Oggi, otto novembre, sarebbe stato il compleanno di mia madre. Invece sono passati ormai sette anni da quando se n’è andata.
Era successo in un attimo. Stava seduta sul divano mentre aspettava che l’aiutassi a cenare, quando si era guardata intorno, mi aveva fissata intensamente negli occhi e aveva chiuso i suoi per sempre.
Qualcuno mi disse che, probabilmente, avevo amato di più mio padre, perché mi ero disperata tanto quando l’avevo perso. In realtà, dopo dieci anni di Alzheimer, che avevano cancellato ogni ricordo, ogni emozione, ogni parola dalla mente di mia madre, chi mi aveva lasciato non era più colei che mi aveva messa al mondo ma, come diceva spesso il suo medico, una scatola vuota, un involucro che non racchiudeva più nulla, come se una grande e terribile gomma avesse cancellato tutto e ridotto il suo cervello ad una pagina bianca.
Le lacrime che avrei dovuto versare quel fatidico giorno erano già scese copiose in quei lunghissimi dieci anni in cui, pur avendola vicina, era in realtà ormai lontanissima da me. Alla fine non c’erano più lacrime, solo un’immensa pietà per quella persona che da dieci anni si era persa in un nebuloso limbo in cui non c’era più posto per nessuno, nemmeno per lei, che non si rendeva neppure conto di essere al mondo.
Per anni l’ho sognata in quel modo. Vedevo le sue marachelle, temevo di perderla nella nebbia che ci avvolgeva, cercavo di proteggerla e lei fuggiva…incubi, incubi!
Poi, finalmente, da alcuni mesi riesco finalmente a sognarla com’era in passato. La rivedo indaffarata, collaborativa, ciarliera, ridente…evidentemente sono riuscita a superare il risentimento che, inconsciamente, provavo per quel destino beffardo che mi aveva privata del suo amore materno per dieci lunghi anni. Dieci anni in cui le parti si erano invertite ed ero io quella che amava, proteggeva, curava…ma lei non lo ha mai saputo.
Ciao mamma, ovunque tu sia. Buon Compleanno!