Ricordo i tempi del Conservatorio, dai quattordici ai ventuno
anni e la mia inseparabile compagna di banco Patrizia, (nome di fantasia) prima ai corsi di teoria e
solfeggio, poi a quelli di Storia della musica e Armonia. Ripassavamo insieme il solfeggio e le regole
musicali, controllavamo gli accordi di armonia, scherzavamo, facevamo “le
vasche”, cioè le passeggiate sotto ai portici di Cuneo in attesa che arrivasse
il mio treno per tornare a casa. Erano anni spensierati, pur con i problemi
dell’adolescenza, e avevamo tanti sogni.
Come spesso succede, terminati gli studi finimmo con non
incontrarci più. Io iniziai a lavorare nella mia città, lontana circa cinquanta
chilometri, lei continuò il suo percorso di studi e di vita a Cuneo. Sono pochi
cinquanta chilometri ma, a volte, bastano per perdersi di vista, anche se nel
cuore il ricordo è rimasto.
Si parla spesso male dei social network ma, in fondo, se
usati nel modo giusto, possono essere utili e, qualche anno fa, dopo un periodo
lunghissimo, proprio attraverso Facebook ho ritrovato Patrizia. Sono stata io a
cercarla, perché in questi anni l’avevo pensata spesso, non avendo mai
dimenticato la mia compagna di banco!
La ragazzina spensierata, la promettente pianista vincitrice
di tanti concorsi nazionali e internazionali, si era trasformata in una donna
segnata da tante sofferenze: la malattia e la morte dei genitori, per esempio
e, soprattutto, la presenza nella sua vita di un figlio cerebroleso. Per quel
figlio Patrizia ha fatto il possibile e l’impossibile, lottando come una leonessa e forse di più per rendergli la vita meno
difficile e più simile a quella di ogni ragazzo della sua età. Il giovane, che ora
ha venticinque anni, non parla e vive sulla sedia a rotelle ma, attraverso
marchingegni vari che lo sostengono e sorreggono, o tramite l’aiuto di
volontari, riesce a camminare, a pedalare su un apposito triciclo- bicicletta,
a scivolare sulla neve con il bob, a nuotare in piscina nel ciambellone, a
cavalcare, ad esprimersi attraverso un
particolare programma informatico e, con le mani e i colori, ha pure dipinto un
sacco di bellissimi e coloratissimi quadri che ha esposto in una mostra!
Ogni anno vola a Philadelphia per seguire un programma
sperimentale ed è un ragazzo che esprime
felicità da tutti i pori. Come ride di gusto, attorniato da tante belle
ragazze, o mentre pratica sport, o quando è vicino alla sua mamma! Oltretutto, ha un viso bellissimo.
Quanta fatica, quanto dolore, quanto impegno, quanto coraggio
ha però impiegato questa meravigliosa, stupenda mamma, per ottenere così tanti,
sudatissimi progressi!
Una volta aveva scritto un post che mi aveva veramente toccata nel profondo:
"F. dorme in camera sua da quando aveva 2 mesi,
ed è abituato a dormire sul pavimento. Ma, quando siamo in giro, dorme nel
lettone tra me ed il muro, per non rischiare di cadere. Io ho l'abitudine di
leggere fino a tardi, ma quando mi addormento, gli prendo la mano. Mi piace
come lui, nel sonno, la apre ed afferra la mia con molta delicatezza,
contrariamente alla spasticita' che lo attanaglia da sveglio. A volte ci
svegliamo ancora così, e questa immagine null'altro rappresenta se non..la
nostra vita. .."
Mi aveva fatto venire in mente mia madre, negli ultimi tempi della
malattia. Anche lei aveva movimenti spastici, che sparivano nel sonno, e anche
lei mi prendeva la mano, soprattutto quando la imboccavo per mangiare. In quei
momenti, vedendola così tranquilla e affettuosa, anche se non se ne rendeva
conto, cercavo di illudermi che tutto fosse a posto e lei fosse la stessa di
sempre. Quel tocco mi trasmetteva pace e calore, ed era una sensazione dolcissima.
Ecco, le mani di Patrizia e suo figlio, teneramente allacciate, sono l’immagine
di tutti i sentimenti più profondi dell’animo umano: Tenerezza, Orgoglio, Coraggio,
Speranza, Determinazione ma, soprattutto, AMORE.
Se volete conoscere il vero emblema dell’Amore, non avete che da guardare
le loro mani. Parlano da sole!