a sé. Rimaneva il ricordo dei suoi
genitori, che la facevano piangere moltissimo, poiché non venivano mai a
trovarla.
Iniziarono allora gli anni delle
peregrinazioni sulla strada alla ricerca vana dei genitori e della sua casa di
ragazza. Dieci, venti, trenta passeggiate al giorno, nel sole, sotto la pioggia,
nella neve, al freddo dell'inverno, al caldo rovente dell'estate, su e
giù sulla strada per lasciarle credere che stava tornando a casa. Diventava
matta se non la lasciavamo uscire, si arrampicava sul cancello, infilava ogni
oggetto nella serratura, chiamava i vicini per farsi aprire. Allora
camminavamo, su e giù, avanti e indietro, con la disperazione nel cuore perché
mio padre, nel frattempo, era solo e stava morendo.
Poi anche le figure di papà e mamma
si cancellarono e l'oblio calò completamente nella sua mente, scomparvero tutti
i vocaboli e i concetti. Le ultime parole pronunciate, sorridendo, nel mese di
maggio del 2013, sono state: "Grazie" e "Sono contenta".
Poi il silenzio. Non un pianto, non un sorriso, non uno sguardo. Il nulla.
Mia madre vive ogni giorno accanto a
me e non lo sa. Non mi risponde, ne'ascolta le mie parole. Il corpo è vicino,
ma la sua anima è lontanissima,
persa chissà dove, in un mondo in cui mi è impossibile entrare.
Penso a quando mi accompagnava a
scuola in bicicletta, da bambina, alle sue mani fresche che mi accarezzavano la
fronte durante le mie emicranie, ai tanti vestiti confezionati con le sue mani
d'oro, all'abito da sposa, al giardino curato con tanti fiori e a tutte quelle
abilità che possedeva e che sono andate perdute. A volte, confesso, sono colta
da una grande rabbia, vorrei scuoterla, gridarle contro: "Riconoscimi!
Parlami! Sorridimi! Sono io, tua figlia!"
Mi trattengo, perché tutto è inutile.
Guardo i bei vestiti della festa
nell'armadio pensando che non l'indosserà mai più se non uno, quando lascerà la
sua vita terrena. Sento ancora nelle orecchie il rumore della sua macchina da
cucire che, da anni, è ormai silenziosa. Mi si stringe il cuore.
C'è ancora tra noi, però, una piccola forma di comunicazione, un lieve
consolazione.
Mi siedo ogni giorno accanto a lei,
in sordina, sul divano. Mi prende
subito la mano e la stringe, l'accarezza, la solletica, sembra non volerla mai
lasciare. E' un contatto piacevole, che mi ricorda le sue carezze per la bimba
che ero, tanti, tanti anni fa, quando l'amore e la gioia mi facevano sentire la
bambina più felice del mondo e il dolore non aveva ancora bussato alla nostra
porta.
Questo post, del tutto aderente alla realtà e
non frutto di fantasia, fa parte di un gioco di scrittura tra blogger su parole
scelte a turno dai partecipanti. Parole e partecipanti li potete trovare
sul blog "Verba Ludica", al link: http://carbonaridellaparola.blogspot.it/
è triste pensare che chi ci ha preso per mano e ci ha insegnato a muovere i primi passi ci lasci. egoisticamente vorremmo che fossero sempre presenti, quanto meno sapere che esistono. il fatto che siano vivi, anagraficamente, ovviamente non basta. vedere il decadimento dei nostri cari ogni giorno che passa, vederli perdere contezza delle proprie azioni ci fa male. tanto più vedere che il loro sguardo si spegne privandoci di quel sorroso che ci scaldava il cuore. su questa riflessione non vorrei "vivere" anagraficamente senza conoscere ciò che mi circonda.
RispondiEliminaSì, la presenza fisica di una persona non ci può bastare. Noi vorremmo ascoltare le sue parole, sapere se sta bene o se sta male, raccontarle le novità della nostra vita... Vorremmo poterla far ridere, sorridere, magari anche litigarci insieme, ma sentirla presente accanto a noi. E' difficile diventare la madre della propria mamma e doversene prendere cura come se fosse una bimba piccolissima. Non è nella natura dell'uomo scambiare così i ruoli. Ma la vita è anche questa e bisogna rassegnarsi, accontentandosi di sapere che chi amiamo non soffre.
EliminaE' straziante. Ti abbraccio forte. Cinque parole per avere come spunto il proprio dolore ed il coraggio di testimoniarlo. Grazie
RispondiEliminaTi avevo lasciato un commento ma non lo vedo
RispondiEliminaCi riprovo Post sofferto. Cinque parole per scrivere con grande dignità di una malattia davvero crudele:
EliminaGrazie per l'abbraccio, che ricambio.
EliminaMia madre diceva sempre: "A ciascuno la sua croce!" e, guardandomi intorno, ne vedo molte più pesanti della mia.
Si vive alla giornata e si cerca di non pensare al futuro. Sarà quel che sarà!
Ciao Katherine, ho le lacrime agli occhi nel leggere le tue parole..
RispondiEliminaRivedo gli ultimi giorni trascorsi accanto a mia madre con le sue mani tra le mie..un grande abbraccio!
Carmen
Bilibina, ogni famiglia ha i suoi dolori e, spesso, li rivive sentendo quelli degli altri. Così è la vita. Mia madre ha vissuto fino a ottant'anni felicemente e in piena autonomia. Ci sono giovani che non hanno mai vissuto una vita normale e questo è molto peggio. La vita può essere davvero molto crudele, per questo, quando stiamo bene e le cose vanno bene non dovremmo mai lamentarci desiderando di più. Cogliamo l'attimo e cerchiamo di essere felici, finchè si può.
EliminaMi hai fatto piangere.
RispondiEliminaQueste parole non sono solo un bell'esercizio di scrittura, ma soprattutto è una perfetta descrizione di ogni frammento di una disperazione, che lascia nonostante tutto una piccola, ma viva consolazione. Conservalo, nel tempo rileggerlo ti scalderà il cuore.
Il gioco di scrittura sta procedendo già da diverso tempo, ma non mi era mai venuto in mente nulla da scrivere che potesse contenere le cinque parole indicate. Stavolta, invece, appena ho letto i cinque vocaboli, mi è subito venuto in mente cosa scrivere, così, all'improvviso.
EliminaA volte mi arrabbio pensando a quanto sia inutile che una persona sia viva senza sapere di esserlo, senza desiderio di comunicare, senza ricordi, ma quando provo a pensare alla mia vita senza di lei, sento che mi manca già.
Kathe, sei riuscita a scrivere, con le cinque parole, un pezzo di grandissima umanità. Non si avverte proprio lo sforzo di inserire le parole. Sono proprio contenta della tua partecipazione... non è necessario fare "letteratura" per partecipare! :)
RispondiEliminaPer quanto riguarda il contenuto del post... ci sono alcuni passi così simili alla mia situazione! Vedo mia mamma, che pure svolge al meglio i suoi compiti anche all'esterno familiare, che comincia a dimenticare dove sistema le cose. E poi scopro che le sistema nei posti più impensati... ora lei è in una fase delicatissima (ed anche io) perché ogni qual volta succede lei se lo vive come una defaillance e questo le provoca cattivo umore che, giocoforza, si riverbera su di me. Ma come dici tu, è mia mamma , e mi va bene così. Spero solo che la situazione non peggiori...
Perla, come ho scritto sul blog Verba Ludica, questa volta, appena lette le cinque parole, mi è apparso davanti il post, già tutto scritto nella mente. Mi è bastato metterlo in word, come sotto dettatura. Le altre volte, invece, la mente mi appariva completamente bianca, non riuscivo ad intravedere nemmeno un piccolo concetto. Vai a sapere!
RispondiEliminaIn quanto alla tua mamma, noi abbiamo cominciato così, purtroppo! Tutto sta a vedere se lei riconosca la dimenticanza oppure la neghi. Mia madre negava decisamente di aver dimenticato qualcosa ed è stato proprio questo che ha fatto la differenza. Una persona sana ammette il proprio sbaglio senza problemi, magari preoccupandosi un po', chi ha l'alzheimer è convinto di aver fatto tutto quel che doveva e si arrabbia molto se viene contraddetto.
Commovente con naturalezza spontanea, hanno detto già tanto gli altri ... ci si raffronta anche, ora che sappiamo tutti meglio a cosa si può riferire il senso di una parola quando viene estesa a tali eccellenze. Eppoi anche il contatto finale, che sembra quasi compensare ciò che è stato inevitabile, per nuova grazia miracolata ...
RispondiEliminaRaymond
Quando per tanti anni si vive immersi in una situazione, parlarne diventa del tutto spontaneo, in quanto fa parte della vita stessa. Il contatto finale...è vero, appare quasi come una sorta di ricompensa. Per fortuna la vita riserva sempre qualche spiraglio di luce, per rischiarare momenti altrimenti troppo bui.
Eliminaun giorno di qualche anno fa, circa 16, andai a trovare mia madre, eran 6 mesi che non ci andavo, stranamente era tranquilla. Passò così quasi mezz'ora e poi: MA VO', CHI SIV? (ma VOI, chi siete?).. Guardai mio fratello che fece di sì con la testa. Passarono quasi due anni con quella bimba evanescente, scrupolosa nell'igiene e nelle parole. Avevo difficoltà ad andare a trovala spesso, lavoravo lontano. Quella notte l'ho passata con LEI nell'attesa del funerale il giorno dopo, l'ho odiata per quell'assenza, per aver smesso di litigare con me, su quel che facevo, sulle mie scelte di lavoro, su tutto, perché eo stato la causa del suo matrimonio e perché per questo ero il suo problema e il preferito. Poi,era quasi l'alba, son riuscito a piangere, l'ho abbracciata,ci siamo riappacificati. Spero che glielo abbiano riferito...
RispondiEliminaCapisco ciò che hai provato. Non essere riconosciuti dalla propria madre è come essere negati, respinti, abbandonati, e si prova rabbia, dolore, incapacità di accettare la situazione. Si preferirebbe litigare, urlare, arrabbiarsi, piuttosto che vivere in quell'indifferenza che ci fa sentire invisibili. Ma le mamme amano sempre i propri figli e sicuramente tua madre ha sentito la tua presenza accanto a lei, le tue lacrime. Non era ancora troppo tardi.
EliminaGRAZIE.
Elimina:)
EliminaCiao, dell'universo Alzheimer non ho conoscenza diretta, ma abbastanza vicina, e leggendo le tue parole ho seguito, passo dopo passo, l'iter di uno zio, e della mamma di un caro amico.
RispondiEliminaHai ragione: spesso manifestiamo il nostro scontento quando, invece, dovremmo considerare il fatto che siamo fortunati.
Nicbellavita, grazie per essere qui.
EliminaSì, credo che il decorso di questa malattia sia abbastanza simile per tutti.
Noi dobbiamo imparare a vivere alla giornata e a gioire per le piccole cose. Se mai un giorno dovessimo dimenticare tutto, almeno chi sta vicino a noi avrà la consapevolezza e il ricordo del nostro vissuto.
Quello che hai scritto è sinceramente emozionante e sai perchè? Perchè, nonostante il dolore che la vita ti ha messo davanti, traspare tanto, tantissimo amore in ogni direzione.
RispondiEliminaAnche se ai nostri occhi terreni non sembra, nulla è andato davvero perduto.
Un abbraccio a te ed alla tua mamma.
Mr Loto, l'amore chiama amore. Quando lo si riceve si impara anche a darlo e, in fondo, l'amore è l'unico motore che rende la vita degna di essere vissuta.
RispondiEliminaAbbraccio ricambiato!
Cara, sai che ti sono vicina da tanti anni, da quando tua mamma ha cominciato a dare i primi segni di cedimento.
RispondiEliminaNon posso dire altre parole che non siano già state dette. La mia vicinanza è totale, calda.
sherazadewithlove
Sherazade, lo so e te ne sono grata!
RispondiEliminaKathewithlove