giovedì 16 febbraio 2012

Felicità e monotonia


Qualche giorno fa ho sentito una notizia al telegiornale in merito alla felicità. Pare che un recente studio di ricercatori italiani abbia rilevato che, in linea generale, ad essere più felici siano le persone intelligenti, soprattutto le donne e, particolarmente, al sud. Era spiegato che le persone intelligenti hanno maggiore facilità a trovare stimoli per arricchirsi la vita ed hanno la capacità di apprezzare le piccole cose, trovandone il lato positivo più nascosto. Le donne poi, fornite di maggiore sensibilità e spirito di adattamento, sono ulteriormente predisposte "al vivere felice", tanto più se dotate dello spirito "sanguigno" del sud.

Ho letto poi su Panorama un articolo che tratta degli anziani, della loro saggezza e del fatto che dovremmo ascoltarli di più al fine di attingere al loro enorme bagaglio di esperienze. Dalle interviste effettuate risulterebbe che, a tenere l'uomo a galla nel cammino della vita, non siano l'intelligenza o la fortuna, bensì il carattere.

Veniamo poi al famoso discorso del nostro "salvatore" Monti, che avvisa i giovani sull'enorme monotonia che può derivare da un lavoro fisso, mentre uno in continuo cambiamento può essere veramente molto stimolante ed arricchente. La precarietà  sinonimo di felicità.

A questo punto, analizzando e mettendo insieme le tre informazioni, la mia mente comincia ad elucubrare e a riflettere sulla questione della felicità.
Mi chiedo: forse Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain, Amy Winehouse, Witney Houston,  Ernest Hemingway e tanti altri non erano persone intelligenti? Uomini e donne che avevano, o potevano avere,  molto: successo, denaro, una vita sicuramente non monotona, eppure erano tutti infelici tanto da non sopportare più di vivere. L'intelligenza non basta, evidentemente, e neppure una vita entusiasmante, con continue scosse di adrenalina. Forse proprio questa vita senza stabilità e certezze, continuamente in giro per il mondo, tra contratti che scadono e si rinnovano, tra amici che vanno e vengono secondo il periodo, fortunato o meno, con il successo che sale e scende, crea un costante stato di ansia che, alla lunga, diventa impossibile sostenere.

Il carattere sicuramente aiuta a trovare la felicità. C'è chi combatte come un leone contro le avversità senza lasciarsi demoralizzare dalle sconfitte,  chi è sicuro di sé  e non si sente mai in difficoltà rispetto agli altri, chi riesce a raggiungere posizioni di rilievo che lo fanno sentire vincente e realizzato, chi sa assumere ovunque atteggiamenti da leader ed è sempre "un passo avanti" rispetto al resto della società.

Eppure, quando viene a mancare il lavoro, quando non si sa se si potrà pagare il mutuo o il dentista, quando si teme di perdere la propria casa e si ha vergogna di confrontarsi con gli amici, è difficile sentirsi felici.
Ricordo una collega di alcuni anni fa. Era separata da un marito che non le passava gli alimenti e aveva due figli piccoli da crescere. Insegnava tecnologia ed era precaria da anni. Ogni volta, a giugno, era licenziata e doveva aspettare settembre per ottenere una nuova nomina. L'estate era un periodo drammatico. Senza stipendio, con la paura del futuro. Non poteva nemmeno permettersi la macchina ed era terrorizzata all'idea di trovare un lavoro in una località non raggiungibile dai mezzi pubblici ( non  dimentichiamo tutti i paesini delle Langhe che si trovano dalle mie parti), che sarebbe stata costretta a rifiutare. Centellinava il denaro per la spesa e non poteva mai fare un regalo che non fosse più che utile ai suoi figli.  Lo stress le faceva cadere i capelli a manciate ed il viso era pieno di eruzioni cutanee.
 Quando finalmente entrò in ruolo, ottenendo così il famoso e deprecabile "posto fisso", ricordo che la vidi piangere come una bambina perché, finalmente, quell'estate avrebbe potuto vivere senza la paura del futuro.

Certo, un posto fisso può essere monotono, ma la certezza di poter saldare i debiti, pagare l'affitto ed il dentista e, magari, anche permettersi una piccola vacanza, penso possa compensare la noia di un lavoro sempre uguale.
A quel punto, con qualche certezza alle spalle ed un po' di tranquillità, si può cominciare a gioire per le piccole cose: il sorriso di un bambino, il volo di una farfalla, un pranzo in buona compagnia, un amore ricco di tenerezza, un'amicizia sincera, un regalo inaspettato...

Vuoi vedere che, alla fine, la ricetta della felicità sia proprio la... MONOTONIA?

11 commenti:

  1. Le grandi sensibilità non riescono a godere pienamente dei successi raggiunti perchè non sanno chiudere la porta al dolore del mondo.

    Noi comuni mortali non potendo aspirare alla gloria delle muse o delle opere ci difendiamo dal mondo cercando di costruire una palizzata di (sicura) monotonia.

    è felicità? forse... è vita.

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    1. Alderaban, benvenuto!
      Ho sempre pensato anch'io che la grande sensibilità impedisca di essere felici perchè è troppo grande il dolore che ci circonda. In fondo la felicità dura attimi, mentre la serenità può permettere di vivere bene, senza grandi emozioni e fuochi d'artificio, ma almeno con una certa stabilità emotiva.

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  2. Le ricerche a mio parere, lasciano il tempo che trovano. Basti leggere quella sull'intelligenza...Conosco persone intelligentissime estremamente infelici.
    Senza avere mezzi di sussistenza mi pare proprio arduo poi, infatti molti problemi nelle coppie sorgono anche a causa di problemi economici. Per il resto penso dipenda molto dalla personalità, dall'educazione ricevuta, dalla cultura familiare, dalle esperienze. Insomma, non penso ci sia una ricetta universalmente valida.

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    1. In effetti credo che il problema sia molto complesso e nessuno studio potrà mai trovare la "ricetta" giusta per raggiungerla. Felicità è la nascita di un amore, di un figlio, di un successo raggiunto...ma l'amore può far soffrire, il figlio dà anche preoccupazioni, il successo non sempre dura. La vita è fatta di alti e bassi e bisogna accettarla così com'è.

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  3. Glazie da palte di mammina pel gli auguli di plonta gualigione. Ancola non è gualita, ha la febble, pelò oggi siamo liusciti a mettele il pc sul lettone e così possiamo baucollegalci. baubacini

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    1. Bene, così la mamma non si annoierà troppo. Ma come potrebbe, con una tribù come la vostra che le sta intorno? Bacini anche a voi!

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  4. Magari esistesse una ricetta da applicare per trovare la felicità! A me per esempio il posto fisso o come dipendente ha fatto sempre orrore, anche se poi però non ho il carattere grintoso per propormi da sola ai clienti... ho fatto però anche l'insegnante di disegno del viso e delle acconciature ad un corso per parrucchieri e al carcere ad un gruppo di detenuti uomini. L'ho fatto, superando la mia timidezza, con soddisfazione. Credo di non sopportare la monotonia, ma i ritmi lenti e la serenità, questo sì. Buona domenica! Oggi ho la cresima di mio figlio, poi racconterò...

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  5. Anche tu allora, mettendo insieme le 2 ricerche, diventi una ricercatrice scientifica!!!

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  6. In Italia c'è stato un abuso dei contratti precari, soprattutto nel pagarli di meno dei contratti normali, che è quello che accade nel resto del mondo.
    Ciò prché per prima cosa è andato utile allo stato italiano per ridurre il costo del personale, riducendo anche la qualità della scuola nel contempo.
    Monti ci vuole vendere la sua ricetta, in realtà vista la crisi economica questa maggiore felicità dei lavoratori senza posto fisso non ci sarà , il tutto è strumentale a ridurre il costo del lavoro vista la crisi economica e visto che la modernità permette di fare lo stesso lavoro con meno dipendenti. Si continua sulla vecchia strada di fare concorrenza solo con un costo del lavoro inferiore, però a questo punto è difficile raggiungere i costi del lavoro del cosiddetto terzo mondo.
    Ma in tanto le grandi banche internazionali faranno i loro bei guadagni sul ns. debito pubblico e per pagare questo debito pubblico lo stato a conto di consumare la ricchezza che i cittadini hanno accumulato, senza ridurre la spesa improduttiva.

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  7. bravissima... pezzo stupendo
    hai ragione
    il lavoro è monotono quando si può scegliere, non quando bisogna crescere dei figli e pagare il mutuo o dover mangiare...

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