Recentemente ho sentito una notizia al telegiornale in merito alla felicità. Pare che un recente studio di ricercatori italiani abbia rilevato che, in linea generale, ad essere più felici siano le persone intelligenti, soprattutto le donne e, particolarmente, al sud. Era spiegato che le persone intelligenti hanno maggiore facilità a trovare stimoli per arricchirsi la vita ed hanno la capacità di apprezzare le piccole cose, trovandone il lato positivo più nascosto. Le donne poi, fornite di maggiore sensibilità e spirito di adattamento, sono ulteriormente predisposte "al vivere felice", tanto più se dotate dello spirito "sanguigno" del sud.
Ho letto poi un articolo che tratta degli anziani, della loro saggezza e del fatto che dovremmo ascoltarli di più al fine di attingere al loro enorme bagaglio di esperienze. Dalle interviste effettuate risulterebbe che, a tenere l'uomo a galla nel cammino della vita, non siano l'intelligenza o la fortuna, bensì il carattere.
C'è poi un discorso che avvisa i giovani sull'enorme monotonia che può derivare da un lavoro fisso, mentre uno in continuo cambiamento può essere veramente molto stimolante ed arricchente. La precarietà sinonimo di felicità.
A questo punto, analizzando e mettendo insieme le tre informazioni, la mia mente comincia ad elucubrare e a riflettere sulla questione della felicità.
Mi chiedo: forse Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse, Witney Houston, Ernest Hemingway e tanti altri non erano persone intelligenti? Uomini e donne che avevano, o potevano avere, molto: successo, denaro, una vita sicuramente non monotona, eppure erano tutti infelici tanto da non sopportare più di vivere. L'intelligenza non basta, evidentemente, e neppure una vita entusiasmante, con continue scosse di adrenalina. Forse proprio questa vita senza stabilità e certezze, continuamente in giro per il mondo, tra contratti che scadono e si rinnovano, tra amici che vanno e vengono secondo il periodo, fortunato o meno, con il successo che sale e scende, crea un costante stato di ansia che, alla lunga, diventa impossibile sostenere.
Il carattere sicuramente aiuta a trovare la felicità. C'è chi combatte come un leone contro le avversità senza lasciarsi demoralizzare dalle sconfitte, chi è sicuro di sé e non si sente mai in difficoltà rispetto agli altri, chi riesce a raggiungere posizioni di rilievo che lo fanno sentire vincente e realizzato, chi sa assumere ovunque atteggiamenti da leader ed è sempre "un passo avanti" rispetto al resto della società.
Eppure, quando viene a mancare il lavoro, quando non si sa se si potrà pagare il mutuo o il dentista, quando si teme di perdere la propria casa e si ha vergogna di confrontarsi con gli amici, è difficile sentirsi felici.
Ricordo una collega di alcuni anni fa. Era separata da un marito che non le passava gli alimenti e aveva due figli piccoli da crescere. Insegnava tecnologia ed era precaria da anni. Ogni volta, a giugno, era licenziata e doveva aspettare settembre per ottenere una nuova nomina. L'estate era un periodo drammatico. Senza stipendio, con la paura del futuro. Non poteva nemmeno permettersi la macchina ed era terrorizzata all'idea di trovare un lavoro in una località non raggiungibile dai mezzi pubblici ( non dimentichiamo tutti i paesini delle Langhe che si trovano dalle mie parti), che sarebbe stata costretta a rifiutare. Centellinava il denaro per la spesa e non poteva mai fare un regalo che non fosse più che utile ai suoi figli. Lo stress le faceva cadere i capelli a manciate ed il viso era pieno di eruzioni cutanee.
Quando finalmente entrò in ruolo, ottenendo così il famoso e, per alcuni, deprecabile "posto fisso", ricordo che la vidi piangere come una bambina perché, finalmente, quell'estate avrebbe potuto vivere senza la paura del futuro.
Certo, un posto fisso può essere monotono, ma la certezza di poter saldare i debiti, pagare l'affitto ed il dentista e, magari, anche permettersi una piccola vacanza, penso possa compensare la noia di un lavoro sempre uguale.
A quel punto, con qualche certezza alle spalle ed un po' di tranquillità, si può cominciare a gioire per le piccole cose: il sorriso di un bambino, il volo di una farfalla, un pranzo in buona compagnia, un amore ricco di tenerezza, un'amicizia sincera, un regalo inaspettato...
Vuoi vedere che, alla fine, la ricetta della felicità sia proprio la... MONOTONIA?
Nessun commento:
Posta un commento