domenica 29 aprile 2018

ERA IL 29 APRILE DI QUATTRO ANNI FA...


Il 29 aprile di quattro anni fa mia madre mi aveva lasciata. Era arrivata, camminando sulle sue gambe, dalla camera da letto alla cucina, si era seduta sul divano, aveva sgranato tanto d’ occhi, guardandosi intorno in un modo mai visto, come se volesse portare con sé un’ultima immagine di questo mondo terreno, mi aveva guardata intensamente e poi aveva chiuso gli occhi per sempre. Tutto era successo in pochi secondi.
Avevo chiamato il 118, le era stato praticato il massaggio cardiaco, ma tutto era stato inutile.


Qualcuno disse che, forse, avevo amato mio padre più di lei, perché sembravo non essere così addolorata come lo ero stata per lui. In realtà, mia madre mi aveva lasciata ben otto anni prima quando, a causa dell’Alzheimer, mi aveva completamente dimenticata. Tante volte avevo provato a supplicarla, a chiederle di dirmi una parola, di farmi un sorriso, di ascoltarmi, ma lei era persa in un suo mondo, dove non c’era  posto per me. Per di più, rifiutava di collaborare per qualsiasi cosa come lavarsi, vestirsi, pettinarsi … e bisognava forzarla sempre, imponendosi a lei con la forza.

Erano stati otto anni psicologicamente pesanti, in cui mia madre si era allontanata ogni giorno di più trasformandosi in un corpo senza sentimenti e pensieri. La persona che mi aveva lasciata quella sera del 29 aprile non era affatto mia madre, era solo un involucro che non le assomigliava per nulla, nemmeno fisicamente ed io l’avevo già pianta per otto lunghi anni, cercandola senza mai ritrovarne l’essenza.



Sogno spesso i miei genitori. Mentre però mio padre continua ad essere il mio paladino, il cavaliere senza macchia e senza paura che, fino all'ultimo istante di vita aveva cercato di proteggermi e darmi i suoi saggi consigli, raramente riesco a vedere mia madre com'era prima della malattia. So che non ne ha alcuna colpa, ma io ho vissuto quegli anni un po’ come un tradimento. Averla accanto per otto anni e non poter comunicare in alcun modo con lei è stato un trauma che non ho ancora superato del tutto, evidentemente.

Ciao mamma, mi sto sforzando di pensare a te come la donna dolce, allegra, laboriosa, che mi amava tanto e spero di poterti rivedere ancora così nei miei sogni. Riposa in pace!

19 commenti:

  1. Ciao Katherine, un grande abbraccio...

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  2. capitò anche a me, ero andato a trovare mia madre a Castelbolognese, una quarantina di km da Bologna. I miei da Trieste dopo la pensione di mio padre da Trieste eran tornati in Romagna. Non ci vedevamo spesso, stavamo parlando con i soliti convenevoli poi ad un tratto mia madre alza gli occhi, mi guarda attentamente e... MA VO' CHI SHIV? ma VOI chi siete? (nel dialetto romagnolo si usa il "voi" con chi non si conosce)...

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    1. Mia madre erano anni che non mi guardava in faccia. Non le interessavo. Ultimamente poi, apriva gli occhi solo per andare in giro, mentre quando si sedeva accanto a me teneva gli occhi chiusi. Quando li ha spalancati in quel modo che ho descritto e mi ha guardata in un modo mai visto, è stato un attimo prima di morire.

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  3. Hai descritto perfettamente quello che io chiamo un "lutto in vita". La persona amata non c'è più, ma c'è ancora e non ci è concesso piangerla. E così la presenza fisica prende lentamente il posto alla presenza affettiva. Purtroppo i parenti (soprattutto quelli che accudiscono) di malati di demenza dovrebbero essere aiutati a capire questo, in modo da dare loro modo di elaborare il lutto, senza portarsi dentro questo terribile limbo emotivo. E purtroppo la malattia prende il posto della persona, si sovrappone, togliendoci anche il diritto al ricordo.

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    1. Dealma, hai descritto perfettamente la situazione, è stato proprio così e ancora mi porto dietro il dispiacere di aver avuto accanto mia madre senza poter avere nessuna forma di comunicazione con lei. Era solo un corpo, ma la sua vera essenza non esisteva più. Otto anni sono lunghi...

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  4. Quando morì passai la notte con LEI nel luogo dove l'avevano portata ormai morta e tutta ricomposta, come se dormisse e mi arrabbiai con LEI, come se fosse colpa sua se quel sorriso perenne sul suo viso aveva preso eterno posto rispetto agli abituali continui rimproveri. A volte mi veniva da pensare che alla base dei rimproveri ci fosse l' essersi DOVUTA "maritare" per colpa del mio arrivo ...

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    1. Chissà, forse ci sono tratti dei nostri genitori che non abbiamo mai compreso, così come non sempre riusciamo a comprendere i nostri figli e, allo stesso modo, essi non conoscono tutto di noi. Può anche darsi che i nostri genitori ci abbiano ritenuti responsabili di qualcosa...ad esempio la mia mi aveva detto spesso che io, durante il parto, "l'avevo rovinata". Non ho mai capito bene quale fosse stata la mia colpa. Mio padre mi aveva poi accennato al fatto che il suo utero si fosse abbassato, o qualcosa del genere. Non lo saprò mai.
      Ammetto che, a volte, mi sento invidiosa di mia madre. Lei non accudì i suoi genitori malati ( mio nonno morì improvvisamente nel sonno e mia nonna ebbe una breve malattia di pochi giorni) e non patì la morte di suo marito, che ormai aveva già dimenticato. Fino all'ultimo ha fatto solo quello che ha voluto, con ben quattro persone a sua disposizione 24 ore al giorno, mentre io ho sofferto per lei, per mio padre e...chissà, non è ancora finita. Per di più, in tutta la sua vita non è mai stata malata o in ospedale, mentre io ho una salute molto più cagionevole. In ogni caso, non possiamo fare altro che abbandonarci nelle mani del destino e sperare che non sia troppo duro con noi.

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  5. Non avere alcun senso di colpa, una certa forma di "rabbia" è normale in queste situazioni... sei un essere umano ed a volte è difficile contenere le emozioni con la ragione. Ti sei fatta sempre guidare dall'amore ed è questa l'unica cosa che conta.
    Un grande abbraccio.

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    1. Già...è molto duro prendere coscienza che non si sarà mai più figlie. Io ho dovuto prenderne atto quando mia madre era ancora in vita, ma ero io a doverla accudire come se fosse stata mia figlia e il salto di posizione è stato enorme.

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  7. Nel bene e nel male, sono le uniche con cui LITIGARE tanto prima o poi ci si reincontra...

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    1. Speriamo davvero di poterci re-incontrare. Io ho otto anni da recuperare!

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  8. Chissà che in quegli ultimi istanti di vita non abbia ritrovato la propria coscienza e abbia portato con sé, finalmente di nuovo consapevole, anche la tua immagine.
    Lo so, non è una considerazione molto scientifica. Ma non c'è neanche modo di dimostrare che non sia così. Quindi... perché no? E' un pensiero positivo in mezzo all'inevitabile quantità di ricordi negativi legati alla malattia di tua mamma.

    Ho accudito entrambi i miei genitori fino alla loro morte e fino all'ultimo sono rimasti presenti a se stessi e agli altri. Nei momenti peggiori forse avrebbero preferito non essere coscienti di quello che accadeva ai loro corpi. Ma forse no, avranno in qualche modo apprezzato la possibilità di rivolgere un'ultima parola, un ultimo sguardo alle persone che sono state loro vicine.

    Ho ascoltato però molte storie di figli di genitori con forme di demenza senile e posso farmi un'idea di come debba essere vivere con loro.

    Mi dispiace che ti sia toccato vivere per tanti anni accanto al corpo di una mamma la cui consapevolezza di te se ne era andata da un pezzo.

    Un abbraccio

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    1. Chissà...è bello pensare che mia madre mi abbia riconosciuta nei suoi ultimi istanti di vita, ma è difficile che sia vero. Mio padre era rimasto presente a se stesso fino agli ultimi istanti di vita...sapeva di essere alla fine e si struggeva al pensiero di quel che sarebbe stato di me e di mia madre. Qualsiasi cosa fosse successa, almeno una delle due avrebbe dovuto soffrire e così è stato. Io non ho potuto fare nulla per alleviare questa pena, non ho potuto promettergli che avrei tenuto mia madre con me, perché non sapevo se ne avrei avuto la forza e ho dovuto lasciarlo andare con quel magone, che mi porterò dentro per sempre.

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  9. Forse, e sottolineo forse, ti è toccata una sorta migliore della mia. La demenza senile di mia mamma la porta a vedermi come una sua nemica, quella che le toglie sempre qualcosa per regalarla a chissà chi; non posso portare una amica a casa che subito comincia odiarla, a vederla come quella a cui regalo tutto quel che sottraggo a lei: dalle sue maglie interne, alle posate, ai gioielli. E' ben triste, Kathe, vivere osì ed è stato ancora più duro capire ed accettare che questo atteggiamento è frutto di una malattia senza possibilità di guarigione.

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  10. Carissima Perla,
    mi dispiace molto leggere questa novità su tua madre che non conoscevo. Purtroppo ti posso dire che questo, almeno per quanto riguarda la mia esperienza, è soltanto l'inizio. Anche mia madre, al principio della malattia, mi accusava di ogni sorta di colpe: dall'averle rubato gli indumenti, gli oggetti e persino il marito. Mi aveva detto di considerarmi una "rovina-famiglie" e spesso mi ha lanciato maledizioni, augurandomi la morte ed ogni sorta di malattie e calamità. Per fortuna non faceva queste scenate di fronte ad altri perché, ogni volta che a casa nostra arrivava qualcuno, correva a nascondersi e non si faceva vedere finché non se ne andava. E' stato il periodo in cui anch'io stavo cominciando a dare i numeri, perché le sue scenate mi lasciavano veramente sconvolta. Poi, con il tempo, ha cominciato ad ignorarmi, quasi fossi stata invisibile, ma tutto è avvenuto per gradi. Ogni giorno si allontanava un po' di più.
    Ti abbraccio, cara amica, e spero proprio che tu riesca a trovare la forza di sopportare il dolore che una malattia del genere porta intorno a sé. Coraggio! Scrivimi in privato, se ti fa piacere, avrai tutta la mia comprensione!

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