In questi giorni stiamo ricostruendo
il tetto della nostra casa. Tantissime volte, nella mia vita, ho convissuto con
i lavori dei muratori e la storia è molto lunga.
La dimora in cui vivo, infatti, fu
costruita dal mio bisnonno alla fine del 1800, tramandandosi poi attraverso le
generazioni. Ancora conservo l’atto di vendita del terreno, scritto nel lontano
1883.
E’ difficile decifrare la calligrafia
vergata con la penna intinta nel calamaio, con i caratteri rivolti a destra, ma
l’inizio era questo:
“Regnando sua Maestà Umberto I, per grazia di Dio e per volontà della
Nazione d’Italia, l’anno milleottocentoottantatrè, al tredici del mese di
Aprile, in una camera del piano terreno del sig … posta in via …. ivi davanti a
me, avvocato Giacomo Operti, regio notaio, è personalmente comparso il sig.
Bonardo Francesco il quale, liberamente e spontaneamente vende alli qui presenti
signori….terreno fabbricabile al prezzo di lire trecento caduno.
Si trattava appunto del mio bisnonno
Giovanni e del suo amico Gioachino che, davanti al notaio Operti, acquistavano da un certo sig. Bonardo il
terreno per costruire la loro casa. Il bisnonno aveva firmato con una croce, perché
risultava analfabeta.
Mio padre mi aveva raccontato che i due amici
avevano fabbricato personalmente i mattoni, lasciandoli poi ad asciugare in un
campo, ed erano andati a Torino a piedi, camminando per circa cinquanta
chilometri con un carro trainato dai buoi, per acquistare le rotaie da
utilizzare per rinforzare i soffitti. Avevano poi, alla fine di tutto, tirato a
sorte con due pagliuzze, per stabilire chi avesse dovuto abitare la parte a
sinistra e chi quella a destra.
Addirittura, la ferrovia Bra
Carmagnola, sulla linea per Torino, non esisteva ancora e, quando venne
costruita l’anno dopo, tagliò in due il terreno dietro casa, per cui una parte
rimase isolata e venne poi venduta.
Negli anni successivi, mio nonno, mio
padre ed ora noi, abbiamo continuato ad apportare modifiche alla vecchia casa.
Mio padre aveva fatto addirittura abbattere la parte posteriore per
ricostruirla completamente dalle fondamenta, ancorandola poi con nuove rotaie
di ferro al vecchio fabbricato, in modo da renderlo più solido.
Nonostante tutto, andando a
scoperchiare il tetto e controllando il piano
del solaio, ecco che una parte di quel soffitto e di quelle rotaie portate a
casa col carro e i buoi è ancora saltata fuori e, purtroppo, dopo più di cento
anni, era proprio in cattive condizioni. Le rotaie si erano curvate al centro e
i mattoni stavano per sgretolarsi. Appena in tempo! Così la ricostruzione del
tetto è stata rimandata per mettere in sicurezza quella parte del pavimento e
ci dobbiamo accontentare della copertura di un telone. Speriamo che non piova!
Ho pensato spesso alle persone che
hanno vissuto nella mia casa e che non ho mai conosciuto. Chissà com’erano i
miei bisnonni! La loro vita sarà stata difficile. Chissà se erano felici! Dai
racconti di mio padre, in fondo alla strada, vicino ad un canale d’acqua, esisteva una lavanderia. Immagino che le donne
andassero là a lavare le lenzuola. Altro che le nostre belle e comode
lavatrici! Poi provo ad immaginare i miei nonni con i loro figli… Mio padre mi
parlava spesso di sua madre e della sua bontà. Mi sarebbe tanto piaciuto
conoscerla! Anche il figlio maggiore
doveva essere una persona molto in gamba. Nato nel 1911, aveva già frequentato la
Scuola Media, allora chiamata “ avviamento” ed era consigliere comunale.
Purtroppo, sia lui che la madre erano mancati troppo presto, lasciando mio
padre orfano a otto anni e molto solo a undici. Il padre, forse segnato da così
tanti dolori, si era chiuso in se stesso, incapace di amare anche il suo unico
figlio rimasto in vita.
Eh già, incredibilmente, il termine “figlio
unico” ricorre spesso nella mia famiglia. Mio nonno, mio padre, io e mio
figlio, siamo tutti figli unici. Chissà se lo fosse anche il mio bisnonno? E’
probabile, visto che costruì la sua casa
con un amico e non con un fratello! Strana situazione, soprattutto ai tempi in cui le famiglie erano molto numerose!
Però, se non fosse stato così, forse questa casa non sarebbe mai arrivata a me,
con tutti i suoi fantasmi e i suoi segreti.
Ci sono poi i ricordi. Ne ho tanti con
i miei genitori: le calde estati trascorse a chiacchierare in cortile con i
vicini, i discendenti di quel tale Gioachino, e a parlare della guerra e delle loro
avventure giovanili; i passaggi nel lettone di mamma e papà, con le tante
storie che sapevano improvvisare e raccontarmi; i giochi con i bimbi del vicinato e le signore
che, in tempo di siccità, venivano a prendere l’acqua del nostro pozzo, unico
produttivo in tutta la via; le serate a guardare l’unico canale in bianco e
nero della televisione con i vicini che non l’avevano ancora e le chiacchiere
delle signore che venivano a portare il lavoro a mia madre sarta… Ogni stanza,
ogni angolo, è legata ad un ricordo.
Lo so, ci sono al mondo tantissime
case molto più belle ed efficienti della mia, ma nessuna mi parlerebbe mai come
lei e in nessuna sentirei mai il respiro dei miei avi come in lei. Ora le
metteremo il cappellino nuovo. Chissà se i miei vecchi riusciranno a vederlo da
lassù!Mi piace pensarlo e già mi sembra di vedere mio padre che mi strizza l’occhiolino…
Amo tantissimo le vecchie case, hanno infinite storie da raccontare, racchiudono tante vite, gioie e dolori, sanno parlare al cuore, custodiscono segreti, soddisfazioni e delusioni...hai ragione, nel mondo esistono case bellissime ma nessuna sa entrare nell'anima come la vecchia casa di famiglia.
RispondiEliminaUn abbraccio.
Antonella
Antonella, vedo che siamo in sintonia. Abbraccio ricambiato!
EliminaAnche a me capita di pensare a chi ha vissuto in vecchie casa, a come erano i paesaggi 100 anni fa... ma anche a chi vivrà nella mia casa in futuro etc.
RispondiEliminaSpesso pensare a queste cose ci rende consci di quanto la nostra vita faccia parte di un pezzo di strada... che è stata iniziata da altri e che saranno altri a continuare.
Come sempre quello che scrivi è molto piacevole da leggere.
Buona settimana.
Hai ragione, la nostra vita percorre strade che qualcuno ha già tracciato per noi ed è un cammino che dovrà essere continuato dai nostri figli.
EliminaBuon weekend!
le case parlano perchè hanno una vita propria e durano e resistono anche in merito all'amore che hanno ricevuto dai loro abitanti... ne ho avuto conferme varie volte e credo che quello che tu dici sia vero
RispondiEliminaEh la mia ha resistito più di cento anni, la sua gemella, non curata, ha dovuto essere abbattuta. L'amore degli uomini si vede anche nelle loro case. Chi ne ha cura le farà vivere a lungo, chi non ne ha cura le vedrà morire.
Eliminabelle le storie delle nostre case, quando sono storie come la tua. Immagino chetuo padre guarderà da lassù e sorriderà... :-) Buon lavoro Katherine e buon martedì
RispondiEliminaChe bello questo racconto! Anche per me la mia casa è parte della mia vita, pur se edificata in tempi assai più recenti, tanto che ho ricordi d'infanzia del periodo in cui era ancora in costruzione, quando con mio padre si veniva a vedere il cantiere e io salivo da un piano all'altro su scale che non avevano ancora gradini, solo assi inchiodate di traverso. A volte incontro persone che si stupiscono di questo mio legame con le mie quattro mura e un tetto, per loro una casa vale l'altra avendo magari già affrontato diversi traslochi nel corso degli anni. Io invece ormai non credo potrei immaginarmi in un altro luogo, che non fosse di villeggiatura, da cui prima o poi tornare qui.
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